Romagna, Battistoni (Sib): «Spiagge, la Regione può intervenire sulle linee guida per i bandi»

Romagna | 28 Novembre 2021 Cronaca
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Federica Ferruzzi - Sono tanti i dubbi e gli interrogativi che tormentano il settore balneare alla luce della recente sentenza del Consiglio di Stato secondo cui le concessioni demaniali dovranno andare ad evidenza pubblica entro due anni. Ad intervenire sul tema è Simone Battistoni, presidente Sib dell’Emilia-Romagna.
Battistoni, qual è  al momento la situazione?
«La situazione, ovviamente, è che a questo punto deve subentrare la politica: il disastro che si prospetta non investirà solo noi, ma un intero sistema. Entro due anni esatti si andrà a bando ma, al momento, non ci sono regole e questo potrebbe portare ad un contenzioso che durerebbe anni, di conseguenza il sistema si bloccherebbe. Proposte come quelle che ho sentito, relative alla possibilità di ripristinare il 50% delle spiagge libere, non sono perseguibili: la gran parte dei turisti che scelgono l’Emilia-Romagna vuole un’offerta balneare strutturata e le proposte che il nostro territorio è riuscito ad esprimere in questi anni sono state anche economicamente migliori rispetto a quelle messe in campo da altre regioni. Mi sta bene che, ove ve ne sia la possibilità, si proceda con una riduzione di cemento in spiaggia, ma è doveroso sottolineare che le concessioni presenti servono. Dobbiamo ricordare che il nostro turismo è strutturato sulle camere e sugli ombrelloni che, in questi anni, hanno rappresentato la nostra proposta. Se andremo a bando sul canone la pagheranno i consumatori, che vedranno aumentare le tariffe. Riteniamo che il bando debba essere fatto in relazione ai servizi che uno ha da offrire, alla professionalità espressa, allo stabile che possiede. Sono mille le regole che, in due anni, devono essere stabilite. Prendiamo un servizio tra i tanti, quello di salvamento, che sulla nostra costa è ineccepibile. Occorre vigilare per evitare che venga modificato. E’ inevitabile che la politica intervenga per evitare anche l’esproprio delle aziende: il suolo è di tutti, ma quello che vi è sopra, frutto di grandi sacrifici, è stato messo dal bagnino».
A livello regionale di quante realtà parliamo?
«Parliamo almeno di duemila famiglie, di oltre duemila concessioni. Sul demanio c’è di tutto: colonie, realtà sportive, ristoranti, porti turistici, circoli vela, un mondo di intrattenimento e servizi».
Cosa servirebbe da parte del Governo?
«Servirebbe una legge organica che indubbiamente riveda i canoni, ma che fissi la data e le regole del gioco, in quanto la sentenza arriva perfino a dire come dovrebbero essere i bandi, ovvero i giudici dicono al legislatore come vanno fatte le gare. E’ assurdo. E’ invece il legislatore che deve dire quando e come si faranno ed in che modo vada garantito il concessionario uscente. Il tutto va deciso in questi due anni, che però potrebbero non bastare: ovviamente sono anni in cui non verrà investito un euro. La legge, in questo, dovrebbe essere di aiuto, ed il legislatore dovrebbe garantire il valore commerciale delle aziende tramite una perizia».
La Regione potrebbe intervenire? In che modo?
«In due modi. Il primo tramite un’azione di stimolo nei confronti della politica: siamo una delle regioni più importanti in campo turistico, tutt’ora guida e faro per le altre, una delle prime come numeri e siamo stati precursori in campo turistico. Per questo la Regione può rapportarsi alla pari con Governo e Parlamento per fissare linee guida chiedendo che le regioni abbiano un ruolo nello svolgimento di queste gare. Anche perché le realtà sono diversissime: pensiamo al Veneto e all’Emilia-Romagna, due modelli vincenti ma diversi, due tra le regioni che fanno i numeri più alti. Lì ci sono srl, grandi aziende, mentre le nostre sono tradizionalmente a conduzione familiare. La Regione può giocare un ruolo nel dare una mano per fare presto e bene una riforma della gestione dei bandi: non siamo contro la concorrenza, ma una cosa è la concorrenza, un’altra l’esproprio».
Quante possibilità concrete ci sono che si vada realmente ad evidenza pubblica?
«Il tema non è se si andrà, ma come lo si dovrà fare. Non si può buttare il bambino con l’acqua sporca: il sistema va migliorato, ma vediamo insieme come nell’interesse legittimo di chi ha svolto il suo lavoro. Noi, le concessioni, non le abbiamo rubate e ritengo che qualche diritto legittimo lo abbiamo acquisito. Ora la politica decida quando e come tutelando il lavoro di tutte le famiglie che hanno sempre lavorato contribuendo a rendere appetibile il sistema».
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