Rimini, la missione di alcuni giovani al confine fra Polonia e Ucraina: «A Przemysl tanti profughi, clima teso»

Jessica Gonelli - Francesco Ruggeri, di Rimini, è tornato ieri dal confine polacco con l’Ucraina. È stanco perché sono stati tre giorni intensi, ma anche felice per essere riuscito ad aiutare chi aveva bisogno attraverso una “staffetta umanitaria”. Insieme ad altri ragazzi di Rimini sono partiti nella notte tra venerdì e sabato scorso per raggiungere prima Cracovia e poi recarsi a Przemyśl vicino alla frontiera di Medyka. «Przemyśl – ci spiega Francesco - era una specie di centro commerciale, ora convertito in un campo di accoglienza per tutti i rifugiati che arrivano dall’Ucraina. Fuori, il parcheggio è pieno di macchine e pullman, c’è gente che viene e che va. Chi viene per portare cibo, vestiti, giocattoli per bambini o qualsiasi altra cosa e chi invece resta, nella speranza che presto il conflitto finirà e allora potrà tornare subito nella sua casa». Francesco e i suoi compagni hanno dato una mano: hanno caricato tre pulmini, ottenuti in prestito da parrocchie ed enti locali, di beni di qualsiasi tipo, raccolti grazie all’aiuto della Caritas di Santarcangelo di Romagna e del Team Bòta di Rimini. Una volta arrivati al campo hanno scaricato tutto e caricato il maggior numero possibile di rifugiati ucraini per portarli in Italia. Il tutto grazie all’aiuto di altri ragazzi che hanno raccolto le persone e coordinato i vari viaggi dal campo stesso. Infatti Francesco e i suoi compagni si sono appoggiati al progetto pilota di altri ragazzi che collaborano con il Comune di Rimini e organizzano delle staffette umanitarie con pullman da viaggio più capienti.
«Come si può immaginare, il clima al confine non era dei migliori – racconta Francesco - anche perché proprio in quei giorni hanno iniziato a bombardare oltre Leopoli, vicino al confine e ai cordini umanitari, e sempre più persone si sono riversate al confine per uscire dal paese ed entrare in Polonia. C’è tanta confusione ed è difficile organizzarsi al meglio proprio perché il numero di persone è più alto di quelle che si possono realmente accogliere. Ad oggi sono circa due milioni e mezzo gli ucraini che si sono spostati verso l’Europa occidentale e la Polonia sta superando il limite critico di accoglienza». Insomma è una situazione complicata, in cui l’organizzazione dei trasporti è tutt’altro che semplice. Un altro problema è stato la lingua: «Quasi nessuno degli ucraini che abbiamo aiutato parlava inglese, quindi è stato difficile comunicare ed instaurare un rapporto con loro. Bisogna pensare che si tratta di persone che stanno fuggendo da una guerra e che si sono ritrovate su un pulmino con ragazzi che non hanno mai visto e con cui non riescono nemmeno a comunicare. Per fortuna con noi c’era una donna ucraina che insegnava inglese e che ha fatto da interprete.»
Francesco è tornato ieri e ora, insieme ai suoi compagni, cercherà di sostenere il più possibile il progetta pilota: «I pullman da viaggio permettono di organizzare i trasporti in modo molto più efficiente e di contenere i costi, perché arrivano a trasportare anche una settantina di persone».
È possibile seguire il progetto e i suoi sviluppi sulla pagina Instagram _totheborder.