Reddito di cittadinanza, in provincia di Ravenna "difficile inserimento lavorativo"

Romagna | 26 Ottobre 2019 Cronaca
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Compie sei mesi il Reddito di cittadinanza e in tutta la regione Emilia-Romagna è partita la seconda fase della questione, cioè la presa in carico dei beneficiari e dei loro familiari da parte dei Centri per l’impiego, che comporterà la sottoscrizione del patto per il lavoro e l’erogazione delle politiche attive che prevedono il successivo rilascio dell’assegno di ricollocazione, strumento che dovrebbe aiutare le persone a migliorare le proprie possibilità di inserimento nel mercato del lavoro. A parlare, con estremo realismo, è Andrea Panzavolta, dirigente del Settore formazione e lavoro della provincia di Ravenna.
Come sta procedendo, nei Centri per l’impiego della provincia di Ravenna, la presa in carico dei beneficiari? Quanti ne sono stati convocati finora?
«Abbiamo iniziato da alcune settimane e abbiamo già dato appuntamento a quasi 800 persone, anche se i colloqui svolti fino ad ora sono molti meno, circa 150».
Quanti sono i soggetti occupabili e che lavori verranno loro proposti?
«È difficile rispondere, perché in questa fase ci stiamo limitando a una presa in carico sostanzialmente amministrativa. Non abbiamo dato il via a vere e proprie politiche attive di reinserimento ma stiamo verificando i requisiti generali e specifici e il fatto che vi siano o meno le condizioni per immaginare un inserimento lavorativo o se sia più opportuna una presa in carico da parte dei servizi sociali».
Come sta impattando tutta la questione sulla quotidianità dei vostri uffici?
«In maniera molto pesante dal momento che le procedure da seguire sono molto complesse e si tratta di un lavoro aggiuntivo che sta coinvolgendo la gran parte del personale. Dalla partecipazione o meno a queste convocazioni dipende anche la prosecuzione del percepimento del Reddito di cittadinanza, quindi occorre molta precisione e bisogna tracciare ogni passaggio assicurandosi che non vi siano stati errori. Devo dire che l’assegnazione dei Navigator è stato un segnale importante di attenzione da parte dello Stato ai territori, tuttavia deve ancora completarsi il percorso di inserimento di queste persone nelle procedure operative, dopo le quali potranno diventare autonome e contribuire effettivamente alla realizzazione di azioni di sostegno alle persone, cosa che avverrà solo tra parecchio tempo».
Le aziende come hanno risposto?
«Essendo ancora molto lontani dalla possibilità di fare proposte di lavoro, abbiamo per il momento solo risposto alle richieste di informazione di qualche azienda ma niente di più».
L’utenza dei beneficiari è abbastanza omogenea o ci sono, invece, casi molto diversi?
«Al riguardo l’aspetto più rilevante, che è anche il problema più grosso, è che le persone che stiamo incontrando - e preciso che incontriamo gli interi nuclei familiari che hanno ottenuto l’assegno - presentano in molti casi una particolare fragilità e una distanza dal mercato del lavoro che non lasciano intravedere una possibilità di agevole inserimento professionale e quindi concordiamo con gli utenti un rinvio ai servizi sociali per la predisposizione di misure di carattere più socio-assistenziale che di politica attiva del lavoro. A margine occorre considerare che, a breve, anche i servizi sociali inizieranno a convocare una parte di coloro che hanno ottenuto il beneficio economico e il carico di lavoro che si prefigura per questi servizi temo sarà estremamente gravoso e impegnativo».
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