Ravenna, Giovanni Vernia protagonista sul palco in piazza del Popolo
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Elena Nencini
Nei panni del discotecaro Jonny Groove, con i suoi pantaloni muccati e il suo ritornello «Essiamonoi», ha fatto ridere il pubblico di Zelig, portando sul palco anche personaggi come Gianluca Vacchi, Mika, Fedez, Pif, Fabrizio Corona, ma adesso Giovanni Vernia sarà sul palco della Notte d’Oro, sabato 14 a Ravenna, in piazza del Popolo alle 21. Non troveremo solo Jonny Groove, che come ci racconta il comico genovese è proprio il suo alter ego, ma Vernia prenderà spunto anche dalla cronaca e dall’attualità per costruire il suo «Giovanni Vernia Show».
Dopo che il successo di Zelig ha «stravolto» la sua carriera di ingegnere elettronico, Vernoa si dedica alla radio, con un programma quotidiano su Rds, al cinema, alla tv e naturalmente al teatro. «A Ravenna porterò la versione all’aperto di “Vernia non Vernia” - spiega il comico -. È uno spettacolo rodato, adatto a divertire tutti, comprese le famiglie. L’attualità è la base di tutto, ma la cronaca di questi giorni è davvero troppo triste per riderne. Lavoro sulle storie della vita come fossero una serie comica».
E i personaggi?
«Sono molti e tra l’altro c’è n’è uno, don Gigione, che è ispirato a un vero prete romagnolo. La vita che viene insomma ri-plasmata per far ridere. Io dico sempre che ci vogliono due ore per preparare un perfetto discorso improvvisato. Quindi, essendo preciso, posso assicurare che lo spettacolo è stra-rodato, provato e riprovato. I passanti della Notte d’Oro saranno loro malgrado coinvolti in un pezzo da discoteca, ma non faccio altre anticipazioni».
I testi sono tutti suoi?
«Sì, lavoro con un gruppo ma la scrittura è un vestito che ti devi cucire addosso. È difficile trovare qualcuno che conosca perfettamente le tue misure, te li devi scrivere da te i testi, perché è difficile che qualcuno sappia che non ti piace più un colore, che sei ingrassato, che hai cambiato deodorante. Con la comicità è la stessa cosa».
Ispirazioni?
«Sono un’antenna che prende ispirazione da tutto, dalla voce di una persona che incontro per la strada a un tic che vedo in un personaggio televisivo».
Da amante delle discoteche, è venuto in estate in Romagna?
«Certamente, sono anche stato per tre anni a Milano Marittima a trasmettere per Rds. Dei romagnoli mi piace l’ospitalità, il sorriso della gente. Sono cresciuto a Genova, scherzo sempre sul fatto che sono personalità agli antipodi: i genovesi sono molto autoironici ma sono l’apposto dei romagnoli sull’ospitalità. Adesso poi ho la passione per la bicicletta e mi piace girare in Romagna. È anche bella la parlata, ha una cadenza che mette allegria».
Da ingegnere elettronico a comico, un bel salto…
«Nello spettacolo ne parlo molto; penso a quello che hanno pensato i miei genitori: “un ingegnere elettronico che diventa famoso per il discotecaro Jonny Groove!”. Penso a tutti i genitori che si trovano con dei figli che vogliono fare una strada diversa da quella decisa. Ma adesso la mia vita è un sogno».
Il «pataca» romagnolo da noi è un’istituzione: Jonny Groove è figlio della Romagna?
«Ma sono io Jonny Groove! Sempre stato patito di discoteche, avevo la cittadinanza a Ibiza dal 1999. Adesso continuo ad andarci con la mia famiglia perché voglio che i miei figli abbiamo i valori sani della musica house, non la musica deprimente che va adesso!».
Dopo Zelig ha sperimentato cinema, teatro e radio. Cosa le piace di più?
«Il teatro, mi piace il contatto con le persone, ce li hai lì per due ore, ma di più è un sequestro di persona! La gente ha delle esigenze da espletare, non li puoi sequestrare (ride, nda). In due ore me li coccolo, li faccio ridere e faccio quello che voglio, mentre in televisione devi sottostare a tempi e regole, è meno divertente, però arrivi a tante persone. Il cinema ha tanti tempi morti, per un iperattivo è dura, penso sempre che in quel tempo potrei fare un sacco di altre cose. Ad ogni modo, rispetto a quello che facevo prima mi sento di citare Jovanotti: “È questa la vita che sognavo da bambino”».