Reddito di cittadinanza, dopo 6 mesi in provincia di Ravenna 50% domande bocciate, 1443 i beneficiari
Sono circa tremila, sul territorio provinciale, i nuclei beneficiari del Reddito di cittadinanza, con importi che vanno da un minimo di 40 euro a un massimo teorico di 1.300 euro per nuclei numerosi. Il beneficio viene erogato con cadenza mensile per 18 mesi, salvo eventuali proroghe. Il Reddito di cittadinanza (o Pensione di cittadinanza, per chi ha superato i 67 anni) compie, tra mille difficoltà, i primi sei mesi di vita. L’applicazione del provvedimento è stata caotica, per il ridotto tempo concesso per attivare la complessa macchina organizzativa e per comunicare con la dovuta chiarezza le modalità e i limiti di fruizione del beneficio. Ad andare in difficoltà sono stati sia gli uffici postali (dove è possibile presentare le domande e ritirare la card col denaro), sia i Caf (a loro volta abilitati a trasmettere le domande e le dichiarazioni Isee), sia gli uffici Inps, chiamati a rispondere in merito delle frequenti discordanze fra le aspettative dei richiedenti e i benefici erogati.
Il battage televisivo iniziale si è rivelato illusorio: il 50% delle domande è stato respinto. A determinare la delusione dei richiedenti è stato soprattutto un dibattito focalizzato sullo sbarramento dell’indicatore Isee del nucleo a 9.300 euro. Questo livello è, in realtà, solo un primo requisito preliminare ma ha indotto ad ipotizzare un diritto, che poi in molti casi si è rivelato illusorio, quando l’incrocio dei valori Isee ha fatto emergere redditi del nucleo già superiori al beneficio spettante, determinando la respinta della pratica o il suo accoglimento per valori trascurabili (anche poche decine di euro al mese).
Superata la fase del «disincanto» e appresi i meccanismi di calcolo i problemi sono giunti da altri fronti. Primo fra tutti quello degli stranieri (hanno diritto i «lungoresidenti»), per i quali il beneficio è sospeso in attesa di un decreto ministeriale applicativo che definisca le modalità di accertamento sui beni immobiliari posseduti nei Paesi d’origine. Un decreto che non sembra fra le urgenze del nuovo governo, dopo essere stato «dimenticato» dal precedente. Oltre al danno, per i cittadini stranieri, c’è la beffa della revoca del precedente beneficio Rei (una specie di Reddito di cittadinanza pre-esistente, allestito dal governo Renzi, con platea di beneficiari e importi più limitati) decaduto proprio per la titolarità di una domanda per il Reddito di cittadinanza, per quanto mai accolta e legata ad un possesso di immobili all’estero che suona irreale per soggetti spesso sfuggiti a condizioni di grave difficoltà.
In via di lenta normalizzazione le procedure per integrare la domanda con le variazioni della composizione del nucleo, le modifiche in più o in meno del reddito familiare (per nuove assunzioni, pensionamenti, licenziamenti, ecc) e per le modalità tecniche di ottenimento della card e di suo utilizzo (ormai abilitato in tutti i punti vendita, con poche esclusioni legate soprattutto al gioco d’azzardo). Perplessità significative anche sulla Pensione di cittadinanza che ovviamente non è subordinata all’accettazione di offerte di lavoro. Ha creato malumore la poca differenza di importo fra la Pensione ottenuta per mera assistenza (630 euro più contributo per l’affitto, per un soggetto che viva solo) ad assegni pensionistici derivanti da molti anni di contributi versati.