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Extinction rebellion, Fiab Faenza, Giovani Democratici Emilia-Romagna, Legambiente Lamone e il Wwf Ravenna prendono posizione contro l’ipotesi di ripresa delle escavazioni di gesso. Lo fanno attraverso una nota stampa lunga e dettagliata che evidenziano una svolta a tutela del sito appenninico. «La storica scelta di favorire e autorizzare una cava di gesso a cielo aperto, con costi estrattivi vantaggiosi rispetto alle cave in miniera, fu una svolta economica significativa per l’economia locale. Nel corso dell’anno 2000 però lo studio inerente all’ennesimo ampliamento, affidato all’Arpa e formalmente recepito nel Piae e nel Pae (cioè i piani di attività estrattiva), stabiliva due vincoli: un quantitativo massimo (4.500.000 mc) di gesso estraibile, nonché l’area massima dove proseguire l’estrazione. Raggiunti questi limiti, che garantivano l’attività per un lasso di tempo sufficientemente lungo per riconvertire il polo produttivo presente a Casola, l’attività estrattiva doveva cessare». Ipotesi che vent’anni fa portarono «le parti a condividere un patto, per l’attuazione dei vincoli, con l’accettazione di una distruzione dell’ambiente allo scopo di avere il tempo per trovare una diversa collocazione per i dipendenti coinvolti nell’attività della cava e della produzione di cartongesso. Oggi, a fronte dell’ennesima richiesta della multinazionale di espandere l’area di estrazione, le amministrazioni sembrano dimenticare di non avere onorato i patti condivisi venti anni fa». Ecco così la necessità del nuovo studio che per le associazioni «se sarà concesso un ampliamento dell’area estrattiva, si ripartirà, per l’ennesima volta, da un punto zero, come dal 1958 (anno di inizio dell’attività estrattiva) chiedono e ottengono i cavatori, come se la cava non sia mai esistita. Gli enti locali direttamente interessati non possono continuare a non ritenere prioritaria la salvaguardia di uno straordinario “bene comune” qual è la Vena del Gesso romagnola. Ritenere la distruzione dell’ambiente una risposta alle necessità locali è il segno di un diffuso degrado culturale che considera il paesaggio un bene di consumo da sfruttare. Vi è una diversa ed estesa sensibilità culturale che richiede invece che siano avviate attività di valorizzazione di tutto il territorio: ecoturismo, didattica, tutela del paesaggio, anche agricolo, recupero dei siti archeologici, attività che possono creare importanti occasioni economiche e occupazionali, anche qualificate».
Infine la stoccata ironica. «Il gruppo Saint-Gobain, si definisce leader nell’edilizia sostenibile. Per questo – ribattono - dovrebbe avere il know-how per la riorganizzazione produttiva e per garantire il futuro occupazionale. O s’investono risorse pubbliche per raggiungere un punto in equilibrio o si tiene una cava che continuerà a distruggere un luogo costituito da tesori naturali unici e irripetibili».
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