Ravenna, in occasione della Biennale del mosaico i pareri di due esperti

Romagna | 08 Ottobre 2022 Cronaca
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Elena Nencini
Oltre cento artisti provenienti da venti differenti Paesi del mondo - dagli Stati Uniti al Giappone, dal Messico alla Cina – oltre che dall’Italia che espongono le loro opere in  60 spazi espositivi tra monumenti, musei, chiostri, gallerie. La Biennale del Mosaico che si apre sabato 8 ottobre e dura fino al 27 novembre quest’anno non solo ‘invade’ la città ma si espande anche a Bologna, Faenza, Mesola, Riccione.  l’Ocacsione per fare tornare in città anche il convegno dell’Associazione Internazionale Mosaicisti Contemporanei, che torna in Italia dopo 22 anni, ma a  questo si aggiungono anche conferenze, visite guidate, laboratori e iniziative pensate espressamente per i bambini. La settima edizione della Biennale di Mosaico Contemporaneo di Ravenna recupera l’edizione del 2021 sospesa a causa della pandemia e accompagna direttamente a quella del 2023. 
Tra tradizione antica e arte contemporanea, le mostre presenti mostreranno tutte le tendenze del mosaico contemporaneo e delle sue contaminazioni con altre arti, offrendo la possibilità di un confronto sulla vocazione artistica di Ravenna. 

I pareri di due esponenti della cultura di Ravenna sul temna del mosaico e della Biennale

Sabina Ghinassi (Co-curatrice della mostra «Lato Sensu» e presidente di Rete Almagià): «il mosaico non è morto, è assolutamente vivo»
«20 anni fa quando realizzammo la prima edizione del Premio internazionale Gaem l’unione tra mosaico e altre arti era ancora una pratica ececzionale, oggi, alla luce di quello che sto vedendo con questa biennale, mi accorgo invece che la contaminazione con le altre arti ormai è metabolizzata. L’indicazione di Gaem ha dato una vera ‘libertà’ al mosaico. Credo che questa Biennale renda una mappatura internazionale di quello che si fa ‘sul’ mosaico e ‘con’ il mosaico nel mondo; dimostra una vitalità eccezionale basta guardare gli artisti intervenuti. Il mosaico oggi è una tecnica molto ‘viva’ in relazione con le altre discipline, con intrecci di linguaggi e l’incontro con altri indirizzi, performance, musica, video, elettronica. Cose molto diverse. Alcuni artisti privilegiano la tessera come tipo di costruzione mentre altri privilegiano altri aspetti del mosaico. Io credo che non è importante la tecnica con cui un’opera è stata realizzata, ma la qualità finale. Questa Biennale dimostra cosa vuole fare il mosaico, dove è arrivato, quali sono i processi critici che si muovono intorno a questa tecnica: un artista può scegliere di valorizzare le proprie radici oppure di distruggerle, entrambe le scelte sono valide. Il mosaico può avere valenze straordinarie: oltre a quelle estetiche, può avere valenze nel mondo del design, dell’urbanistica, dell’architettura, a cui si aprono nuove possibilità.Il rimpianto è che non ci sia più la scuola del restauro del mosaico, era luogo molto interessante, come non c’è più l’istituto d’arte per il mosaico. E’ un peccato averle perse, ma lresta una formazione artistica di grande livello con l’Accademia di Belle Arti  con studenti da tutto il mondo eun liceo artistico dove i ragazzi lavorano molto bene. D’altra parte Ravenan è una città con tante sfumature e sfaccettature alcune veramente straordinarie, come il teatro e tante altre realtà culturali. è una città che ha tessitura molto varia, con una  molteplicità di direzioni. Per la Biennale del prossimo anno mi auguro che ritorni il Gaem, anche perchè, data la fretta con cui si è organizzata la manifestaione a causa della pandeia, molti artisti non sono riusciti a partecipare. Credo che quest’anno ci sia stata una partecipazione strordinaria e spero che ci sia lo stesso slancio vitale di quest’anno, che le iniziative realizzate riscuotano grande successo tra le persone che ne usufruiscano, mi auguro che il Mar continui con  mostre come «Prodigy kid» e che la riorganizzazione delle opere del mosaico contempooraneo diventi una vera e propria attrazione turistica».


Tramonti (Illustratore e grafico): «L’Accademia deve tornare in centro»
«Trovo attualmente un panorama abbastanza desolante per quanto riguarda il mosaico: non conosco esattamente le cifre ma penso che venga investito molto poco per quanto riguarda questa Biennale, diamo più soldi ad altre realtà non sempre di livello. Nonostante la presenza di alcune aziende che producono mosaico a livello industriale, come la Sicis, o di artisti che hanno successo a livello internazionale, il mosaico a Ravenna non riesca a generare un tessuto culturale ed economico. Al di là di certe realtà il mosaico non genera quell’economia e occupazione che ci si sarebbe aspettati. L’errore clamoroso è stato, secondo me, di togliere l’Accademia di Belle Arti dalla Loggetta Lombardesca: fu il colpo di grazia a tutto a quel mondo dell’arte, del mosaico, della grafica, della pittura che girava a Ravenna. Sarebbe come mettere l’Accademia di Brera a Sesto San Giovanni. Il mosaico non può vivere da solo, isolato con attorno il nulla, ci deve essere un tessuto di arti, di attività - che prima c’era ma che è stato completamente smantellato - , per cui si genererebbero delle osmosi tra le varie discipline artistiche. Vedo che tutto è parcellizzato, del resto anche la Biennale del mosaico è una sorta di pulviscolo in città non c’è un luogo di riferimento. E’ tutto molto dispersivo. Il mosaico avrebbe dovuto generare un tessuto economico come la ceramica a Faenza.
Mi pare che si arrivi in ritardo: il mosaico dovrebbe essere già da tempo identitario per la città, ma manca un collegamento culturale, storico con Ravenna e con gli artisti: perché, per esempio, il mosaico non si occupa per niente del nostro grande incisore Giuseppe Maestri?. C’è uno scollamento tra la città e i suoi mosaici, con una tendenza a trasformare la cultura in una sorta di luna park: come le proiezioni di Bernabini. Sarebbe necessario far tornare l’Accademia dove stava prima in maniera che diventasse un centro di riferimento per le arti e per il mosaico. 
Se il mosaico è considerata arte applicata- anche se ai mosaicisti non piace questa parola - perchè non c’è un edificio, un’architettura connessa a questa tecnica? Continuo a pensare che manchi un edificio di riferimento: a Ravenna non vedo un dialogo con l’edilizia, l’architettura, non esiste, non è contemplato. Sarebbe importante che si stabilisse un dialogo e prevedere la realizzazione di un mosaico su uno o più edifici». 

 
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