Ravenna, il primario di Riaminazione: "Ora c'è tanta stanchezza"

Romagna | 06 Giugno 2020 Cronaca
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Silvia Manzani
«Non possiamo chiamarla normalità. Anche se non ho pazienti Covid ricoverati, la situazione non è certo la stessa di prima». Maurizio Fusari, primario di Anestesia e Rianimazione negli ospedali di Ravenna, Faenza e Lugo, è riuscito dopo oltre tre mesi a passare una giornata in spiaggia: «Il primo bagno in mare è stato catartico dopo tanto stress, ciò non significa che ci siamo rilassati: l’apertura delle frontiere deve farci stare in guardia, senza contare che a dispetto di alcuni proclami sul fatto che il Coronavirus, dal punto di vista clinico, non esista più, l’epidemiologia resta una scienza. Paradossalmente, ora è quasi più faticoso rispetto al periodo dell’emergenza: per dirla con una metafora, se prima eravamo in trincea con le baionette e rispondevamo l’assalto, adesso dobbiamo andare all’assalto non sapendo dov’è il nemico. Non siamo a zero contagi, dunque non è finita». Nei suoi collaboratori, intanto, Fusari vede parecchia stanchezza psicologica: «A di là che siamo sotto organico, tra i tre ospedali, di almeno otto anestesisti, il mio personale non ha sofferto per via dei turni di questi mesi, che bene o male sono stati regolari. Il punto è che i miei operatori non hanno mai staccato con la testa, senza contare che finire di lavorare significava comunque dover rispettare, anche nella vita privata, limitazioni e distanziamento sociale, dunque non avere valvole di sfogo e possibilità di recupero. Se gli anni precedenti, d’estate, dover organizzare le ferie, che sono obbligatorie per due settimane consecutive, era una sorta di guerra civile, quest’anno c’è talmente tanta stanchezza che tutti si sono adattati, anche perché non sanno bene dove e come potranno andare in vacanza». Dall’esperienza Covid, nonostante tutto, Fusari ha imparato una cosa: «Da soli non si va da nessuna parte, bisogna sempre lavorare con i colleghi delle altre discipline. D’altro canto, questa nuova situazione ci ha mostrato tutto il fascino delle cose piccole e vicine, dell’aria che torna a essere più respirabile, delle persone a cui si vuole bene. E ci ha fatto apprendere il dono della modestia: noi non siamo eroi, come spesso ci hanno descritto, questa narrazione non mi appartiene». Fusari è stato molto colpito dalla generosità dei ravennati: «Gestire le donazioni non è stato facile: dalla grande impresa al singolo pensionato, la gente ci è stata davvero molto vicina».
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