Ravenna, oltre 200 capanni da regolarizzare entro il 2025, il dibattito fra i soci storici

Romagna | 17 Dicembre 2023 Cronaca
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Elena Nencini
Per un ravennate il capanno da pesca è un luogo di pace e di relax, usato tradizionalmente per andare a pesca, mangiare con gli amici e passare il fine settimana. Un bene molto ambito in Romagna anche perché capanni nuovi non se ne costruiscono e acquistarli non è facile. 
Solitamente il capanno non appartiene a un unico proprietario, ma a una società di gestione organizzata in quote, che possono essere cedute con il diritto di prelazione e trasmesse per eredità. 
I capanni si estendono in Romagna, da Rimini a Comacchio, con strutture totalmente diverse, a causa della povertà da cui nascevano, e sottostanno a enti diversi, a seconda che si trovino su acque interne o zone marittime, su golene o su canali di scolo, passando quindi dalla Regione Emilia-Romagna al Parco del Delta del Po ai Consorzi di bonifica ai Comuni. 

NECESSARIO METTERSI IN  REGOLA
Da alcuni anni sta andando avanti, tra una proroga e l’altra, la necessità di regolamentare e mettere a norma i capanni, non ultima la polemica sulle cucine: durante alcuni sopralluoghi per la verifica dei lavori di ristrutturazione edilizia, da parte di personale del Comune, sono stati contestati la presenza di cucine o di angoli per la preparazione delle vivande, scatenando l’ira dei capannisti. Togliergli infatti la possibilità di cucinare il pescato o preparare e consumare cibo in compagnia appare come un affronto all’identità stessa di un’intera comunità. Ma è sull’applicazione di norme edilizie e decreti ministeriali che si gioca la partita, tanto che dopo numerose segnalazioni l’associazione italiana pesca sportiva ricreativa, presieduta da Roberto Manzoni, che segue tutta la costa tra Romagna e lidi ferraresi, si è mossa per trovare una soluzione che non snaturi l’uso tradizionale dei capanni. «Siamo di fronte a un’interpretazione di legge che non tiene conto della storia e della cultura della nostra gente. Ma ci saranno novità».
Il Comune di Ravernna sta comunque cercando di venire incontro alle esigenze dei capannisti come sottolinea l’assessora all’urbanistica Federica Del Conte che ha presentato ad agosto in Consiglio comunale una delibera riguardante il «Regolamento capanni da pesca e da caccia» e l’adeguamento del «Regolamento di assegnazione delle aree da destinare a capanni da pesca e da caccia». La delibera è stata approvata all’unanimità, spiega Del Conte: «Spostando così la scadenza entro la quale è possibile completare la riqualificazione dei capanni, che si trovano su aree comunali, come le due pialasse, Baiona e Piomboni, dal 31 agosto 2023 al 31 agosto 2025, per coloro che al 31 agosto di quest’anno abbiano concluso il percorso della concessione edilizia. Dobbiamo fare di tutto per consentire a chi è in regola con le pratiche edilizie di poter terminare la riqualificazione dei capanni, una testimonianza storica delle nostre valli che non va assolutamente persa. Sono anche un presidio di sicurezza di un’area che troppo spesso è lasciata a sé. I capanni che, nonostante le proroghe, non risulteranno in regola andranno abbattuti».
Nelle due pialasse sono presenti 245 capanni, 159 strutture hanno avuto il via libera per la riqualificazione, di queste, ad agosto 39 capanni erano già a posto con il regolamento comunale, 35 avevano la pratica edilizia aperta e 12 sono nella lista da demolire perché non corrispondenti al regolamento.

MANZONI: «SONO UN’OPERA D’ARTE»
Roberto Manzoni, presidente dell’associazione italiana Pesca sportiva ricreativa, fa il punto sulla situazione: «Aderiscono alla nostra associazione circa 180 capannisti. E’ una realtà la nostra che va certamente qualificata, ma non snaturata. Il bello dei capanni è proprio la loro diversità, la loro storia, l’impegno variegato profuso da uomini e donne. Per questo sbagliano coloro che li guardano con ostilità. Vanno visti come un’opera d’arte e d’ingegno che i nostri antenati ci hanno lasciato. Spetta a noi, alle istituzioni conservarlo come una grande opera e costruire un progetto di museo diffuso di una tradizione che non va perduta». Manzoni sottolinea i costi ingenti per queste strutture: «Ormai i capanni costano come la villa a Cortina, per mettere un chiodo ci vuole il progetto di un geometra, un architetto o un ingegnere, e spesso si ha difficoltà a capire le diverse normative visto che ogni capanno risponde a un ente diverso. Il Comune di Ravenna sta cercando di impegnarsi, ma ci vuole più tolleranza: il bello dei capanni è che siano tutti diversi, non devono sembrare casermette militari, rappresentano la storia, sono nati come integrazione alimentare delle famiglie povere.
Il capanno si faceva con gli avanzi delle case: i primi capanni nascono nel ‘700 per supportare le famiglie povere. Bisogna riconoscere i capanni per quello che sono: un valore per il turismo, per le scuole, per la memoria e la tradizione». Infine conclude con ironia: «Sono il ritrovo degli anziani, se non si investe sui capanni bisognerà pagare ospizi, obitori e ospedali perché gli anziani chiusi in casa muoiono prima».

ASIOLI: «TANTE LE CASISTICHE»
Libero Asioli, appassionato di pesca e caccia, possiede un capanno sul fiume Lamone che ha già regolarizzato: «Ho già fatto a suo tempo tutto, circa un paio di anni fa. Uso il capanno per andare a pescare con gli amici e la famiglia. Certo è una situazione non facile per regolarizzare tutti i capanni, è un percorso un po’ tribolato, ci si deve misurare con regole differenti. Sono tante le casistiche dei capanni, non sono tutti uguali: chi è in valle, chi sui canali, chi sui fiumi, strutture che rispondono a enti diversi. Lavoriamo per cercare di arrivare ad una soluzione che possa soddisfare tutti, certo per sistemare i capanni cè bisogno di disponibilità economiche: perché è come fare interventi in una casa, c’è bisogno dell’architetto, dell’ingegnere o del geometra». Inoltre Asioli ribadisce l’importanza dei capannisti anche nella lotta al famigerato granchio blu: «Crea danni terribili alle reti: cerchiamo di contribuire alla lotta a questo animale che distrugge l’ambiente. Negli ultimi 3 anni c’erano già stati problemi ma quest’estate c’è stata una vera esplosione». Inoltre Asioli sottolinea l’importanza del controllo del territorio grazie ai capannisti: «Senza i capanni sarebbero territori non vissuti da un punto di vista ambientale. I capanni regolari contribuiscono a mantenere la pulizia e la compatibilità con l’ambiente, si potrebbero fare accordi con gli enti gestori per tenere puliti tratti di argini maggiori. Potremmo dare un ulteriore contributo».

FUSCHINI: «UN PEZZO DI STORIA»
Ivan Fuschini dell’associazione «Il tremolar della marina» sottolinea: «I capanni hanno salvato Giuseppe Garibaldi e il partigiano Arrigo Boldrini, inoltre nel capanno 160, oggi dedicato a Luigi Rava l’allora ministro dell’Italia monarchica, all’inizio del Novecento firmò l’accordo con la nobiltà per la realizzazione della prima riserva naturale pinetale del nostro Paese. Sono pilastri della nostra storia da non dimenticare mai. Oggi i capanni si adeguano ai tempi nuovi conservando tradizione e storia e portando un grande contributo ai problemi nuovi. Penso alla sicurezza nelle pialasse, alla collaborazione forze di polizia  per il rispetto dei regolamenti e delle leggi dello Stato. Penso al contributo sociale dei capanni verso gli anziani, i diversamente abili. Un contributo che attenua lo sforzo finanziario sulla salute del pubblico. Per tutto questo e altro sbagliano coloro che vedono o considerano i capanni come appartamenti dei lidi o chalet di collina. I capanni sono un volano per la valorizzazione di un territorio naturale di grande biodiversità e storicità».

CALISTRI: «LUOGHI DI AGGREGAZIONE» 
Casimiro Calistri, capannista e già responsabile centri sociali, ha affermato: «Spesso c’è incomprensione con quegli ambientalisti che vedono negativamente i capanni senza cercare di capire la fatica, l’impegno e la passione dei capannisti. Certo alcuni capanni vanno rimossi, ridimensionati, resi decorosi e in armonia con l’ambiente naturale, ma non si può gettare via il bambino con l’acqua sporca. I capanni sono momenti di aggregazione, di socialità,dove soprattutto gli anziani trovano quella dimensione e quella libertà che li aiuta a vivere. Non sono momenti nostalgici, bensì cultura della memoria,continuità delle tradizioni storiche della nostra gente».

MERCURIALI: «PRESIDIO PER L’AMBIENTE»
A evidenziare il valore svolto dai capannisti è Daniele Mercuriali, vicepresidente dell’associazione «Il tremolar della marina»: «Più riusciamo a fare rete fra associazioni, istituzioni e privati più importanti e di spessore saranno gli interventi di salvaguardia del nostro territorio sempre di più impegnato a confrontarsi con i cambiamenti climatici e l’inquinamento. E’ importante il lavoro svolto dai capannisti per difendere e valorizzare il delicato territorio fatto di lagune, reti di canali e foci dei fiumi. A questo proposito vanno ricordate le varie iniziative della nostra associazione, quelle della Società conservatrice del capanno Garibaldi e della associazione Isola degli Spinaroni. Iniziative che coinvolgono turisti e migliaia di studenti».
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