Ravenna, Luciano Ghetti racconta l’impossibilità di mettere a norma il capanno n.46
Per un ravennate doc l’ipotesi di vedere il proprio capanno demolito è un colpo al cuore: così si sente Luciano Ghetti, conosciuto da tutti come Oscar, che è decisamente amareggiato.
Qual è la storia del suo capanno?
«Il problema è mio e di altri 50-60 capannisti che si trovano nelle stesse condizioni: cioè non riusciamo a dimostrare la concessione edilizia dei nostri capanni prima del 1967 che è la data prevista dal Regolamento. Ci vorrebbero foto, documenti, testimonianze, ma i capanni spesso sono passati di mano e quindi è quasi impossibile. Il Regolamento è tecnocratico, tanto che la soluzione finale è prorogata da diversi anni. Il Comune ha pensato di legare la riqualificazione alla concessione edilizia, ma un capanno è una cosa diversa da una casa. Si poteva fare diversamente».
Come è arrivato in possesso del capanno?
«Si trova nella pialassa Baiona, ed è uno di quelli raggiungibili da una strada bianca, dietro a Marina Romea, sono circa 60 mq, è in legno, ma, come tanti altri è ricoperto in eternit. Purtroppo questi capanni sono bloccati e non possono essere ristrutturati, come saremmo disposti a fare. L’ho ereditato da mio padre che lo aveva rilevato da un amico deceduto. Ci sono alcuni capanni che creano problemi al deflusso delle acque ma il mio non è fra questi».
E’ solo suo?
«Difficilmente c’è un solo proprietario, ci sono tanti lavori da fare e ormai i giovani non vogliono prendersene cura. Certo se li inviti a mangiare sono tutti disponibili. Adesso siamo in 5 amici. Avevo anche presentato un progetto al Comune di ristrutturazione e di valorizzazione, visto che rappresenta un pezzo di storia delle nostre valli (vedi box). Ma non ho avuto nessuna risposta».
Il suo rientra tra i capanni da abbattere quindi?
«Si, peccato che esista anche uno studio della Provincia di qualche anno fa che diceva che in quella valle potevano esistere un tot di capanni che, al momento, è inferiore a quelli che ci sono. Il Regolamento prevede che le strutture non a norma, circa 70, siano da abbattere: ma spesso chi fa le norme non conosce il nostro ambiente. Certo io sono coinvolto e forse non riesco a vedere chiaramente la situazione, ma sarei disposto a mettere a norma con i materiali corretti se ne avessi la possibilità. C’è un difetto originario del Regolamento: anche perchè mi fa sorridere che si contesti l’uso dei camini per la cottura del pesce e poi a qualche chilometro di distanza si vedono le ciminiere dell’Anic». Conclude deluso: «Le associazioni dei capannisti inizialmente hanno contesto il Regolamento, ma poi è entrato in vigore e non vedo via di uscita». (e.nen.)