Ravenna, i Corti da Sogni e il progetto scolastico di Edo Tagliavini

Romagna | 16 Aprile 2024 Cultura
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«I social network e gli smartphone hanno reso le nuove generazioni molto scafate, mediamente, nella creazione dei video, vedi anche solo come usano TikTok e le sue possibilità. Quello che però manca è la cultura cinematografica, una base di conoscenza e riflessione su come l’immagine in movimento diventa arte e narrazione. Considerando che tutta la comunicazione sta evolvendo verso la manipolazione delle immagini in sequenza, credo che questa materia andrebbe proprio insegnata a scuola». Parla a ragion veduta Edo Tagliavini, regista ravennate che da anni lavora anche sul fronte dell’insegnamento delle tecniche cinematografiche, tanto per enti formativi quanto per il festival Corti da Sogni, che ha da anni come grande peculiarità quella di dare attenzione al mondo della scuola, coinvolto tra i giurati di alcune sezioni del concorso ma anche in progetti come quello che proprio Edo Tagliavini ha realizzato quest’anno con la quarta e la quinta H del liceo artistico di Ravenna. «Facemmo già qualcosa di simile con l’Itis, prima della pandemia - racconta Tagliavini - e il cortometraggio che realizzammo coi ragazzi ha anche partecipato a concorsi e vinto un premio in Brasile. Con la Guido Novello intercettammo anche un bando per un laboratorio stabile di linguaggio cinematografico, che poi purtroppo non si è concretizzato».
Come avete lavorato al liceo?
«Il laboratorio intensivo di regia è partito da un ‘ripasso’ teorico del linguaggio cinematografico in una manciata di lezioni per 10 ore totali, un sunto di quel che faccio nei corsi formativi per adulti. In particolare abbiamo lavorato sulla combinazione di tecniche, ad esempio il flashback e il piano sequenza, ad esempio attraverso una sequenza di The Wolf of Wall Street in cui Leonardo Di Caprio vive un evento sia in chiave oggettiva che soggettiva. Approfondire questi aspetti serve ai ragazzi per capire le potenzialità del racconto per immagini».
Al festival proietterete anche un corto. Come l’avete realizzato?
«Abbiamo sviluppato l’idea con un incontro e girato le scene in due mattine. Un tempo comunque ristretto per cui io ho presentato loro una struttura narrativa, una specie di ‘matrioska’ di brevissimi corti uno dentro l’altro, e loro hanno avuto l’idea di raccontare, in modo ironico e surreale, le ansie scolastiche. Durante le riprese ho trovato un ruolo a tutti, quindi attori, cameramen, microfonisti e quant’altro. Il montaggio l’ho curato io e il film sarà pronto per la proiezione mercoledì 17 al Rasi».
Oggi è più facile che in passato lavorare nel cinema?
«È più facile accedere ai mezzi, visto che può bastare uno smartphone, e anche a promozione e distribuzione, con i social network e le piattaforme. Ma c’è anche tanta concorrenza e vedo che, in generale, il comparto del cinema indipendente soffre ed è anche meno sostenuto che in passato, e pure le sale registrano ancora un 30% di spettatori in meno rispetto al periodo pre-pandemico. Quindi ci sono opportunità che un tempo mancavano, ma il salto al professionismo vero è molto difficile e pieno di ostacoli».
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