Ravenna, Marco Miccoli festeggia 10 anni di Bonobolabo, tra mostre, murales, illustrazione e nuove tecnologie

Romagna | 14 Febbraio 2023 Cultura
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Federico Savini
«È inevitabile che certe formule artistiche, nel momento in cui ottengono un grande successo, corrano il rischio di ripetersi. Per questo da una parte sono ovviamente felice che la street art viva una fase di enorme esposizione, ma dall’altra faccio di tutto per evitare che i festival, le mostre e tutto il resto diventino “abitudine”. La sorpresa, la freschezza e la massima libertà degli artisti con cui collaboro sono e devono restare le priorità». Marco Miccoli traccia in poche parole le direttive del suo lavoro in un momento di grande interesse generale per la street art, in occasione dei 10 anni di Bonobolabo, il negozio-laboratorio della darsena ravennate che in un certo senso ha dato l’avvio per così dire «ufficiale» alla multiforme attività di un artista tra i più attenti, curiosi, avventurosi e dotati di senso pratico del panorama ravennate e oltre (assolutamente oltre), il cui nome potrebbe tranquillamento legarsi a molte altre iniziative, le più note probabilmente il festival di street art «Subsidenze» (nato nel 2014) e la mostra Dante Plus, tra la biblioteca Oriani e piazza San Francesco, nata nel 2017 ed entrata ormai, come altre iniziative di Miccoli, nel panorama culturale della città.
Ma tutto quanto nacque dall’amore per lo skateboard, il che fa già capire quale idea di «arte contemporanea» alberghi nella mente e nel lavoro di Miccoli. «Ho cominciato ad andare in skate alle scuole medie, intorno al 1988 - racconta Miccoli, classe 1975 -. Dato che l’attenzione per gli aspetti grafici ha sempre fatto parte di quel mondo ed era anche l’altra mia grande passione, l’idea di mettere insieme le due cose è nata presto. Poi naturalmente c’è voluto tempo per farne un lavoro».
Il momento di svolta per fare della grafica sugli skateboard un lavoro qual è stato?
«Ti posso indicare con precisione un momento in cui il lavoro ha avuto una prima riconoscibilità pubblica a Ravenna. Era il 2011, organizzai una mostra nello spazio di vicolo degli Ariani nella quale facevo un po’ la storia della grafiche degli skateboard, esponendo modelli storici degli anni ’80 e ’90 al fianco di quelli più rappresentativi delle correnti degli anni ’00 e a modelli originali che avevo commissionato ad artisti, fotografi e pittori. Il successo di quella mostra mi ha dato la misura della bontà di quanto stavo facendo e mi ha permesso di focalizzare ancora meglio il rapporto, storico, fra arte e skateboard. Basta pensare che allo Slam Trick di Marina di Ravenna ogni anno un diverso artista creava la grafica ufficiale dell’edizione, e parliamo di gente come Tanino Liberatore e nomi assolutamente internazionali. Insomma, il successo della mostra del 2011 che evidenziava in modo specifico il legame tra skate e arte mi ha dato la spinta per avviare una mia attività su quelle coordinate».
E l’hai fatto a Ravenna, una città di provincia che però negli anni non si può certo dire non abbia valorizzato il tuo lavoro. Nello stesso tempo, non tutte le città d’Italia hanno un Marco Miccoli. Com’è stato negli anni il rapporto con la città?
«In una prima fase puntavo soprattutto sullo skate e quindi mi ponevo come punto di riferimento per quel mondo, senza guardarmi troppo intorno. Però l’idea di avvicinarmi al mondo delle esposizioni c’era da subito. Bonobolabo, il cui nome nasce dalla scimmia che ha comportamenti più simili all’uomo, era uno spazia già molto ibrido anche nella sede di via Centofanti. Facevo tre mostre al mese, con illustratori, fumettisti e street artist. “Subsidenze” è nato nel 2014 e chiaramente il processo di comprensione, da parte del pubblico, di certi nostri murales e artisti non è sempre stato semplice, ma devo dire che l’amministrazione comunale, e in particolare Valentina Morigi, fu molto supportiva dall’inizio. Ci venne quasi data carta bianca sugli artisti e la programmazione dei murales. Sicuramente oggi è più semplice parlare di arte urbana, bisogna anzi stare attenti a non farla diventare un’abitudine. Rapportarsi con il Comune in una città di medie dimensioni come Ravenna è sempre stato un vantaggio; a parte l’attenzione che qui hanno sempre avuto per i miei progetti, nelle grandi città è tutto più lento. Devo però dire che, lavorando con artisti molto affermati come Millo o Zed 1, ma anche il grande Milo Manara, essere presente in una grande città avrebbe i suoi vantaggi. Non a caso mi muovo molto per fiere, sono appenan stato a Bologna e in marzo sarò a Milano».
Il rapporto con Magazzeno Art Gallery?
«Nasce nel 2017, quando da via Centofanti mi sono trasferito in darsena. Uno spazio più grande mi ha consentito di sviluppare maggiormente gli aspetti del mio lavoro legati in modo stringente alla street art, senza comunque rinunciare agli skate e alla parte più ludica. È uno spazio più adeguato per le esposizioni e negli anni le collaborazioni si sono moltiplicate».
Pensi che l’interesse per la street art crescerà ancora? Per rimanere freschi bisognerà cambiare qualcosa?
«I festival ormai sono tantissimi così come le città che li ospitano, la cosa sta in effetti dilagando. “Subisdenze”, nel 2014, non fu proprio il primo festival italiano ma di sicuro siamo tra i più longevi. Il rischio della ripetizione esiste e io credo che il bello di questi festival accada sempre mentre gli artisti sono al lavoro. Dopo, l’opera rimane comunque alla città, anche finito il festival. Penso sia molto importante dare carta bianca agli artisti, è solo così che raccontano il territorio facendolo riscoprire anche a chi lo vive. Noi stiamo evolvendo, la direzione è quella dell’intreccio con altre realtà. In autunno collaboreremo alla Biennale del Mosaico, probabilmente con incursioni site specific inerenti alla città».
A proposito, ci sono aree di Ravenna in cui vorreste lavorare con «Subsidenze»?
«Diciamo che la darsena, il nostro fulcro operativo, è più che sufficiente per quello che facciamo, è ricchissima di case popolari e c’è tanto da lavorare. Il primo anno operammo nella zona dello stadio, ancora non conoscevamo bene la mappatura delle case popolari di Ravenna, poi la darsena è diventata il nostro riferimento. Abbiamo però anche lavorato su diverse scuole e quello è un ambito su cui ci piacerebbe tornare. Tra l’altro trattandosi di edifici in cui i ragazzi passano tanto tempo mi sembrano anche strutture particolarmente “vocate” per la street art».
Il riconoscimento dell’Istituto Italiano di Cultura, con le mostre all’estero, apre una fase nuova?
«È una cosa nata con Dante Plus e certamente apre nuove prospettive. Quella mostra è stata vista in tutto il mondo e fisicamente a Los Angeles, Lisbona, Sofia, Marsiglia, Tokyo, Parigi e poi in Italia a Cuneo e in Basilicata. Con l’Istituto di Addis Abeba, poi, è nata una collaborazione anche per i murales. Il 2 giugno saremo lì con Luca Maleonte».
Da qualche anno lavori molto anche con la realtà aumentata. Ci punterai sempre di più?
«La cosa è partita nel 2018 e la sto usando sempre più. In pratica gli sviluppatori della app Aria mi hanno praticamente “sponsorizzato”, inserendo l’applicazione nei miei prodotti, dalle tavole da skate a tutto il resto. I risultati sono sbalorditivi, sia per gli artisti che per il pubblico. Così, dopo lo skate ho applicato questa tecnologia anche alle magliette, a Dante Plus e pure ai murales di Subsidenze».
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