Ravenna, il regista Micciché racconta la docufiction su Raul Gardini

Romagna | 21 Luglio 2023 Cultura
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Federico Savini
«È chiaro a tutti che nella storia di Raul Gardini, e specialmente per com’è finita, ci sono aspetti controversi. Ma quello che mi è sempre parso incredibile, e non lo penso solo io, è che di una figura così importante per l’Italia non si fossero mai occupate il cinema e la televisione. Era davvero necessario, quindi, lavorare a questo film». Francesco Micciché è il regista della docufiction Raul Gardini, coprodotta da Rai Fiction e Aurora Tv con il sostegno della Regione Emilia-Romagna attraverso l’Emilia-Romagna Film Commission.
Il film andrà in onda su Rai 1 domenica 23 alle 21.25 su Rai 1, con Fabrizio Bentivoglio nei panni del protagonista, in occasione del trentennale della morte dell’imprenditore. Il film sarà proiettato anche a Ravenna, al teatro Alighieri (vedi box), con l’intervento di autori e attori. «In questa città è giusto presentare il film - spiega il regista Francesco Micciché – sia per l’importanza di Gardini per Ravenna che per la grande disponibilità in particolare dei figli di Raul».
Siete stati particolarmente attenti ai luoghi reali della vita di Gardini.
«Sì, abbiamo girato molto a Ravenna. Ci è stata messa a disposizione La Monaldina, la tenuta di campagna dove Raul ha trasferito i suoi uffici dopo il divorzio con i Ferruzzi e dove ancora oggi sono conservati molti dei suoi arredi. Abbiamo poi avuto l’opportunità di girare sul Moro 2, in mare aperto e al circolo velico del porto di Marina di Ravenna. Altre scene sono state girate al Mausoleo di Teodorico e nella basiliche di San Vitale e Galla Placidia. Ma anche vestiti e oggetti, come la penna con cui Idina Gardini-Ferruzzi firmò il miliardario divorzio con i suoi fratelli, sono originali».
Si tratta di una docufiction. In quale proporzione sarà un documentario e in quale un film?
«Il film è intorno al 60%, con un 20% di immagini di repertorio e un altro 20% di interviste. Lavoro con questo metodo dal 2016, a partire da una docufiction su Libero Grassi. Nel caso di Gardini è stata determinante la bravura di Bentivoglio e posso garantire che i passaggi dalla fiction alle sezioni documentaristiche sono particolarmente credibili e fluidi, è la difficoltà maggiore di queste operazioni».
Cosa le interessava del lato umano di Gardini? So che anche a Bentivoglio era ansioso di interpretarlo.
«A Fabrizio venne già chiesto 15 anni fa, dal produttore Pietro Valsecchi, poi il progetto saltò. Glielo ho chiesto nuovamente circa tre anni fa ed è stato entusiasta della proposta. Tra l’altro è la sua prima docufiction, quindi un bell’atto di fiducia nei miei confronti. Bentivoglio non imita Gardini, lo interpreta, dà la sua versione del personaggio, con grande forza ed energia. Di Gardini mi interessa da sempre l’importanza, oggettiva, per la Storia italiana e il fatto che sia stato archiviato così in fretta. Ovviamente comprendo bene gli aspetti drammatici della sua vicenda, ma non meritava di essere dimenticato».
Il personaggio interpretato da Pilar Fogliati, una giornalista che intervista Gardini, è inventato. Era necessario trovargli un contraltare?
«Proprio così, ci ha permesso di metterlo di fronte a domande scomode; l’alternativa sarebbe stata un film edulcorato. Il personaggio di Pilar ha stimolato molto la scrittura della docufiction, imperniata su questa lunga intervista a Gardini. Il focus maggiore della narrazione è sul Moro di Venezia, sulla capacità visionaria di Gardini, che riuscì quasi a prendere la Coppa America agli americani. Non ce la fece, tecnicamente è tornato in patria da perdente, ma avendo dato tutto, facendo sognare e appassionare gli italiani. Questa non è una sconfitta».
Il lascito di Raul Gardini è ancora rilevabile nella società di oggi?
«È stato un imprenditore all’avanguardia, in particolare su temi come lo sviluppo tecnologico sostenibile, il bioetanolo e l’indipendenza energetica dell’Europa. Tutte cose estremamente attuali. Non gli fu concesso di concretizzare queste visioni e teorie, ma i problemi di cui si occupò oggi li vediamo bene, quindi la sua eredità è nel suo pensiero, nelle idee che elaborò con grande anticipo. Al di là di come si è conclusa la sua storia personale, oggi dovremmo domandarci perché non è stato fatto quello che lui prospettava trent’anni fa».
 
 
 
LE PRIME ALTRE DEL TRENTENNALE
«Siamo felici - dichiarano Eleonora, Maria Speranza e Ivan Gardini, i figli di Raul - di condividere con la città uno dei progetti che abbiamo seguito per questo trentennale della morte di nostro padre». Proprio legata al film sarà la visione pubblica ravennate della docufiction, con il teatro Alighieri aperto al pubblico dalle 21 nella serata di domenica 23 (prenotazione posti ai numeri 0544/249244). Prima della proiezione saliranno sul palco gli interpreti protagonisti Fabrizio Bentivoglio, Pilar Fogliati ed Helene Nardini, il regista Francesco Micciché, lo sceneggiatore Giovanni Filippetto e il produttore Giannandrea Pecorelli, con la moderazione di Elena Stancanelli, autrice del libro Il tuffatore, su Raul Gardini.
«Il 29 agosto – proseguono i figli di Gardini – sarà inaugurata una splendida mostra fotografica di Carlo Borlenghi sul Moro di Venezia a Palazzo Rasponi. Anche la mostra su Burri al Mar di ottobre sarà legata a nostro padre e il trentennale sarà chiuso dalla presentazione di un ciclo decennale di borse di studio in memoria di Raul, che la fondazione Gardini stanzierà per premiare tesi di laurea magistrale di particolare valore nel campus di Ravenna sul tema Bioeconomy and Healthy planet».
 
 
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