Le grotte sono habitat pieni di vita e le grotte che si sviluppano nei gessi non fanno eccezione. Ecosistemi, dove l’assenza di luce e la scarsità di sostanze nutrienti ha portato la natura verso soluzioni inaspettate e affascinanti. Quando si pensa alla vita sotterranea, lo si fa puntando ai chirotteri o ai piccoli invertebrati, ma in realtà, come afferma lo speleologo casolano Andrea Benassi «la base degli ecosistemi ipogei è da ricercare in organismi ben più piccoli: i microbi. La base della vita sotterranea è rappresentata infatti dall’insieme di organismi procarioti: batteri e archaea e dalla loro infinita capacita di creare colonie simbiotiche. I batteri sono capaci di colonizzare qualsiasi ambiente, che si estende tra acquiferi, fratture e porosità delle rocce a una profondità di oltre cinque chilometri». In questa prospettiva le grotte rappresentano delle piccole finestre su questa sterminata biosfera. Ovviamente non parliamo di organismi frutto di inquinamento, bensì «di batteri ambientali, in buona parte ancora quasi totalmente ignoti, che creano il gene specifico di ogni singolo luogo. Avendo quasi 4 miliardi anni di vita evolutiva, i batteri non si sono limitati ad abitare i luoghi, bensì hanno contribuito alla loro creazione in senso geo-biologico». Anche nelle grotte i batteri hanno un ruolo fondamentale nella genesi di molti tipi di concrezioni e mineralizzazioni, nonché in alcuni casi nella creazione stessa di forme e morfologie. «Per quanto singolarmente piccoli - spiega Benassi - le colonie batteriche in grotta, se osservate con la giusta attenzione, sono ben visibili. Sedimenti, rocce, concrezioni, sono praticamente ricoperte da biofilm e tappeti microbici che appaiono spesso come piccole chiazze di colore. Dal giallo all’arancio, dall’azzurro, fino al rosa o al turchese, una vera tavolozza di colori caratterizza molte parti dell’ambiente ipogeo. In questa incredibile ricchezza di vita - prosegue lo speleo - un posto particolare lo hanno i batteri capaci di fungere da produttori primari, ovvero di sostituire le piante e la fotosintesi in luoghi completamente privi di luce. Come nel caso delle formazioni chiamate snottites, dall’inglese snot, muco e conosciute in italiano come mucoliti». Scoperte negli ultimi mesi anche in regione in numerose grotte nei gessi della Romagna, questi «si presentano come sorta di piccole stalattiti organiche, vive, di consistenza gommosa, simili a secrezioni. Le mucoliti sono biofilm piuttosto rari, presenti solo in particolari ambienti sulfurei e composti da colonie di batteri capaci di sfruttare l’acido solfidrico per ottenere l’energia necessaria al proprio metabolismo. Appese alla roccia o ai cristalli di gesso, queste colonie accelerano la produzione di acido solforico, che poi si accumula in gocce sulla loro estremità». Mondi quasi alieni, ecosistemi rari e a loro modo bellissimi, composti anche da organismi estremofili, capaci cioè di vivere in condizioni apparentemente estreme. «Sono ecosistemi che rimandano per alcuni aspetti alle origini della vita sulla Terra, ma che possono essere presi a modello - chiude Benassi - in quanto modelli su come ci aspettiamo che la stessa vita potrebbe presentarsi in ambienti inospitali come Marte o su altri corpi celesti, e noi li abbiamo scoperti nella Vena del Gesso».