Riolo Terme, al 2019 all’ombra del Parco regionale «Terre della Rocca» trasforma il respiro del gesso in sorso territoriale

Romagna | 28 Giugno 2024 Le vie del gusto
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Riccardo Isola - All’ombra della Vena del Gesso romagnola, le viti si crogiolano nel riverbero dello «Specularis». Parliamo del progetto iniziato nel 2017, ma con prima vera vendemmia risalente al 2019, da parte della Banca di Bologna Real Estate, chiamato «Terre della Rocca». Un chiaro richiamo al territorio nel quale opera, visto che siamo proprio in quelle terre che una volta videro dominare la Leonessa della Romagna, Caterina Sforza. Da allora le cose sono cambiate e qui, a sud della via Emilia, in queste terre d’argilla e gesso, di bosco e di risorgive, parte un racconto se vogliamo inedito per vitivinicoltura di qualità. Forse la valle del Senio, areale nel quale «Terre della Rocca» insiste, è stata la più sonnolente ad abbracciare il Rinascimento enoico che ha e sta attraversando la Romagna. Almeno nel corso degli ultimi vent’anni. Adesso le cose sembrano essere cambiate. Prima nell’alto territorio di Castel Bolognese poi Riolo Terme e infine Casola Valsenio hanno abbracciato un cambio di semantica vitivinicola attraversare aziende, vecchie e nuove, che alla quantità e al conferimento ha optato per qualità ed espressività del terroir. Tra queste appunto c’è la realtà che poggia le proprie fondamenta tra Borgo Rivola e Isola, le due frazioni della vicina Riolo Terme. In Terre della Rocca a parlare nei calici è l’essenza autoctona di un vino figlio di un pensiero autentico. Dal Sangiovese all’Albana, queste sono le lingue dei sorsi che nascono tra i geometrici filari abbagliati dalla possente e fragile al contempo emersione gessosa, è l’idea che con la giusta competenza e padronanza agronomica e vitivinicola, si possano regale perle di assoluto realismo enoico. Non tante sono le referenze in bottiglia, anche se la parcellizzazione aziendale sta mettendo a puto possibili sviluppi e scenari di vendemmie che oltre al Sangiovese, all’Albana, al Trebbiano, alla Barbera e al Bombino gentile parlano anche una lingua internazionali (Cabernet Franc, Carmenere). L’idea predominante però è autoctona. In primis con sua maestà l’Albana. Qui oltre a una versione ferma (Alle dodici a Monte Tondo) in cui il varietale si struttura attorno a una fragranza di frutto giallo, di mediterraneità ma con corpo snello e presente c’è soprattutto una ricerca sulla spumantizzazione. Per ora parliamo di un metodo classicco, l’Ysola, prodotto appunto da Albana 100%, che presto però dovrebbe lasciare il passo a due altre versioni, sempre a Metodo Classico, ancora più iconiche e capaci di riassumere più efficacemente quello che il territorio, con questo varietale e con questa metodologia di vinificazione,  può rappresentare. Si tratta di rifermentati in bottiglia in cui da una parte l’espressività del sorso si fa ancora frutto giallo e a polpa bianca, particolarissimo il richiamo al melone bianco, senza però l’eccessiva invadenza della standardizzante stilistica alla panificazione. Anzi con una bellissima ventata di sferzate balsamiche, vegetali e di ginestra. Dall’altra, una versione più sottile e più d’eleganza in cui la ricerca è quella della sofisticata leggerezza dell’essere vino emozionale, oltre che di metodo o tecnico. Sono visioni che assecondano una sfida. Precisamente quella che nasce dalla conoscenza, anno dopo anno, delle potenzialità espressive di questo vitigno in questo determinato territorio. Sta alla mano del vignaiolo, del consulente o in generale della cantina saperle assecondare e per certi versi anticipare e trasformare in sorsi che abbiano anima e corpo. Quello della valle del Senio. Poi ci sono le due versioni di rosso. Anche qui la stilistica è assolutamente originale.  Sono sorsi in cui è il frutto la dimensione principale in cui si dipana una struttura diretta, schietta, identitaria.  Tutti e due Sangiovese (superiore e riserva), con il « » che si arricchisce in cui l’agrume scuro, il chinotto e le tradizionali semantiche di mammola e ciliegia  si fanno sorso materico. un sorso comunque pieno, dritto e netto. I tannini, presenti ma non pressanti, si allungano donando un corpo e una struttura nelegante e fiera. Due figli d’argille che non puntano sulla potenza estrattiva e sulle dolci note terziarie ma la fresca e saporita croccantezza del frutto rosso, con un’incursione anche nell’elegante ematicità.
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