Ravenna, processo Cagnoni, l'imputato sviene in aula
Marianna Carnoli - Matteo Cagnoni è svenuto in aula. Il 24 novembre, alla sesta udienza dibattimentale del processo che lo vede indagato per l'omicidio della moglie 39enne Giulia Ballestri, avvenuto il 16 settembre dello scorso anno, il pm Cristina D'Aniello ha mostrato il video del sopralluogo che la Scientifica ha effettuato nella villa di via Padre Genocchi dove Giulia è stata uccisa. Il pm D'Aniello ha chiesto alla corte di proiettare il video a porte chiuse, vista la crudezza delle immagini e per rispetto a Giulia e ai suoi familiari (in aula c'erano il fratello e il nuovo compagno della donna), ma l'avvocato Giovanni Scudellari che tutela la famiglia Ballestri ha chiesto, invece, che il pubblico rimanesse per "rendersi conto fino a che punto può arrivare la crudeltà umana". Il difensore di Cagnoni, Giovanni Trombini ha lasciato che fosse la corte a decidere. Il giudice Corrado Schiaretti ha, quindi, invitato le persone più sensibili ad uscire dall'aula poi ha fatto partire il video. Le immagini, realizzate la notte tra il 18 e il 19 settembre 2016, quando venne trovato il cadavere di Giulia, vengono illustrate dal sostituto commissario della Squadra Mobile Stefano Bandini, seduto al banco dei testimoni. Partono dal giardino della villa dei Cagnoni di via Padre Genocchi poi si spostano all'interno dove sono subito visibili tracce di sangue: imbrattamenti nel corridoio, sulle porte, macchie di sangue che aumentano mentre ci si avvicina allo scantinato dove, secondo l'accusa, Giulia Ballestri è stata finita con un violento colpo al volto, sbattuto contro lo spigolo di una parete. Qui si vede anche una tanica d'acqua con la quale qualcuno avrebbe provato a ripulire le macchie di sangue, sommariamente "cancellate" dalle scale che portano allo scantinato. Su una parete e su un vecchio frigorifero ci sono due impronte palmari che la Scientifica ha attribuito all'imputato. Proprio sotto lo spigolo, invece, il sangue è copioso, c'è una scarpa di Giulia ed alcuni denti, due tipi di impronte: di scarpe tipo Hogan e di carrarmato. E, dopo una scia di sangue (secondo l'accusa la vittima è stata trascinata per i piedi), la telecamera inquadra il cadavere di Giulia, nudo e in una pozza di sangue. Immagini crude che descrivono una mattanza. E in un'aula gremita e silenziosa, il tonfo di Matteo Cagnoni che cade a terra per un malore, ha scosso tutti i presenti. Il giudice ha sospeso l'udienza per una decina di minuti poi il dibattimento è ripreso, ma l'imputato ha sempre tenuto il capo chino e non ha più guardato lo schermo. La telecamera si sposta al piano superiore, sul ballatoio dove sono presenti i quadri che Cagnoni era andato con la moglie a fotografare, anch'essi schizzati di sangue. La ricostruzione dell'azione omicidiaria, frutto del lavoro d'indagine delle diverse forze dell'ordine, dice che è qui che Giulia è stata colpita per la prima volta, verosimilmente mentre era seduta su una poltroncina il cui bracciolo è divelto. Il medico legale, oltre alle importanti lesioni al viso, nell'ispezione cadaverica che effettua quella notte e che viene ripresa dal video ne rileverà anche nel braccio sinistro dove la fede nuziale è deformata e, vista la rigidità cadaverica, colloca la morte di Giulia ad almeno 72 ore prima. Le immagini si spostano su due poltroncine verdi sul ballatoio cui mancano gli schienali: i cuscini verdi che verranno ritrovati nella villa fiorentina dei Cagnoni, sporchi del sangue di Giulia e che la Scientifica porterà a Ravenna nella casa di via Genocchi, durante il sopralluogo del 25 febbraio di quest'anno, notando come combacino. Il video inquadra anche l'arma del delitto, il bastone lungo 55 cm che la polizia ritrova in una stanza da letto , a poca distanza dal ballatoio. Bandini in aula, rispondendo alle domande del Pm ha spiegato come il cellulare di Giulia abbia agganciato la cella telefonica di via Fantuzzi, a poca distanza da via padre Genocchi dunque compatibile con la sua presenza nella villa del delitto, per l'ultima volta alle 10,06 del 16 settembre. Il marito Matteo Cagnoni esce dalla villa alle 11,07 e raggiunge casa dei genitori con i suoi tre figli nel pomeriggio. La sua utenza cellulare primaria aggancia reti fino alle 10,14 del giorno successivo, il 17 settembre, poi nulla fino alle 18,50, mentre la sua utenza secondaria non è raggiungibile dopo le 11,10. Aggiunge anche che, dopo non aver risposto a diverse chiamate della polizia, Cagnoni ha richiamato alle 23,37 dicendo che sapeva perchè lo stavano cercando, ossia per controfirmare, ma che era stanco e che sarebbe rientrato a Ravenna il giorno successivo. E' emerso, infine, nella notte del 18 settembre e mezz'ora prima di sapere della morte della moglie, Cagnoni aveva chiamato il suo legale, Giovanni Trombini oltre ad aver mandato un messaggio alla segretaria del suo studio medico avvisandola di annullare tutti gli appuntamenti del giorno successivo perchè "è successa una tragedia". La difesa di Cagnoni ha cercato di smontare quelle che per la Procura sono prove di fondamentale importanza ossia le impronte palmari e delle scarpe. Trombini ha, infatti, sottolineato come sia intercosro tempo tra l'atribuzione provvisoria e quella definitiva delle impronte del palmo delle mani a Matteo Cagnoni, ma l'accusa ha spiegato che l'accertamento è stato fatto in tempi diversi perchè, quando è stato fermato a Firenze, l'imputato si era graffiato le mani durante la roccambolesca fuga tra i rovi. Per quanto riguarda le orme di scarpa con carrarmato, la difesa ha precisato come non sia stato trovato sangue sulla suola delle Timberland trovate ad asciugare su un termosifone nella villa fiorentina. Infine, Trombini ha sottolineato come sul bastone, oltre al dna di Giulia e dell'imputato ne sia stato isolato un terzo, maschile e sconosciuto ed ha sollevato dubbi sul fatto che la porta finestra del balcone al primo piano della villa fosse chiuso, quando la polizia entrò cercando Giulia nella notte tra il 18 e il 19 settembre 2016.