Riolo, prosegue il dibattito sulla cava Monte Tondo, la questione affrontata sulla rivista «Cristalli»

Romagna | 23 Maggio 2021 Cronaca
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Sandro Bassi - Certo, mai come questa volta dipende dai punti di vista. Il ben noto problema della cava di gesso di Monte Tondo a Borgo Rivola, nell’area contigua del Parco regionale della Vena del Gesso romagnola e per la quale la ditta concessionaria, Saint-Gobain Italia, ha chiesto di espandersi, viene affrontato dai due diversi «contendenti», cioè cavatori da un lato e ambientalisti dall’altro, sull’ultimo numero della rivista «Cristalli». 
«I due soggetti hanno visioni e interessi diversi e anzi contrapposti - spiega Antonio Venturi, presidente dell’Ente di Gestione Parchi e Biodiversità in Romagna, ente che in pratica è l’editore della rivista - e ciò dovrà essere attentamente considerato da noi e dalla Regione nell’ottica della sostenibilità futura di tutti gli aspetti inerenti la questione».
Questione che è in effetti molto complessa riguardando non solo aspetti paesaggistici, ma economici, politici, sociali, nonché di legge. Cerchiamo, con l’aiuto delle due diverse campane cui «Cristalli» dà voce, di capirci di più. 

LA STORIA E GLI SPELEO
Riassumendo in estrema sintesi gli antefatti la cava si trova nella cosiddetta “zona B” (cioè di cornice periferica ma soggetta comunque a vincoli ambientali, anche se più blandi rispetto alla zona A) del parco ed ha recentemente chiesto di espandere l’area di estrazione. Gli ambientalisti, coordinati dalla Federazione Speleologica Regionale, ribattono che ciò comporterebbe ulteriori danni ambientali, esterni ed interni - c’è in questo caso anche un complicato sottosuolo carsico con tutto il suo reticolo idrografico -  che andrebbero ad aggiungersi a quelli prodotti nei 63 pregressi anni di attività estrattiva (la cava, ricordiamolo, aprì nel 1958) e che «giusto vent’anni fa le parti in causa condivisero un patto sull’estensione della cava e sulla quantità massima di gesso estraibile, fissato in 4 milioni e mezzo di metri cubi. Questo fu il risultato di uno studio realizzato dall’Arpa, agenzia regionale prevenzione e ambiente dell’Emilia-Romagna, e il conseguente Piano attività estrattive definiva altresì l’estensione areale massima raggiungibile». 
«A fronte di ciò - concludono gli speleologi - fa specie che oggi la multinazionale Saint-Gobain avanzi una richiesta di ulteriore ampliamento, richiesta che va oltre il massimo consentito e da tutti, a suo tempo, accettato». 

LA SAINT GOBAIN
«L’uomo da sempre modifica il territorio - scrive invece Saint-Gobain - estraendo e trasformando le risorse del sottosuolo per la propria esistenza e sopravvivenza. Il gesso che estraiamo a Monte Tondo viene impiegato per cartongesso e intonaci speciali per il “costruire sostenibile”, offrendo soluzioni innovative che puntano ad efficienza energetica e comfort abitativo. L’attività è condotta minimizzando gli impatti ambientali e, nello stesso tempo, promuovendo iniziative di valorizzazione dei luoghi di cava e di coesistenza con le biodiversità locali grazie a progetti di monitoraggio e mitigazione».
A sostegno, la ditta cita gli interventi di ripristino vegetale e paesaggistico (rimboschimenti con arbusti e alberi autoctoni), le relative collaborazioni con le Università di Bologna e di Pavia, il posizionamento fin dal 2005 di rifugi artificiali per pipistrelli e infine numerose iniziative culturali: visite guidate, un evento ciclistico del Rally di Romagna all’interno del sito di cava e la convenzione con il Comune di Riolo per l’uso e l’apertura al pubblico della Tana di Re Tiberio, grotta di interesse archeologico. 
Per quest’ultima vi sono ulteriori punti controversi poiché gli speleologi fanno notare come la grotta non si limiti ai soli 50 metri aperti al pubblico, ma si estenda per oltre 3 km recentemente scoperti ed esplorati ma in parte già alterati, idrologicamente e morfologicamente, dagli scavi della Saint-Gobain.

IL RICONOSCIMENTO UNESCO
L’aspetto, infine, dove i punti di vista divergono di più è forse il futuro, da tutti auspicato, riconoscimento Unesco. Riconoscimento che, a parte il suo intrinseco prestigio, si porterebbe dietro risvolti economici nient’affatto trascurabili dovuti alle ricadute turistiche, di immagine, eccetera. Gli ambientalisti fanno presente che se l’ente pubblico calerà le braghe di fronte alle richieste dei cavatori, il riconoscimento sarà «a rischio» perché non si può volere la botte piena e la moglie ubriaca. Di tutt’altro avviso la Saint-Gobain, che non esclude che un domani la cava possa «diventare un’eccellenza non solo produttiva, ma anche storica, da raccontare e in grado di richiamare sul territorio un pubblico interessato: esistono già in proposito tre casi di siti minerari dichiarati patrimonio mondiale dell’umanità e sono in Polonia, Spagna e Slovenia».
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