Riolo Terme, l'alluvione ha devastato lo studio d’incisione Le Dune, Loris Ceroni già progetta la ripartenza
Federico Savini
«Dopo il Covid, che ha colpito durissimo questo settore, è arrivata l’alluvione, che ha davvero cancellato in una notte il lavoro di una vita. Però sai che ti dico? Io sono convinto che mi rialzerò. Non credo possa andare peggio di così e sto già meglio. La prima settimana ero a terra, dico la verità, ma poi ho cominciato a ragionare, ha avuto tanta solidarietà, sentito tanta amicizia. Non vedo l’ora di ricominciare. Non solo a registrare, ma anche a suonare!». Loris Ceroni non sembra una delle persone che, probabilmente, sono state economicamente più colpite dall’alluvione del 16 giugno, almeno tra quelle che lavorano in campo artistico. Il musicista e fonico riolese, titolare de Le Dune Studio Recordings, lavora da anni per il mercato internazionale (specie quello latino-americano) e nazionale (lo si è visto pochi mesi da Sanremo a dirigere l’orchestra per Anna Oxa) e ha uno studio d’incisione ben noto tra i musicisti della nostra provincia, per il livello stellare della dotazione e del professionismo messo in campo.
Ma lo studio Le Dune - per il quale è aperta una raccolto Gofundme a « Le Dune Recording Studio» - è stato travolto, brutalmente, dalle acque del Senio nella notte fra il 16 e il 17 maggio, portando via con sé strumenti e macchinari di enorme valore. Oltre ai ricordi e a tantissimo lavoro. «Quello di una vita – ribadisce Loris Ceroni -, una cosa che avevo costruito in decenni è stata spazzata via in pochi minuti».
Com’è andata quella notte?
«Intorno alle 21 è arrivata l’acqua del Senio, in una quantità e con una violenza che francamente non avevamo previsto. Con mio figlio avevamo passato il pomeriggio a mettere sacchi di sabbia, le avvisaglie c’erano, ma siamo stati travolti. Un’onda ci ha proprio colpiti al piato terra e siamo riusciti ad arrivare al primo piano aggrappandosi a una ringhiera interna. È stata davvero una cosa apocalittica. Oltre allo studio, ho perso tutto quello che stava al primo piano di casa e tre automobili. Comunque, già il secondo giorno, appena scena un po’ l’acqua, sono andato a vedere lo studio…»
Che sfacelo ti si è presentato di fronte?
«Era ancora tutto piano d’acqua, credo che al picco abbia toccato i due metri di altezza. Il pianoforte galleggiava, il banco del mixer era ricoperto di fango. Ho pianto come un bambino, non mi vergogno di dirlo. Parliamo di una vita di lavoro persa in una notte».
Forse non tutti sanno quanto valgano le strumentazioni di uno studio di registrazione, ma per dare l’idea del danno economico?
«Beh, diciamo che il mio lo pagai come un appartamento… La carcassa è roba da ferro vecchio ormai. Quanto alle schede dei 56 canali del mixer forse c’è qualcosa di recuperabile. Non così il pianoforte, che è da buttare, e vale lo stesso per chitarre, bassi e praticamente tutti i microfoni…».
Su Gofundme parli giustamente anche di «ricordi» andati persi…
«Sì, penso a cose di mio padre (il grande fisarmonicista e capo-orchestra Leo Ceroni, anche fondatore dei Blackmen, nda), a foto che ricordo ma che non ho ritrovato e cose del genere. Si sono salvate le cose appese in alto alle pareti. Il ricordo di mio padre che mi aiutò a mettere in piedi lo studio è comunque dentro di me. Ho perso qualche carta, ma quelle memorie non si smarriscono dentro di me».
A cosa stavi lavorando?
«Stavo finendo di mixare una cover del brano di Anna Oxa e producevo una band di Torino, i Bolena. A breve sarei dovuto partire con la produzione di un importante cantante messicano».
Quanto pensi ci vorrà per ripartire?
«Fissare un calendario è prematuro, ma ho già trovato un posto. Un capannone, qui a Riolo, diventerà il nuovo studio Le Dune. Sarà più piccolo, una sessantina di metri quadri, ma andrà bene. E poi devo ripartire al più presto possibile. Il nostro mondo è ripartito con fatica dopo il Covid; l’alluvione non mi fermerà».