Ravenna, l'ex ispettore Iosa: "La maturità 2020 resterà un momento di passaggio"
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Barbara Gnisci
«In un’epoca in cui si celebrano meno comunioni e cresime, non si fa più l’esame di quinta elementare e nemmeno il militare, la maturità rimane uno dei pochi riti collettivi che l’uomo si trova ancora ad affrontare». Parla con ardore, della scuola e degli studenti, Raffaele Iosa, ex ispettore scolastico ravennate. Un orale in presenza con tesina o altro, la sostanza per lui non cambia: «Il Ministero si può inventare qualsiasi tipo di prova, ma non cambia il valore simbolico di quanto gli studenti stanno per affrontare. La modalità ha una valenza relativa, ciò che conta è quello che la maturità rappresenta: un passaggio con il quale si diventa grandi». Il discorso vale soprattutto in un momento particolare come questo: «Lo stato d’animo, le emozioni e la performance rimangono gli stessi per gli studenti dell’ultimo anno, niente di diverso di quanto hanno provato gli altri ragazzi negli anni passati. Il rientrare a scuola, poi, ha un forte valore simbolico che permette di conservare alcuni elementi importanti di questa esperienza formativa, come i compagni che aspettano fuori, mentre si è nella propria classe ad affrontare una prova così fondamentale». E l’esame di maturità, per Iosa, è anche un’occasione per riflettere sul fatto che gli altri studenti di ogni ordine e grado verranno promossi: «Penso che se lo meritino tutti. Siamo noi adulti ad avere dei debiti nei loro confronti. Abbiamo chiuso le scuole e li abbiamo rinchiusi in casa, proprio loro che erano quelli con il minor rischio di diffondere il contagio. E non solo, per due o tre mesi li abbiamo messi nella condizione di contare i morti, con ore e ore di programmi televisivi che parlavano solo di questo. Li abbiamo fatti vivere in un clima catastrofico. Sono scomparsi dal dibattito e ancora adesso non si sa bene che cosa sarà di loro a settembre. La Dad, che ho definito “didattica della vicinanza”, ha rappresentato l’unico modo per gli insegnanti di rimanere in contatto con i loro studenti ma nessuno strumento sostituirà mai la scuola in presenza. Il bisogno di tornare a scuola, tra i compagni e i docenti, è una necessità fisiologica».