Ravenna, le associazioni: "Andamento lento ma tiene l'occupazione"

Romagna | 28 Ottobre 2019 Economia
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L’economia, in Emilia-Romagna, frena.. Dopo avere interpellato, la scorsa settimana, i sindacati, che hanno espresso forti preoccupazioni per la tenuta di diversi settore e dell’occupazione, a parlare sono ora le associazioni.

Mario Mazzotti, presidente Legacoop Romagna: «Di natura sono un ottimista ma sul quadro economico lo sono un po’ meno. È vero, i bilanci semestrali infra-annuali del 2019 hanno risentito positivamente dell’onda lunga del 2018. Ma emergono elementi di sofferenza da non sottovalutare, elementi che davvero potranno impattare sulle prospettive per gli anni a venire. Parlo, prima di tutto, della combinazione Brexit-guerra dei dazi, che sul settore agroalimentare e in generale su quella parte di imprese votata all’export sta avendo effetti pesanti. Ma parlo anche del perdurare della stagnazione dei consumi interni, che impediscono all’economia di ripartire. Per non parlare della necessità di una stagione di investimenti pubblici sulle infrastrutture che farebbe da enorme volano per favorire la ripresa. Insomma, vedo luci e ombre che però non mi impediscono di pensare che chiuderemo il 2019 a segno più. Ottimismo che ritrovo anche guardando all’occupazione, che ha continuato a crescere nelle nostre cooperative, nonostante tutto. Anzi, a dirla tutta c’è uno scostamento tra domanda e offerta di lavoro, laddove alcuni segmenti di lavoro basso, come quelli dei turnisti, così come alcune posizioni di professioni qualificate, faticano a essere ricoperte».

Tiziano Samorè, segretario provinciale Confartigianato Ravenna: «L’andamento dei primi nove mesi del 2019 segna, purtroppo, una tendenza al ribasso per quanto riguarda le aziende manifatturiere. Rispetto al 2018, che si era sostanzialmente chiuso in positivo, quest’anno sta andando peggio, con un calo che possiamo quantificare, per i primi trimestri, intorno allo 0,4-0,5%. Cifre che si stanno riconfermando negli ultimi mesi dell’anno, che credo andremo a chiudere con una decrescita del fatturato delle imprese, così come della produzione. Resta una fiducia, sia da parte nostra che da parte delle aziende, nonostante l’andamento non proprio vivace. Certo, molto del futuro dipenderà anche dagli orientamenti che il Governo assumerà e che inciderà sulla volontà delle imprese di mettersi in gioco: molti investimenti, infatti, non si basano solo sulla disponibilità economica ma anche sulla possibilità di intravedere un futuro. Abbiamo un problema importante rispetto alla tassazione, che grava in modo pesante sui nostri imprenditori, molto penalizzati rispetto ad altri Paesi. Anche l’accesso al credito è un elemento molto discriminante, soprattutto perché si guarda alle piccole e medie aziende come le più a rischio di non riuscire a restituire i prestiti ottenuti, continuando quindi ad avere uno sguardo strabico che diventa penalizzante. Quello che ci consola, invece, è il fatto che la forza lavoro non ha risentito, finora, dell’andamento generale: l’occupazione tiene anche se non è facile fare previsioni per il futuro. L’economia in questo momento è simile alle montagne russe per la forte instabilità. A volte ci sono ordinativi che le aziende faticano ad assorbire, poi nei mesi successivi capita di avere agende che non riescono nemmeno a mantenere i livelli minimali».

Andrea Pazzi, direttore provinciale Confcooperative Ravenna: «Il Paese è ancora lento ma devo dire che, sul nostro territorio, le cose non stanno andando così male. In particolare, sono le aziende che lavorano per lo più sui mercati esteri ad avere più soddisfazioni. Altri settori, invece, stanno soffrendo. Penso in particolare a quello agricolo, in particolare dell’ortofrutta, dove ultimamente a produzioni non elevate si sono legati prezzi molto bassi e dove la cimice asiatica ha portato a un vero e proprio flagello per il quale non abbiamo soluzioni. Anche il settore delle costruzioni è ancora in forte crisi, con lievi segnali di ripresa per le cooperative che si stanno occupando di manutenzioni e ristrutturazioni e per quelle che lavorano con il privato. La parte delle cooperative sociali, al tempo stesso, sta tenendo: il bisogno cresce e indurrebbe a immaginare a un’espansione, anche se in realtà bisogna tenere i piedi per terra, perché un conto è avere l’accreditamento col servizio pubblico, un altro è offrire servizi a mercato e dipendere, quindi, dalle disponibilità economiche delle famiglie. Siamo ottimisti sul fronte dell’occupazione: anche se i numeri e le percentuali sono piccoli, la forza lavora in questi ultimi tempi è in leggero aumento e non ci preoccupa particolarmente: sappiamo che gli stipendi non sono alti e che molti contratti potrebbero essere migliori ma tengo a sottolineare che il 60% dei lavoratori, nelle nostre cooperative, è composto da donne. Un bel segnale».

Massimo Mazzavillani, direttore Cna Ravenna: «I primi nove mesi del 2019 hanno accentuato quello che si era già visto nel 2018, ovvero un rallentamento accompagnato da due ordini di difficoltà: la dimensione delle aziende e la difficoltà a posizionarsi su mercati più favorevoli. Dal nostro osservatorio, le imprese con meno di dieci addetti hanno più problemi rispetto a quelle più grandi. Problemi legati all’accesso al credito, alla tassazione, alla difficoltà di trovare nuovi mercati. Nelle nostre piccole imprese, un terzo vive un momento negativo. Sono numeri che devono far riflettere chi è deputato a mettere in campo politiche a sostegno dello sviluppo. A tutto questo va aggiunta la crescente presenza della burocrazia. È chiaro, ci sono settori che se la passano peggio, come l’edilizia, i trasporti e l’industria alimentare e altri che vano meglio come la meccanica, le installazioni e l’impiantistica. Ma in generale, non c’è da stare allegri. Quel che ci rincuora, in questo panorama, è il fatto che la diminuzione del numero di imprese e la spinta sempre crescente verso innovazione e ricerca non hanno comportato una riduzione dei livelli di occupazione. Il 2020 dipenderà molto, a livello generale, dalle politiche sui dazi, che purtroppo stanno generando un calo importante dell’export nel campo alimentare, così come, a livello locale, da quello che succederà su più fronti: il porto, l’oil&gas, la chimica, il turismo. Settori importantissimi per il territorio e capaci di generare un indotto importantissimo».
 
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