Ravenna, in mostra «Tina Modotti, bellezza del reale»

Romagna | 17 Dicembre 2021 Cultura
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Elena Nencini
Inaugura venerdì 17, alle 17.30, la mostra «Umano fervore» a cura di Silvia Camporesi e del comitato Tina Modotti a palazzo Rasponi 2 a Ravenna. Sarà l’occasione per conoscere, attraverso 46 immagini, una delle protagoniste della grande avventura della fotografia del primo Novecento. L’opening sarà accompagnato dal reading dell’attrice Elena Bucci, impegnata in una selezione di scritti di e su Tina Modotti. La fotografa è stata in grado di affermare un’identità profonda, connessa ad alcuni dei momenti più drammatici della storia del secolo scorso: la Rivoluzione Messicana, la Guerra di Spagna, la Russia di Stalin, l’Europa su cui si proiettava l’ombra nera della Seconda Guerra Mondiale.
La curatrice Silvia Camporesi racconta così l’importanza di Tina Modotti: «È su di lei la mostra che quest’anno Camera Work dedica a un artista storicizzato. Un evento che abbiamo fortemente voluto e che era stato rimandato a causa del Covid».
Cosa vedremo?
«46 immagini scattate da Tina Modotti, più una fotografia di Edward Weston. 46 immagini, casualmente il numero degli anni a cui è morta la Modotti, che ripercorrono il suo impegno nella fotografia. Tina Modotti ha dedicato solo 7 anni alla fotografia, dal 1923 al 1930. All’inizio era influenzata dalla street photography, cioè la fotografia diretta, grazie alla vicinanza con Weston; poi, in un secondo momento si è dedicata al sociale, realizzando quasi una ricerca etnografica sulle persone più povere, mostrando una vicinanza alle classi sociali più fragili che la portarono a diventare una donna molto impegnata, nella politica e nel sociale. Tanto che a un certo punto decise di abbandonare la fotografia, proprio per dedicarsi a queste attività».
Che allestimento avete creato?
«Siamo partiti da una foto che le fece Weston, che apre la mostra nella stessa posizione che aveva a Città del Messico, nel 1929 alla sua unica personale.  A livello storico si parte dalle famose calle ai cactus, alle rose del 1923, quando il Paese si è appena affrancato dalla dittatura: Tina sottolinea la bellezza del reale grazie alla sua nitidezza. Poi, piano piano, porta la bellezza del fotografico nel piano sociale e realizza immagini di persone povere, mantenendo inalterata la sua composizione, ma cambia il soggetto. Realizza nature morte politiche: con pochi elementi propone tematiche importanti. Sono sineddoche, una parte per il tutto: Falce e martello o Chitarra, falce e cartuccera alludono a rivoluzione, popolo, vicinanza. Nel 1929 non riesce più a fotografare e si stacca dalla fotografia. Sceglie non solo di rappresentare la vita, ma di vivere la realtà».
Una particolarità?
«Sono le immagini più vicine agli originali che esistano. Sono state stampate 20 anni dopo la sua morte da Vittorio Vidali, che era suo amico e la conosceva bene. Potremmo dire che sono immagini vintage, non ‘new print’».
«Tina Modotti - Umano fervore». Visitabile fino al 20 febbraio, da martedì a domenica ore 10-13 e 15-19.
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