Ravenna, orizzonte 2022, Bagnara (Linea Rosa): «Parte un progetto per le scuole per promuovere la parità tra i generi»

Romagna | 02 Gennaio 2022 Cronaca
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Federica Ferruzzi - Il 2021, per Linea Rosa, è stato un anno importante, in quanto ha visto la celebrazione dei 30 anni di attività. Un arco di tempo particolarmente proficuo e significativo, che ha portato l’associazione, oggi guidata da Alessandra Bagnara, a diventare un punto di riferimento per migliaia di donne vittime di violenza.
Bagnara, quante sono state le donne che sono passate dai vostri uffici in tutti questi anni?
«In questi 30 anni sono state veramente un numero importante. Oltre 8500 donne hanno chiesto aiuto al centro antiviolenza iniziando un percorso di uscita dalla relazione violenta. Tengo sempre a ricordare che chiamare Linea Rosa è solo un primo passo di un lungo cammino durante il quale le donne vittime di maltrattamenti devono affrontare un duro lavoro, soprattutto con se stesse, per riappropriarsi della propria autonomia emotiva, fisica ed economica».
La violenza di genere è un problema prima di tutto culturale, quali sono gli strumenti per contrastarla?
«Abbiamo sempre considerato la prevenzione un argomento centrale delle attività del centro antiviolenza. A nostro parere il cambiamento culturale necessario per far cessare la violenza contro le donne parte dai più giovani. Per questo motivo, ogni anno, proponiamo progetti di formazione nelle scuole e, nel 2022, è in partenza il progetto “I choose game - la violenza non è un gioco”. Il progetto, con capofila il Comune di Ravenna, finanziato dalla Regione Emilia Romagna e con la partnership di Corpogiochi, mira a prevenire la violenza contro le donne con la realizzazione di momenti formativi realizzati attraverso il gioco per promuovere la parità uomo-donna e le pari opportunità, il rispetto reciproco, l’apertura al dialogo per superare i conflitti interpersonali. In questo progetto abbiamo scelto di rivisitare il gioco dell’oca, ma con finalità che corrispondono ai valori di collaborazione e lavoro di gruppo».
Quanto ha influito la pandemia sui casi di violenza?
«L’emergenza ha nel complesso amplificato criticità in parte già esistenti e sistemiche: difficoltà di intercettazione delle donne e di attivazione dei servizi territoriali per l’emersione del bisogno, difficoltà di coordinamento tra i servizi specializzati e generali, difficoltà di reperire strutture di ospitalità in emergenza, a cui si vanno ad aggiungere le criticità organizzative del lavoro in remoto. Tuttavia, i centri in questi mesi hanno lavorato con una grande flessibilità e capacità di adattamento, riorganizzando modalità e tempi di lavoro. Linea Rosa non ha mai chiuso e ha mantenuto, anche nei momenti più duri, tutti i servizi a disposizione delle donne e dei minori vittime di abusi. Le case rifugio sono state sempre piene e le volontarie hanno continuato ad operare rispettando tutti i protocolli sanitari. Le case rifugio sono state dotate di tutti i device necessari sia per lo smart working sia per la Dad per i bambini ospiti».
La pandemia ha influito anche sull’occupazione: secondo i dati Istat a perdere il lavoro sono state in prevalenza le donne. Un impoverimento che ha indubbiamente creato danni...
«Mai come in questo periodo storico è apparso evidente come il lavoro rappresenti, soprattutto per le donne vittime di maltrattamenti, un importante step nel percorso di uscita dalla violenza. La chiusura temporanea delle attività e l’impossibilità di programmare da parte degli imprenditori hanno reso molto complesse le attività dello sportello lavoro che, comunque, sono proseguite senza interruzioni. Nel 2021, in seguito a un finanziamento regionale, è stato avviato anche il progetto “Self Power”, che ha come obiettivo specifico il raggiungimento dell’autonomia e l’empowerment delle donne vittime di violenza. Le azioni che verranno messe in campo hanno lo scopo di promuovere l’autonomia delle donne attraverso una maggiore consapevolezza, benessere e valorizzazione delle esperienze possedute, unitamente allo sviluppo di capacità personali e competenze necessarie ad un valido inserimento lavorativo. Il progetto avviato nel mese di settembre prevede attività laboratoriali e bilancio di competenze. Per le donne migranti è previsto l’inserimento di mediatrici culturali, formate sul tema della violenza di genere».
Quali sono i progetti in campo che vedranno una prosecuzione nel 2022?
«Sono numerosi i progetti che proseguiranno nel 2022. Oltre a quelli sopracitati che confermeremo per tutto il prossimo anno, continueremo la collaborazione con Dire Donne in rete contro la violenza, nel progetto Lvls Leaving violence Living Safe, in partenariato con Unhcr che mira a supportare i percorsi di fuoriuscita dalla violenza di donne richiedenti asilo e rifugiate che hanno vissuto o sono a rischio di vivere situazioni di violenza sessuale e di genere. Il progetto prevede tra l’altro il rafforzamento dei rapporti operativi tra i centri antiviolenza e le Commissioni Territoriali, Associazioni, Forze dell’Ordine ecc. anche attraverso momenti di confronto.  Anche questo progetto è stato avviato nel 2021 con la realizzazione di laboratori diretti alle donne ospiti della Cooperativa Teranga e proseguirà con nuovi interventi per tutto l’Anno».
Di cosa avrebbe bisogno, oggi Linea Rosa?
«Il nostro centro antiviolenza è supportato in ogni sua attività dagli entri locali e dalla rete di sostegno che non ci fa sentire sole e che ci permette di lavorare con le donne vittime di violenza. Non parlerei quindi di bisogni particolari di Linea Rosa, ma piuttosto dei cambiamenti necessari per i centri antiviolenza e le donne che vi si rivolgono. In generale, in Italia, è evidente una rivittimizzazione da parte delle istituzioni che richiede un importante lavoro di formazione da svolgere con le forze dell’ordine, la magistratura, l’avvocatura e i consulenti d’ufficio. Persistono, infatti, pregiudizi e stereotipi sessisti e misogini che fanno parte ancora della nostra cultura nonostante le conquiste delle donne negli ultimi 70 anni».  
In questi trent’anni cosa è cambiato in termini di violenza di genere?
«Solo il fatto che sia naturale per una giornalista parlare di violenza di genere è molto importante. I centri antiviolenza negli ultimi trent’anni hanno prodotto un grandissimo cambiamento, ma non dobbiamo dimenticare che siamo partite da una condizione di grande arretratezza e che il gap da colmare è ancora importante. Un cambiamento, a mio avviso, molto evidente è la maggiore attenzione per il linguaggio di genere come ad esempio l’uso del termine “femminicidio” quando una donna viene uccisa per mano del compagno allo scopo di annientarne l’autonomia».
 
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