Ravenna, Ermanna Montanari al Rasi per il Festival omaggia Pasolini con Giuseppe Gibboni

Romagna | 02 Giugno 2022 Cultura
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Federico Savini
«L’abbiamo raccontato tante volte ma a ripensarci è sempre una cosa molto forte. Io e Marco vedemmo Accattone da adolescenti. Ci innamorammo di Pasolini e quando, a Bologna, dove abitavamo per l’università, vedemmo che l’ultimo film di Pasolini, Salò, veniva proiettato in un cinema porno, perché aveva avuto grossi problemi di censura in quegli anni così difficili, beh, non ci pensammo due volte ed entrammo. Fummo pure costretti a esibire le carte d’identità, anche se eravamo ventenni e già sposati. Ma, in effetti, in quel cinema, il resto del pubblico si aspettava, come posso dire… un’altra cosa! Fu davvero una visione incredibile, un film sotto molto aspetti inguardabile, e che infatti impiegammo anni a rivedere, e che però era un’invocazione alla vita, in mezzo a tutte quelle critiche e quelle urla».
Pier Paolo Pasolini non è una figura che lasci indifferente Ermanna Montanari, che si può quasi dire si sia «fatta in quattro» per omaggiare il grande poeta friuliano giovedì 2 giugno, alle 21 al teatro Rasi per uno dei primissimi eventi del Ravenna Festival 2021, dedicato per l’appunto a Pasolini.
Insieme a lei ci sarà il violinista Giuseppe Gibboni, pronto ad eseguire sonate, preludi e ciaccone di Bach, seguendo la drammaturgia di Marco Martinelli allo scopo proprio di raccontare la passione del poeta (che per un po’ suonò seriamente il violino) per il compositore che fa da pilastro alla musica colta occidentale tutta.
«A metà giugno col Teatro delle Albe completeremo la Trilogia Dantesca – ricorda Ermanna Montanari -, io sto lavorando a un progetto con la Collezione Maramotti, mentre Marco è a Pompei, alle presi con l’allestimento de Gli Uccelli di Aristofane. Però quando Angelo Nicastro ci ha chiesto di fare una serata su Pasolini e la musica, beh, l’abbiamo presa come una richiesta amorosa. Non potevamo non farlo. Ne siamo felicissimi».
Il rapporto di Pasolini con la musica non è, tra l’altro, fra gli aspetti più indagati della sua opera.
«Infatti, tant’è che a guidarci nella drammaturgia su questo aspetto specifico della musica sono stati i libri che Roberto Calabretto e Claudia Calabrese hanno dedicato al tema, insieme ad un’ampia ricognizione dei libri briografici che Marco Belpoliti, Enzo Siciliano e Walter Siti hanno dedicato a Pasolini. La serata del Rasi non posso definirla ‘uno spettacolo’, sarà piuttosto un duetto tra la musica, suonata dal fantastico Giuseppe Gibboni, e la mia voce, con testi di Pasolini, anche per una piccola parte in friulano. Spero che da questo racconto emerga la visione panica che Pasolini attribuiva non solo alla musica ma proprio al suono, dal canto degli uccelli al soffio del vento. Per lui la musica è un principio, il suo trasporto è assoluto nei confronti del suono e la scelta di scrivere anche in friulano, lingua meravigliosa che batte al ritmo del tamburo, risponde a questa fascinazione per il suono».
Quanto è importante il lascito di Pasolini per il lavoro delle Albe?
«Io e Marco ci nutriamo di lui praticamente da sempre, è una figura luminosa per le Albe. Nell’Inferno del 2015 era il nostro Brunetto Latini e i suoi film, che riguardiamo di continuo, sono una delle più importanti influenze per i nostri. La musica è fondamentale in quei film, vedi proprio Bach in Accattone e poi Uccellacci e Uccellini (musica di Morricone, nda) e Che cosa sono le nuvole?, con la canzone di Modugno scritta proprio da Pasolini».
La musica di Bach, a detta praticamente di chiunque, è invecchiata straordinariamente bene, più della gran parte di quella dei giganti venuti dopo di lui. Secondo lei perché?
«Perché è una musica santa (sospira, nda). Bach evoca qualche cosa di così profondo nell’umano da essere disumano, divino. Come Teatro delle Albe abbiamo usato musica di Bach in diversi spettacoli e devo dire che dobbiamo molto a Pasolini anche per questo, per averci aiutato a capire la grandezza di Bach».
Come procede il lavoro sul Paradiso? È una ripartenza dopo uno stop forzato, quali sensazioni prevalgono?
«Penso che la pandemia ci abbia mutati nel corpo, che ora dobbiamo ritrovare in un modo nuovo. Avremo posture diverse e per questo abbiamo pensato a un Paradiso molto declinato sul movimento e sulla danza. Il Paradiso è un luogo in cui si danza e lo si fa al ritmo della Terra, saremo immersi nel suono, tutto quanto vibrerà attraverso la musica. A differenza delle cantiche precedenti, il pubblico sarà fermo. È lo stesso Dante, infatti,a  riposarsi dopo la discesa agli Inferi e la risalita al Purgatorio. Il Paradiso è una visione statica, sarà la musica a farci volare, immersi nel suono e nelle parole. L’Universo ci mostrerà la sua natura divina, la stessa che ascolteremo al Rasi grazie a Giuseppe Gibboni e alla musica di Bach».
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