Riolo, interventi botanici e non solo dedicati alle querce autoctone

Romagna | 12 Dicembre 2020 Cronaca
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Sandro Bassi - Procede il progetto «Life», finanziato dall’Unione Europea, di tutela e ripristino dei querceti mediterranei di cui in loco è beneficiario il Parco regionale della Vena del Gesso. Si tratta di un lavoro lungo, avviato nel 2017 e destinato a concludersi nel 2026, che vede coinvolti anche diversi enti e soggetti ungheresi: tre parchi nazionali, l’Accademia delle scienze di Budapest, il Wwf ungherese e un’associazione di volontariato paragonabile al nostro Fai; l’importo totale è di quasi 8 milioni di euro, diluiti appunto in 9 anni e che dovranno coprire interventi forestali, studi, opere di divulgazione, ecc. Al Parco della Vena del Gesso vanno 2 milioni e 125mila euro.   
Un passo indietro: tutto ciò rientra nella «Direttiva habitat», emessa dal Consiglio d’Europa nel 1992 e recepita dall’Italia nel 1997, avente come obiettivo la salvaguardia della biodiversità, intesa non come slogan ma come patrimonio di ricchezza biologica tanto più stabile quanto più diversificato. L’habitat dei querceti ad impronta mediterranea, presenti eccome in Italia - largamente in quella meridionale, sulle coste in quella centrale e in maniera più localizzata in quella settentrionale - è stato riconosciuto con l’interesse prioritario. Ciò significa che Bruxelles ci chiede di preservare e, dove possibile, migliorare questa tipologia di ambiente. 
Nel Parco della Vena del Gesso c’è il famoso microclima mite, tendenzialmente mediterraneo, dovuto alla morfologia rupestre che vede pareti rocciose esposte a sud (le stesse sotto le quali si coltivano gli olivi dell’Olio Brisighello) con vegetazione a leccio, roverella, terebinto, ginepri e una lunga serie di altre piante amanti del caldo e tolleranti l’aridità. 
«Abbiamo individuato cinque aree dove intervenire - spiega Massimiliano Costa, già direttore del Parco e che oggi si occupa delle zone umide del ravennate continuando però a seguire alcuni progetti fra cui questo - e che sono i Gessi di Rontana e Carnè, Monte Mauro, Riva di San Biagio, Monte Penzola e Gesso, queste ultime due in sinistra Santerno. Previa individuazione di aree di saggio utili anche per confronti, faremo operazioni di vario tipo, che prevedono l’eliminazione - graduale e comunque non totale - delle conifere di rimboschimento, il miglioramento della struttura forestale e della composizione floristica (ad esempio con conversioni da ceduo ad alto fusto) e infine l’individuazione di alberi habitat cioè esemplari vecchi, grandi e con cavità preziose per la fauna: insetti, pipistrelli, picchi ma anche mammiferi come il raro gatto selvatico».
In uno dei casi più noti, Rontana, si interverrà sul ben noto rimboschimento che copre quasi tutto il colle, rimboschimento iniziato nel 1929 e costituito soprattutto da pino nero e cipresso, in minor misura anche da cedri e tuie.
«Non abbatteremo tutto - tranquillizza Costa - e per il momento ci limiteremo alle conifere americane, con l’eccezione delle tuie più grandi che hanno una sorta di valore storico e documentario; sul pino nero e sul pino silvestre effettueremo tagli di diradamento eliminandone circa un terzo, con successivo impianto di roverella e di varie altre specie autoctone che nel frattempo stiamo allevando nel Giardino Officinale di Casola Valsenio».
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