Ravenna, il coordinatore delle Usca: "Più facile la fase di primavera"
Silvia Manzani
«Alla prima ondata il Covid lo sentivamo più lontano, ora invece il cerchio si stringe, è difficile non conoscere qualcuno che lo abbia preso». Erion Fejza, 32 anni, è il medico che coordina, in provincia di Ravenna, le Usca, le Unità speciali di continuità assistenziale che raggiungono le persone a domicilio per le visite in presenza di sintomi sospetti, perché hanno familiari positivi o perché è già stata riscontrata una positività: «Prima lavoravo nella continuità assistenziale, impegno che porto in parte avanti tutt’ora, e nell’emergenza territoriale. La mia vita personale non è cambiata molto, vivo con la mia fidanzata e non è stato necessario, come per chi ha figli o vive con altri familiari, prendere stanze o case in affitto. Certo, il lavoro è molto diverso, si è passati dalla grande paura dei mesi primaverili all’affinare conoscenze e abilità fino all’attuale buio di adesso: le chiamate e quindi gli accessi domiciliari sono triplicati, la fatica è tanta e lo stress pure, anche se continuiamo a credere nel valore della nostra attività. Le persone in isolamento, che sentono il medico curante solo per telefono, hanno bisogno di un contatto umano, di qualcuno che le guardi in faccia e le conforti, perché il più delle volte si sentono abbandonate a loro stesse». Pesano, nella quotidianità, anche il timore di essersi contagiati ogni volta che si ripete un tampone, così come le operazioni di vestizione che si effettuano prima di entrare a casa della gente: «Adesso che è autunno quella parte impatta meno, mentre in primavera ed estate è stata molto impegnativa». Resta, per il medico, la fiducia che le cose possano presto volgere al meglio: «Io spero davvero che entro la fine dicembre ci possa essere una flessione nei contagi. Sono ottimista e vedo, nella pratica, quanto è migliorato nella gestione della malattia, non tanto sul piano terapeutico ma nella capacità di riconoscere prima le situazioni che rischiano di aggravarsi. Anche a livello organizzativo, siamo ormai rodati. Noi siamo un gruppo di 21 medici in stretto collegamento con altre parti del sistema, dal 118 all’Igiene pubblica. Si lavora insieme nella consapevolezza che ognuno debba fare la propria parte».