Ravenna, il «Paradiso» delle Albe dalla prospettiva dei volontari e della non-scuola

Romagna | 24 Giugno 2022 Cultura
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Federico Savini
«La parola giusta è “semina”. Quello che da trent’anni fa il Teatro delle Albe, a Ravenna, attraverso la non-scuola, le chiamate pubbliche e altre iniziative, è proprio coinvolgere la città nelle attività teatrali. Lo spirito che ha sempre guidato Marco ed Ermanna è quello di andare a cercare la comunità, di mettere radici all’interno della Polis, coltivando non solo attori, ma soprattutto spettatori consapevoli». La prospettiva dalla quale Laura Redaelli guarda all’imminente allestimento del Paradiso del Teatro delle Albe è una delle più intriganti in assoluto, se si vuol cercare di comprendere quanto unica e importante sia l’operazione che dal 2017 sta portando avanti la compagnia teatrale insieme al Ravenna Festival, pronto a presentare al pubblico l’atto finale della trilogia dantesca venerdì 24 giugno, alle 20 ai Giardini Pubblici di Ravenna, davanti alla Loggetta Lombardesca, dove il Paradiso di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari sarà replicato ogni sera (lunedì esclusi) fino all’8 luglio.
Ma legare quest’opera solo ai nomi degli autori e a quello del Poeta - per quanto grandi e addirittura imponenti nel caso di Dante -, sarebbe fare torto alla dimensione corale e assolutamente «cittadina» del progetto partito con il successo strepitoso di Inferno nel 2017, proseguito poi con Purgatorio per culminare oggi nel Paradiso dantesco, secondo  un’idea «corale» del teatro, a metà fra sacra rappresentazione medievale e teatro di massa di Majakovskij, che è tipica delle Albe. Che si tratterà di uno spettacolo più «statico» rispetto ai precedenti allestimenti ce lo rivelava Ermanna Montanari qualche settimana fa (lo stesso Dante, del Paradiso è essenzialmente «spettatore»), ma anche per quest’ultimo atto della trilogia - forte delle musiche di Luigi Ceccarelli e delle luci di Fabio Sajiz - la compagnia ha proceduto a una «chiamata pubblica» che ha coinvolto circa 600 cittadini. Ed è qui che entra in gioco Laura Redaelli, coordinatrice dei gruppi di volontari. «Lo spirito della chiamata pubblica è proprio quello di coinvolgere i cittadini in un’opera - spiega Laura -. A fine aprile è partita la chiamata per il Paradiso, con la quale abbiamo voluto recuperare lo spirito d’iniziativa pre-pandemico. Nei primi incontri, Marco ed Ermanna hanno spiegato ai volontari che spettacolo avevano in mente. Da subito si è capito che la partecipazione sarebbe stata alta».
Anche perché la chiamata non è un’azione singola, ma avete lavorato su vari fronti…
«Sì, ad esempio c’è stata una chiamata specifica all’interno della non-scuola, della quale mi occupo in prima persona da alcuni anni, in pratica dal progetto a Nairobi del 2018. Il Paradiso è popolato da giovani e bambini, quindi come e più che nel Purgatorio ne occorrevano molti per lo spettacolo. Per la gran parte arrivano proprio dalla non-scuola. Ad esempio una parte dello spettacolo è occupata da una poesia di Emily Dickinson, che viene recitata da una bambina e da un’adolescente, che cambieranno ogni sera. Il gioco della ripetizione è un tratto essenziale di questo spettacolo, trasforma le ragazze in corifee che si portano dietro cittadini di ogni età, protagonisti in scena insieme a loro. C’è anche un coro maschile di soldati, con tanti adolescenti che arrivano proprio dalla non-scuola».
Rimanendo sulla non-scuola, è possibile quantificare quanti ragazzi che la frequentano poi si orientano verso il teatro come scelta di vita?
«Una stima numerica credo sia impossibile farla, ma bisogna tener conto che la non-scuola solo a Ravenna coinvolge praticamente tutte le scuole superiori della città e alcune medie, con un percorso di mesi che sfocia nelle rappresentazioni primaverili al Rasi. E poi Marco Martinelli l’ha “esportata” con successo in tante città d’Italia e anche all’estero. Il mio ruolo di coordinatrice del progetto è assolutamente nazionale e posso dire che non solo fra gli attori delle Albe molti arrivano proprio dalla non-scuola, ma tantissimi tecnici di scena comprendono la propria vocazione proprio da quell’esperienza, per non parlare degli spettatori, che prendono confidenza col teatro da ragazzi e diventano critici attentissimi e abbonati delle stagioni del Rasi e dell’Alighieri. È un’esperienza che percorre le arterie della comunità a ogni livello».
Come si organizza la partecipazione dei volontari al Paradiso?
«Dopo i primi incontri, i volontari si sono iscritti via mail comunicando le proprie disponibilità e scegliendo, successivamente, a quale “coro” partecipare. Sono tutti diversi, alcuni più legati al corpo, altri più allo sviluppo delle potenzialità della voce, altri ancora più classicamente drammaturgici. Ogni gruppo ha una “guida”, così chiamata perché coerentemente a quanto si fa nella non-scuola non parliamo di “regia”, e alla fine tutto si amalgama con Marco ed Ermanna. La vera magia di questo progetto in tre opere è che si tratta di un percorso, che un numero alto e sorprendente di persone ha seguito dall’inizio alla fine, dando disponibilità anche per tutte le repliche. Parliamo di almeno 200 persone coinvolte in scena ogni sera, e spesso con contributi da altre città in cui le Albe lavorano: parlo di Milano, Roma, Fidenza, Marsciano, anche Noto. Decine di persone che arrivano da lontano non per assistere a uno spettacolo, ma per prendervi parte!».
Cosa lascia quest’esperienza?
«Ciascuno avrà la sua risposta, ma considerando l’altissimo numero di chi ritorna ad ogni rappresentazione e quello che proprio si vede in scena, direi che chi partecipa matura una consapevolezza che poi diventa importante nella vita, anche al di fuori del teatro. Non dimentichiamo che stiamo parlando di un allestimento di grande livello, con la drammaturgia di Marco ed Ermanna, che ha certamente una verticalità. Ma è anche un genere di teatro che affonda le radici nella comunità e vuole portarla con sé».
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