Elena Nencini - Il 1° dicembre 2018 aprirà il nuovo Museo di Classe, nell’ex zuccherificio, che prenderà il nome di «Classis Ravenna. Museo della città e del territorio». L’allestimento prevede oltre 800 reperti, uno spazio espositivo di 4250 mq e un costo complessivo di più di 22 milioni di euro. La struttura gestita dalla Fondazione RavennAntica, il cui percorso museale sarà cronologico, racconterà la storia della città dalla preistoria all’alto Medioevo. Il museo sarà il terzo polo del triangolo che comprende scavi archeologici dell’Antico Porto, Basilica di Sant’Apollinare in Classe e l’ex zuccherificio. I reperti sono stati rinvenuti, per la maggior parte, durante gli scavi dell’Antico porto, ma anche in altre zone del centro città. Mosaici, statue, iscrizioni, anfore, tessere musive o semplice vasellame, ricostruiranno la storia del territorio. Alcuni pezzi provengono da Faenza, Russi e Castel Bolognese. Sono poi previsti alcuni approfondimenti che riguardano lo sviluppo della città, la flotta e la navigazione, la produzione artistica, la preghiera, le consuetudini funerarie. In città ferve un dibattito intenso sull’allestimento del museo, sui costi, sui tempi di realizzazione. La dottoressa Maria Grazia Maioli, archeologa apprezzata in città e profonda conoscitrice del nostro territorio, esprime il suo parere sulla questione. Le risponde il professor Giuseppe Sassatelli, docente di Etruscologia presso l’università di Ravenna e presidente della Fondazione RavennAntica.
GLI INTERVENTI
Maria Grazia Maioli
Quando ero funzionario, archeologo direttore coordinatore, presso la Soprintendenza Archeologica dell’Emilia-Romagna, venni inserita d’ufficio nel comitato di gestione della Fondazione RavennAntica, appena costituita con lo scopo dichiarato di valorizzare il patrimonio archeologico di Ravenna e di Classe; ho visto nascere e svilupparsi l’idea del nuovo Museo di Classe, da realizzarsi nei locali dello Zuccherificio; ho quindi preso visione e potuto intervenire a modificare i progetti degli ambienti espositivi e collaborare agli elenchi dei materiali che avrebbero dovuto esservi esposti; sono in pensione da ormai 8 anni e in questo periodo non sono mai stata interpellata per l’elaborazione del progetto di esposizione, dato che ero stata sostituita da una collega; posso però confermare che, in origine, i grandi spazi dello Zuccherificio erano stati destinati a contenere gli innumerevoli materiali archeologi provenienti dagli scavi di Ravenna e Classe; si era previsto di esporre, in aree appositamente predisposte, i grandi mosaici dagli scavi in città, in gran parte già restaurati: mentre la Domus dei tappeti di pietra era già stata montata, a spese dello Stato, nella sede del suo rinvenimento, le altre fasi del complesso (Domus dei pugili, Domus della soglia a racemi), e pavimenti da altre aree della città (Domus del triclinio) erano già stati restaurati e. ricostruiti a s. Nicolò, nella sala espositiva di RavennAntica, in mostre diverse, assieme ai materiali rinvenutivi. Il progetto primitivo del Museo nello Zuccherificio prevedeva un inquadramento delle diverse ricostruzioni, inserendole nella storia della città e collegando il tutto anche e soprattutto agli scavi di Classe, utilizzando gli infiniti materiali provenienti da questi; venne preparato un elenco del materiale da esporre, elenco che diventò sempre più cospicuo, dato che gli scavi di Classe, soprattutto quelli nelle necropoli e nel porto-canale, diventavano sempre più fecondi, sia di materiali che di informazioni.
E’ logico che il progetto, nel tempo, si sia evoluto ampliandosi, inquadrando la situazione storica di Ravenna e Classe nel panorama del territorio romagnolo ed emiliano; un primo elenco, attualmente messo in rete dai consiglieri de La Pigna, comprende molte centinaia di pezzi che coprono dalla protostoria all’altomedioevo, con pochissimi mosaici, elenco che però non corrisponde assolutamente a quello presentato ultimamente dalla Fondazione; questo comprende più o meno 200 pezzi esemplificativi dalla preistoria al medioevo, un elenco che però cannibalizza diversi musei del territorio ravennate: oltre al caso dell’elmo del piccolo museo di Campiano, già comparso sulla stampa, è previsto, per esempio, di acquisire le fibule della piccola necropoli gota di Castelbolognese attorno alle quali si è formato il museo locale, ma soprattutto è stato previsto di portare allo Zuccherificio i pezzi più importanti delle collezioni del Museo Nazionale di Ravenna, come il rilievo con Augusto e la famiglia, la stele del marinaio Longidieno, la stele dei Firmi e Latronii, una delle transenne di S. Vitale, oltre a capitelli e altri marmi esposti, cioè tutti pezzi che fanno parte del Museo nazionale di Ravenna fin dalla sua creazione alla fine dell’800: è comprensibile che si desideri portare a Classe pezzi rinvenuti nella zona in epoca recente, come la famosa testa di Tike dal podere Mazzotti, o statue, sarcofagi e stele di rinvenimento recentissimo e mai esposti, ma si reputa improponibile depauperare il Museo Nazionale di pezzi molto famosi, che in effetti costituiscono la sua anima e la sua base: bisogna rilevare inoltre che, nei primi elenchi, era previsto che, di questi pezzi, venisse realizzato un calco da esporre allo Zuccherificio, in modo da mantenere un richiamo e un colloquio fra il Museo Nazionale e il nuovo impianto espositivo; a questo punto è necessario rilevare che esistono già i calchi almeno del rilievo di Augusto e della stele di Longidieno, realizzati negli anni ’30 per il Museo della Civiltà Romana all’Eur, e che, quasi sicuramente, ne esistono ancora gli stampi; poiché il Museo citato attualmente è aperto solo in minima parte, sembrerebbe una cosa normale chiedere i pezzi in prestito o far realizzare altre copie, con una spesa molto relativa.
Si desidera rilevare inoltre che, nell’ultimo elenco dei materiali, esiste un unico mosaico, proveniente dalla sala espositiva del Palazzo di Teodorico, non particolarmente importante ma che ha l’unico merito di essere non frammentario; non è nell’ultimo progetto ma si spera che ci sia, in futuro, anche il settore del nuovo Museo chiamato «Abitare a Ravenna» in cui dovrebbero esserci i pavimenti a suo tempo restaurati e non inseriti appunto nell’elenco ultimamente presentato, oltre ad altri mosaici e materiali: sappiamo che, per pensare e fare un museo, ci vuole tempo, ma presumibilmente sarebbe questo il settore che attirerebbe di più i turisti, qualcosa di veramente nuovo ma fruibile e capibile per tutti.
Giuseppe Sassatelli (presidente Fondazione RavennAntica)
Leggo l’articolo di Maria Grazia Maioli sul nuovo Museo di Classe e, in ragione delle molte inesattezze che esso contiene, mi corre l’obbligo di fare alcune precisazioni. Maria Grazie Maioli, uscita dai ruoli della Soprintendenza otto anni fa, ha fatto parte fino al 2009 del Comitato scientifico che, sotto la guida del professor Carandini, ha elaborato il progetto del Museo e pertanto ha condiviso solamente le fasi iniziali della discussione sul progetto mentre non ha partecipato alle fasi salienti dell’elaborazione progettuale per via del suo pensionamento. Soltanto nel 2011 infatti fu delineata in maniera definitiva la struttura espositiva del Museo, alla quale fece seguito l’attività di un altro gruppo, con il compito di formulare l’elenco dei materiali da esporre, gruppo di cui facevano parte il Soprintendente archeologo (prima il dott. Luigi Malnati e poi il dott. Filippo Maria Gambari) e il Direttore regionale dei Beni culturali arch. Carla Di Francesco. A quelle riunioni la dr.ssa Maioli non partecipò mai perchè già in pensione.
Soltanto tenendo conto di tutto questo si spiega la confusione totale. La Maioli cita reperti che non sono assolutamente compresi nell’elenco delle opere destinate al museo Classis-Ravenna,come ad esempio i rilievi con la famiglia di Augusto, la stele di Longidieno che sono e restano al Museo Nazionale. Parla inoltre di “elenchi diversi” e in contrasto tra loro, cosa che non corrisponde assolutamente al vero come ben testimoniano le autorizzazioni ministeriali. Tutto il resto (comprese le valutazioni di merito come quella davvero incredibile del “saccheggio degli altri musei”) non merita alcun commento perché non corrisponde al vero e si colloca comunque al di fuori di qualsiasi dibattito aggiornato sui “Musei della città” che non solo non si contrappongono agli altri Musei, ma ne costituiscono la sintesi e possono esserne un volano (una sorta di portale) nell’ambito di un progetto ampio e intrecciato (non Musei singoli, ma una rete di Musei) per il potenziamento della proposta culturale della città e del suo territorio».