Riccardo Isola - Un 2020 da dimenticare e un 2021 che non promette bene. In estrema sintesi questo è il bilancio che l’universo dell’enogastronomia romagnola ha affrontato e sta affrontando a causa della pandemia Covid. Chiusure dell’ultima ora, lockdown, aperture a singhiozzo, stop and go, limitazioni alla fruizione dei locali sono tutte azioni che hanno minato, e non poco, i bilanci aziendali. A essere colpiti in modo molto cruendo sono soprattutto i locali delle città, Faenza compresa, alle prese con strategie alternative, come asporto e consegna a doomicilio, ma che non basta a far quadrare i conti. Se la situazione non è andata bene nelle città medio grandi chi ha sofferto ancora di più è il mondo della ristorazione dei piccoli borghi o dei paesi collinari ed extra cittadini. Un esempio arriva da Brisighella. Qui la Trattoria La Casetta, storico locale dedicato al gustoo e all’ospitalità di qualità del borgo della valle del Lamone, non se l’è passata bene. «Abbiamo fatto di tutto, nei limiti di quello che ci era possibile fare, per tenere duro durante l’anno che si è appena chiuso. Non è stato facile - racconta il titolare Massimo Biondi - e non lo è tutt’ora alla luce della grande incertezza che aleggia attorno al mkondo della ristorazione. Abbiamo bisogno di riaprire sia a pranzo che a cena, con le dovute precauzioni necessarie, ma non possiamo affrontare ancora lockdown così impegnativi dal punto di vista lavorativo e quindi economico. Stiamo raschiando il fondo del barile, e il delivery o l’asporto non bastano più. Ci si faccia riaprire».
Per il mondo del vino lo sconforto generale non è tanto dissimile. «Le nostre piccole realtà - spiega Giacomo Montanari, della cantina Ca’ di Sopra di Marzeno – vivono soprattutto con il mondo della ristorazione. La chiusura dei due pesanti lockdown di primavera e fine anno scorsi, hanno ridotto drasticamente le nostre vendite. Abbiamo fatto qualcosa in estate ma tenere chiusi i ristoranti, osterie, pizzerie alla sera, appuntamento in cui il vino va per la maggiore, ha dato una mazzata notevole. Dobbiamo rimboccarci le maniche e sperare che la pandemia finisca, le consegne a domicilio le abbiamo fatte ma non compensano certo l’ammanco derivante dal mondo ristorativo. Il nostro -conclude Montanari - è per o più un consumo locale, consegne fuori regione si sono contate sulle mani, e quindi non abbiamo voluto sostituirci all’enoteche facendo più di tanto consegne a domicilio, che invece hanno lavorato, soprattutto a Natale, ma non è facile così».