Ravenna, Leonardo Maltese in sala con «Rapito» e presto in tv nei panni di Leopardi
Federico Savini
«Il caso Braibanti e il caso Mortara sono due episodi molto drammatici e significativi della storia italiana, ma davvero in pochi li conoscono. Quando mi hanno proposto i due progetti mi hanno sempre dovuto raccontare di cosa si trattasse e io l’ho dovuto spiegare a chi mi chiedeva dei film. Invece, con Giacomo Leopardi, almeno da questo punto di vista, sarà di certo una cosa diversa…». A giudicare dai progetti in cui è coinvolto, l’attore di origine ravennate Leonardo Maltese (che ha lasciato la città bizantina 9 anni fa prima per l’Inghilterra e poi per Roma, dove ha seguito il sogno del cinema) è davvero sulla cresta dell’onda.
Dopo avere sorpreso molti nell’autunno scorso interpretando Ettore in Il signore delle formiche di Gianni Amelio, Maltese – che per il cinema era praticamente un esordiente, pur avendo frequentato tante importanti scuole di recitazione, senza contare la formazione giovanile col Teatro delle Albe e Matteo Cavezzali - è stato subito chiamato da Marco Bellocchio per il suo Rapito, film presentato a Cannes e tuttora in sala nel quale Leonardo interpreta il giovane Edgardo Mortara, bambino ebreo praticamente «rapito» Pio IX a metà ‘800 in quanto battezzato con rito cattolico dalla domestica di casa, che lo credeva in fin di vita, e poi una volta sopravvissuto costretto di fatto a vivere come cattolico e a diventare un «soldato di Cristo».
«È un ruolo non solo molto drammatico ma proprio difficile a livello attoriale - racconta Leonardo Maltese -. Edoardo è un personaggio molto combattuto interiormente. Il difficile è proprio mostrare allo spettatore il conflitto interiore di Edoardo, che non è uno che smania, palesa e affida a manifestazioni fisiche esteriori il suo dramma. È contrito, contenuto nelle sue esternazioni, accetta la sua vita da cattolico ma non ha addormentato la parte di sé legata alla famiglia naturale».
Fin qui hai lavorato con grandi maestri come Amelio e Bellocchio. Sono simili sul set?
«Hanno alcune caratteristiche comuni, insieme alle tante differenze che distinguono due autori così riconoscibili. In comune ci sono la cura per i dettagli, l’attenzione e la dedizione al film: quando si gira hanno a cuore solo il destino del film, non si concedono tempo per altro. Mi hanno, ovviamente, insegnato tantissimo. Con Amelio era la mia primissima volta sul set, quindi mi ha fornito anche le basi. Con Bellocchio il lavoro è stato di maggiore affinamento, un personaggio così complesso è stato una bella sfida».
Sul set c’erano anche Filippo Timi e Fabrizio Gifuni…
«Sì, due grandi attori, che in realtà sul set ho frequentato poco ma in fase promozionale, ad esempio a Cannes, ho legato moltissimo con tutti gli attori del cast. A volte poi basta poco, penso alla sola scena che ho girato con Barbara Ronchi e che ha creato fra noi una connessione pazzesca. Un bravo attore ti sa aiutare anche con poche parole».
Nuovi progetti in vista?
«In estate girerà una serie per la Rai, dedicata a Giacomo Leopardi. E interpreterò proprio Leopardi…».
Mica male. Un personaggio che, in questo caso, conoscono tutti…
«Sì, per Rapito e Il signore delle formiche è stato meritorio il lavoro di Bellocchio e Amelio per far conoscere queste storie. Con Leopardi per forza di cose questo aspetto sarà diverso e portare in scena un personaggio che tutti, almeno una volta, abbiamo immaginato sarà un’altra sfida importante. Poi tutti i dettagli del progetto non sono ancora completamente definiti».
Contemporaneamente prosegui con la carriera musicale a nome Leo Fulcro. Hai di recente pubblicato un ep con Graphic Novel allegata. Come mai?
«Credo sia necessario, ma anche semplicemente bello, distinguere l’ascolto che ormai si fa in prevalenza sulle piattaforme digitali gratuite con un prodotto fisico da acquistare e che giustamente ha qualcosa in più. Le canzoni dell’ep “Boy on earth” sono quindi state corredate da quello che io definisco un “libro per ragazzi per adulti”, che si chiama “Il ragazzo che non sapeva stare al mondo” e pur ammiccando alla letteratura per ragazzi di fatti parla di tematiche più adulte, come la disoccupazione e la depressione. Così, la storia fa da controcanto ai brani dell’ep, dedicati agli stessi temi».
Vivi musica e recitazione in modo molto diverso?
«Sì, perché la musica la considero una cosa “mia” al 100%. Sono ancora autore e lavoro proprio dentro di me. Tra l’altro mi piace molto suonare dal vivo, l’ho fatto di recente anche a Ravenna, al Bronson. E non posso dire che recitare mi piaccia meno, anzi, mi fa proprio stare bene! Lo vivo come un modo per annullare me stesso e indossare panni altrui, è molto liberatorio da un certo punto di vista, almeno quanto è impegnativo».