Ravenna, due progetti coinvolgono gli studenti del liceo artistico Nervi-Severini
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Elena Nencini
Sono due i progetti di inclusività che coinvolgono gli studenti del Liceo artistico Nervi-Severini di Ravenna: uno che guarda ai problemi delle donne e a un panorama internazionale e l’altro rivolto verso il sud dell’Italia. A fare da collante ai due progetti è la coordinatrice di entrambi la professoressa Silvia Colizzi, docente di sostegno al liceo ravennate.
Il primo si chiama «Appese a un filo. Un mosaico per le donne afghane», un’iniziativa internazionale a cura di Bady Essid Jaballah che ha previsto la realizzazione di una Sciarpa formata da formelle in mosaico di 25x10 cm ispirata ai colori degli abiti delle donne del paese islamico. Il secondo progetto invece è stato realizzato in collaborazione con l’Associazione ChiaroScuro e il Comune di Marotta.
Come spiega Colizzi: «Il progetto ‘Adottiamo un tratto di muretto: il mosaico collettivo di Marotta’ è partito con una classe, la 4E, nel 2018, abbiamo realizzato il lavoro coinvolgendo anche ragazzi diversamente abili. Era un progetto multidisciplinare su varie materie, io ho fatto da legante. Tutta la classe è stata coinvolta, ognuno dava un suggerimento per realizzare il mosaico di 15 metri complessivi».
Il covid ha creato qualche problema però.
«Si, il covid ci ha bloccato, dovevamo realizzare una decorazione di circa 15 metri per il lungomare di Marotta, ma una parte dei ragazzi era in dad, mentre i ragazzi con la 104 (per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) potevano essere a scuola fisicamente. Così due delle ragazze sono andate avanti nella realizzazione del 50% del muretto. Passato il periodo di pandemia sono intervenuti altri ragazzi ed ognuno ha realizzato un delfino. In totale hanno lavorato una trentina di ragazzi e ragazze. In particolare il progetto prevedeva che le persone con alcune problematiche potessero venire stimolate sul piano dell’autonomia e del rapporto con l’altro, per questo era importante lavorare con un piccolo gruppo».
Obiettivi?
«L’obiettivo era promuovere un progetto inclusivo visibile a posteriori dai ragazzi e dalle famiglie quando si fossero recati a Marotta; ha anche un valore relativo alla parola mosaico, alla frammentazione: è stato un lavoro di ricostruzione della personalità. C’è il valore della lentezza, l’importanza del recupero dei materiali e il trencandis, tecnica musiva che rievoca alcuni elementi tipici dei mosaici ravennati. Lo presenteremo alla cittadinanza venerdì 21 ottobre alle ore 11, presso la Sala D’Attorre di Casa Melandri».
Invece il progetto «Appese a un filo» come è nato?
«E’ nato l’anno scorso ed è visibile al Severini fino al 5 novembre (orari: mar-ven 15-17, sab 10-12). Ha coinvolto più di 50 ragazzi, ed è l’adesione a un progetto internazionale per rappresentare la resilienza afgana oltre i suoi confini. Gli studenti si sono ispirati ai colori degli abiti delle donne afghane per realizzare una formella nel laboratorio di mosaico, con vetri, smalti e altri materiali. Il progetto ha previsto un lavoro multidisciplinare con la lettura ai ragazzi di alcune poesie sulla condizione della donna in Afghanistan, la visione di alcuni murales di una strett artist araba che denuncia come sono trattate le donne.
Ci hanno lavorato anche 10 ragazzi ‘speciali. Alla chiusura della mostra all’interno della Biennale del mosaico ci piacerebbe trovare uno spazio in città per continuare a esporlo».