Ravenna, Gioco d'azzardo, la testimonianza di Emanuela: «Grazie ai Giocatori anonimi sono tornata alla vita»
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Una realtà importante per aiutare chi è vittima del gioco compulsivo sono i gruppi di giocatori anonimi, presenti anche a Ravenna. Sono loro che hanno accolto Emanuela, giocatrice compulsiva che ad un certo punto della sua vita si è trovata a non farcela più. «Fin da piccola ho giocato a tombola o alla pesca di sagre e fiere e mi piaceva, mi faceva provare un certo non so che. La stessa sensazione l’avevo quando giocavo a carte con amici e parenti e c’era una posta in denaro, spesso erano cifre irrisorie, ma ricordo che era molto eccitante. Crescendo ho puntato al Lotto e permaneva quel sempre più ingombrante “non so che”. Poi è stata la volta del gratta e vinci: ero velocissima con la monetina, e ne compravo sempre di più. Successivamente è arrivato il Bingo. Per radio avevo sentito dell’apertura di una sala in città: da sola non ci sarei mai andata, poi ho conosciuto due ragazze e una sera andammo insieme. Fu quello l’inizio della mia rovina. Da allora la dipendenza si è manifestata in tutta la sua forza. Poi loro si sono fermate, ma io no, ho proseguito. E’ trascorso un mese intero prima di una vincita, in cui mi ripetevo “è impossibile vincere”. Ma così era ancora più eccitante, non mi sono mai fermata. E ho capito che il “non so che” era adrenalina». Poi Emanuela ha vinto, e questo l’ha illusa. «Da lì ho iniziato a perdere tutto: al Bingo finiva ogni cosa, i soldi, le sigarette, la dignità. Non dormivo più, prigioniera di un’eccitazione anormale. Era il primo pensiero la mattina. Una sera, tornando a casa, mi sono chiesta: ma è mai possibile che le emozioni arrivino solo dal gioco? Ero io che non vedevo altro. Non ho mai chiesto soldi a nessuno ma mi sono riempita di debiti, rischiavo di perdere la casa e di farmi scoprire. Non riuscivo a chiedere aiuto e ad un certo punto ho chiamato i giocatori anonimi. Ero convinta che ad agosto non avrebbe risposto nessuno, invece rispose una voce garbata ed accogliente. Andai alla prima riunione, ero intimidita ma felice di poter raccontare la mia storia. Era difficile non poter più giocare, come era richiesto, e per sei mesi ho continuato a farlo pur frequentando le riunioni. Con il tempo ho imparato a seguire il programma dell’associazione e ho riscoperto nuovi interessi. Mi sono riappropriata di ogni singolo giorno grazie all’idea di affrontare un giorno alla volta. Oggi sono 78 mesi che non gioco grazie all’associazione giocatori anonimi. Sono una giocatrice compulsiva, e lo sarò sempre, ma ho tanti strumenti per vivere la mia vita.