Ravenna, i trent’anni di Fanny & Alexander raccontati da Chiara Lagani

Romagna | 17 Luglio 2022 Cultura
ravenna-i-trentanni-di-fanny-and-alexander-raccontati-da-chiara-lagani
Federico Savini
«Fanny e Alexander non siamo io e Luigi De Angelis, e soprattutto non siamo semplicemente in due. Siamo il 2 della seconda potenza, un esponente, un simbolo di moltiplicazione: delle persone, delle arti e delle prospettive». Non è una lucidità comune quella che si rileva dalle parole di Chiara Lagani, pilastro fondativo della compagnia teatrale ravennate Fanny & Alexander, insieme a Luigi De Angelis con il quale nacque proprio trent’anni fa un sodalizio fra i più importanti della scena culturale ravennate, e che però per vocazione e naturale senso dell’espansione non ha mai smesso di allargarsi, incorporando al duo dei fondatori dapprima Marco Cavalcoli (dal 1997) e poi Marco Molduzzi (dal 2002). Sono giorni molto intesi per la compagnia, che ha portato per la prima volta a Ravenna lo spettacolo multimediale The Garden (all’Almagià) e in prima assoluta all’Alighieri Addio fantasmi, anche perché il 2022 per Fanny & Alexander è l’anno del trentennale, già presentato in Regione e pieno di eventi anche nei prossimi mesi . «The Garden era già stato rappresentato a Roma e all’estero - spiega Chiara Lagani -, ma per Ravenna era un debutto, mentre Addio fantasmi è proprio una prima assoluta. Per noi era importate portarli in scena nell’arco di pochi giorni nella nostra città, anche perché simboleggiano le nostre vocazioni per il teatro musicale e per quello di prosa. Due linee intrecciate della nostra poetica che era giusto evidenziare per questo trentennale».
Nel 1992 eravate giovanissimi. Come nacque la compagnia?
«Luigi ed io ci conoscemmo al liceo, avevamo letteralmente 16 anni quando siamo partiti, con i primi spettacoli organizzati prima ancora del diploma. A quel tempo eravamo semplicemente Luigi e Chiara, poi ci fecero notare che un nome per la compagnia era necessario, ma non è mai una scelta facile: un nome ti inchioda ad un destino. Così, abbiamo optato per una scelta d’amore. Per Ingmar Bergman, naturalmente, anche per il fatto che i Fanny & Alexander del film sono bambini, dunque un ‘duo generativo’. Fin da quando eravamo solo in due abbiamo sempre puntato alla coralità, che insieme alla plurivocazione è la chiave del nostro lavoro».
La Romagna vi ha accolto bene?
«Direi di sì, credo si possa proprio dire che è stata una fortuna nascere qui. Il nostro nome cominciò a girare abbastanza presto, grazie soprattutto alla rassegna Teatri 90 organizzata da Antonio Calbi, che ebbe successo e portò all’emersione di altri gruppi della ‘Romagna Felix’ di allora, come Motus, Teatro Clandestino e altri ancora. La cosa diede visibilità a tutti quanti e subito le relazioni fra di noi furono proficue. La Romagna ha una tradizione teatrale notevole e già a livello formativo è stata determinante la relazione con la generazione prima di noi: il Teatro delle Albe ci ha sostenuto da subito, sono proprio stati nostri ‘alleati’ e ci hanno permesso di andare in tournée con l’Ippolito, un’esperienza del tutto nuova per noi. E poi avevamo a due passi realtà come i Valdoca, Raffaello Sanzio, per non parlare del Festival di Santarcangelo, una vera manna dal cielo. L’Emilia-Romagna è una regione virtuosa dal punto di vista culturale, sa riconoscere i talenti, anche se il quadro generale a livello nazionale sta peggiorando. Per noi continuare a fare teatro alla nostra maniera è anche una forma di resistenza e lavoriamo molto sul territorio, attraverso rassegne, progetti e percorsi laboratoriali. Anche il pubblico alimenta da sempre il nostro immaginario, il dialogo con la città è assolutamente interculturale. Lo ha dimostrato bene anche il percorso di candidatura a Capitale Europea della Cultura: c’è una solida rete di artisti e viene gestito con intelligenza anche un problema un po’ paradossale come la “crisi da crescita”, perché a Ravenna le realtà culturali meritevoli sono molte».
Il vostro lavoro è caratterizzato da percorsi progettuali lunghi, su Lewis Carroll, Elena Ferrante o anche i «Discorsi» su singolo e comunità, con un approccio che è sempre multidisciplinare e multimediale. Esiste un metodo-Fanny?
«Luigi ed io siamo mossi dalla curiosità, essenzialmente. Capita, quindi, di innamorarsi di un testo, di un autore o di un tema e questa struggente relazione è ciò che portiamo in scena, che si tratti del Mago di Oz, dell’Amica Geniale o dell’Ada di Nabokov. Sono opere complesse, sollevano tante domande e non si possono esaurire con un singolo spettacolo. Quindi il campo di ricerca si amplia a libri, installazioni, laboratori; io ho anche intrapreso un percorso sulla traduzione e lavorato di recente alla graphic novel dell’Amica Geniale con Mara Cerri. Ogni approccio ti dà la possibilità di interrogare un’opera in modo nuovo. Consideriamo le forme come leve per spingere ciò che amiamo in diverse direzioni. Mi piace che questo metodo, questa voglia di approfondire, contrasti in modo naturale la voracità del consumismo di oggi. Le grandi opere vanno attraversate con calma».
L’interesse per la musica nel vostro caso è particolarmente marcato…
«Luigi De Angelis è regista ma anche musicista, ha sempre composto le musiche dei nostri spettacoli e anche di quelli di altri, collaborando con altri compositori. Il suo modo di pensare la regia è musicale. Un progetto squisitamente musicale, indirizzato ai giovani e all’Almagià, come il Club Adriatico è poi un’invenzione di Marco Molduzzi, che ha portato qui nomi internazionali della scena elettronica».
Il segreto della longevità artistica?
«Credo sia essere una bottega, non un duo. Coltiviamo più vocazioni, senza fossilizzarci su una sola forma d’arte. Per noi è sempre stato prioritario che il desiderio di ciascuno di noi si armonizzare con la poetica collettiva del gruppo. Se si rompe questo equilibrio qualcosa fatalmente muore a livello creativo. È una cosa a cui siamo attentissimi».
La coop. E, che vi vede insieme ai Menoventi, compie dieci anni. È figlia di questo spirito?
«Assolutamente, oltre che di esigenze pratiche e logistiche. Passare da compagnia a rete di compagnie permette di ottimizzare le risorse, mantenendo però intatte le identità e le firme artistiche, che è fondamentale. La forma cooperativa, poi, ha una storia gloriosa nella nostra regione».
Compila questo modulo per scrivere un commento
Nome:
Commento:
Settesere Community
Abbonati on-line
al settimanale Setteserequi!

SCOPRI COME
Scarica la nostra App!
Scarica la nostra APP
Follow Us
Facebook
Instagram
Youtube
Appuntamenti
Buon Appetito
Progetto intimo
FuoriClasse
Centenari
Mappamondo
Lab 25
Fata Storia
Blog Settesere
Logo Settesere
Facebook  Twitter   Youtube
Redazione di Faenza

Via Severoli, 16 A
Tel. +39 0546/20535
E-mail: direttore@settesere.it
Privacy & Cookie Policy - Preferenze Cookie
Redazione di Ravenna

via Arcivescovo Gerberto 17
Tel 0544/1880790
E-mail direttore@settesere.it

Pubblicità

Per la pubblicità su SettesereQui e Settesere.it potete rivolgervi a: Media Romagna
Ravenna - tel. 0544/1880790
Faenza - tel. 0546/20535
E-mail: pubblicita@settesere.it

Credits TITANKA! Spa
Setteserequi è una testata registrata presso il Tribunale di Ravenna al n.457 del 03/10/1964 - Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione:
23201- Direttore responsabile Manuel Poletti - Editore “Media Romagna” cooperativa di giornalisti con sede a Ravenna, Arcivescovo Gerberto 17.
La testata fruisce dei contributi diretti editoria L. 198/2016 e d.lgs. 70/2017 (ex L. 250/90).
Contributi incassati

settesere it notizie-romagna-ravenna-i-trentanni-di-fanny-and-alexander-raccontati-da-chiara-lagani-n34709 005
Licenza contenuti Tutti i contenuti del sito sono disponibili in licenza Creative Commons Attribuzione