Ravenna, Fusari (Anestesia e Rianimazione): «Il futuro è qui ma l'Azienda deve darci una mano"

Romagna | 21 Novembre 2021 Cronaca
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Federica Ferruzzi
Il primo dicembre, per Maurizio Fusari, inizierà il decimo anno in qualità di responsabile del reparto di Anestesia e Rianimazione dell’ospedale Santa Maria delle Croci. Due lustri che hanno visto reinventare completamente il dipartimento, adattarlo alle esigenze degli utenti ammodernando le tecniche di intervento, ma non solo. Come riporta Scopus - un database di riassunti e citazioni per articoli di pubblicazioni riguardanti la ricerca - sono oltre 50 i lavori editi a stampa su riviste indicizzate internazionali, con oltre 1900 citazioni, pubblicati da Fusari nel corso di questi anni, «ma il lavoro - si schermisce il medico - è frutto di un’équipe diversificata, capace di mettere in campo professionalità diverse. Vede, quando sono arrivato si pensava, come si dice qui, “a fare legna, piuttosto che filosofia”, ma ritengo sia importante anche valorizzare e informare su quanto fatto allo scopo di lasciare un testimone degno a chi dovrà prendere il nostro posto». 

DIECI ANNI SUL CAMPO
Arrivato dieci anni fa da Bologna, Fusari si è impegnato ad integrarsi col territorio anche fisicamente, «volevo dare dignità non solo impiegatizia ad un lavoro che ritengo essere intellettuale. Uno sforzo non tanto per sollevare la qualità professionale, quanto per dare visibilità a quella del lavoro che svolgiamo, unificando le attività della nostra unità operativa mantenendone le diversificazioni. Quando arrivai, la condizione organizzativa all’interno dell’unità permetteva di praticare una buona assistenza al paziente, ma c’era carenza di progettualità operativa. Le linee di erogazione delle prestazioni assistenziali non erano uniformate, non c’era un sapere di gruppo, bensì conoscenze di singoli. L’esito di una prestazione, in sostanza, dipendeva da chi era operativo in quel momento. Per questo mi sono sforzato di creare momenti di confronto che dovevano per forza avvenire su reti globali. Mi si diceva “qui si fa legna”, ma è ovvio che occorra spiegare in che modo la si fa. Anche perchè prima o poi la pensione arriva e se si sente la tua mancanza significa che non hai fatto un buon lavoro. Quando sono arrivato non si pubblicava un solo articolo o un solo lavoro: la ricerca non dev’essere uno strumento peculiare di un universitario, ma di chiunque faccia il nostro mestiere, se non altro anche per avere una sorta di cartina tornasole di quella che è stata la propria attività». Un lavoro che Fusari continua a portare avanti dopo aver strutturato sottogruppi di competenze elevate. «Non ho inventato nulla, ma ho implementato in sede le conoscenze». Un ragionamento che si basa sulla necessità di intendere un servizio nella sua globalità. «Prendiamo la partoanalgesia, l’erogazione di un servizio che è anestesiologia in ostetricia: non si tratta solo del momento del travaglio, ma riguarda un intero percorso. Non si può scindere l’analgesia nel parto dal trattamento di un’eventuale emergenza ostetrica o di una patologia come ad esempio la gestosi. Non è stato semplice e non lo è ancora oggi far capire che è l’anestesista che si occupa di ostreticia che eroga queste prestazioni». Il risultato è stato mettere a regime un gruppo capace di coprire le 24 ore, «cosa che mi ha evitato di essere convocato in Procura ogni tre giorni». Fusari ha inoltre nominato un referente a coordinamento del gruppo, «una persona che coordina i colleghi, una collaboratrice esperta che mantiene costantemente rapporti con centri nazionali e internazionali di riferimento. Ritengo infatti che sia fondamentale mantenere il confronto continuativo per non essere autoreferenziali». Oltre a questo, Fusari ha pensato a rinforzare programmi che vedono nell’ospedale un riferimento per la cardiologia interventiva grazie a competenze di cardio anestesia e di cardio toracica, con una referente per i collaboratori impegnati nel settore». Una conoscenza che è stata portata anche a sistema «diventando noi stessi sede di corsi di formazione frequentati anche da fuori Azienda per anestesie loco regionali avanzate non solo in ortopedia o chirurgia della mammella: tecniche poco invasive, senza dolore anche nel post operatorio con periodi di degenza post chirurgica ridotti al minimo». 

BAMBINI AL CENTRO
Un altro intervento importante è stato fatto nei confronti dei bambini nonostante l’ospedale non sia un hub di chirurgia pediatrica. «Ho fatto in modo che si acquisissero competenze di anestesia pediatrica creando un pool con un anestesista di riferimento perché alla fine, tra pazienti di chirurgia pediatrica nella sede di Ravenna, quelli di otorino, di ortopedia e di oculistica trattiamo quasi due bambini al giorno. L’ambito pediatrico non offre solo prestazioni anestesiologiche chirurgiche, ma anche per diagnostica precoce, addormentiamo neonati per fare risonanze o trattamenti invasivi prescritti dal pediatra. In questo settore abbiamo sviluppato competenze importanti per trattare pazienti autistici, che anche grazie ad una diagnostica precoce sono molto di più di quanto si creda». Grossi cambiamenti sono stati apportati anche in terapia intensiva e sono iniziati con l’aggiornamento della dotazione tecnologica «soprattutto in termini di monitoraggio di diverse funzioni, non solo cardiache, ma anche metaboliche o neurologiche. Abbiamo consolidato competenze su infezioni in terapia intensiva, su assistenza respiratoria in pazienti critici, abbiamo acquisito conoscenze cardio anestesiologiche utili trasversalmente. Trattiamo pazienti post arresto cardiaco con scompensi gravi, di conseguenza vengono coinvolte anche le funzioni metabolica e renale». Ultimo, ma non ultimo, il reparto ha acquisito competenze per la gestione di emergenze e traumi, fornendo anestesisti per l’elisoccorso. 

PROMUOVERE E VALORIZZARE
Un’attività diversificata, che però sembra poco appetibile. «Per rendere attrattivo un posto da anestesista o da rianimatore occorre dare spazio alle idee, alla ricerca, alle iniziative del singolo, ma è fondamentale che anche l’Azienda contribuisca a valorizzare le realtà più virtuose, testimoniate ad esempio dalle pubblicazioni che, nel caso di Ravenna, spaziano su più fronti». Un’esperienza che ha coinvolto anche l’università ancora prima del suo insediamento. «Nel tempo si è consolidato un apporto regolare dalle scuole di specializzazione di Ferrara e di Bologna – prosegue Fusari - che hanno riconosciuto al nostro ospedale un ruolo formativo in virtù dell’attività svolta». E l’attività è andata avanti in questi anni nonostante la carenza di organico. «Una carenza importante, tanto che negli ultimi due anni, dal Covid in poi, riesco ad erogare ai miei collaboratori solo il 50% delle ferie a cui hanno diritto, oltre a chiedere loro un numero importante di sedute aggiuntive alla settimana: occorre dire che quasi un quarto delle sedute operatorie che svolgiamo avviene in sede di attività aggiuntiva. E questo è ancora un dilemma, un problema che si risolve solo se arriva forza lavoro. Durante le ondate Covid di maggiore impatto è nata l’esigenza di strutturare e programmare un’attività sistematica a supporto dei settori Covid distaccando anestesisti - rianimatori dalle sale operatorie ai reparti; abbiamo scelto di intervenire con regolarità e non su chiamata, ma facendo fare regolare attività in reparto. Mi sono privato di un anestesista ogni giorno perché il pomeriggio facesse visita nei reparti di Medicina, Penumologia e Infettivologia, al fine di prevenire situazioni drastiche e curare in logica preventiva l’evoluzione della malattia».
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