Ravenna, Di Martino (Compagnia portuale): «Proteste e blocchi al porto, i No Green Pass venivano da altre città»

Romagna | 21 Ottobre 2021 Economia
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Elena Nencini
Dopo il porto di Trieste, quello di Genova la protesta contro il Green Pass – organizzata in città dal comitato «Portuali liberi» - è arrivata anche a Ravenna: lunedì 18 nella zona davanti a Eurodocks si sono ritrovati oltre 350 manifestanti, che hanno bloccato l’ingresso al varco doganale e alla Classicana. La manifestazione era stata autorizzata come statica davanti al piazzale vicino Tcr, ma poi i manifestanti si sono spostati, senza autorizzazione, davanti al Caffè San Vitale, bloccando l’ingresso in Dogana e l’accesso alla Classicana. Martedì 19 i manifestanti si sono trovati davanti all’Alma Petroli, in numero esiguo, e senza creare problemi di ordine pubblico. 
La manifestazione di lunedì invece ha creato un disagio che si è ripercosso su tutta la città, ma che in particolare ha colpito i camionisti e i lavoratori del porto, rimasti bloccati all’interno dell’area per diverse ore, come spiega Denis Di Martino, direttore della Cooperativa portuale  (Cp) di Ravenna. «L’idea che è stata data dalla manifestazione - sottolinea Di Martino - è che i portuali di Ravenna siano No green pass, invece non è vero. C’erano tantissimi manifestanti che venivano da fuori città, solo un 10%, su circa 350, erano lavoratori del nostro porto. E’ stato un grosso danno per il porto in termini economici e di immagine. Noi vogliamo lavorare in sicurezza, con tutti i presidi, dopo un anno di crisi è inaccettabile una situazione di questo genere».
Come è andata?
«E’ rimasto tutto completamente bloccato per diverse ore, la cosa più grave è stata però che venivano tutti da fuori: di ravennati e operatori portuali c’era una percentuale bassissima, non più di una trentina. Bastava guardare le targhe delle macchine e gli accenti delle persone, venivano da Ancona, da Forlì, Cesena, Bologna. È gente venuta da fuori a dare fastidio, a bloccare il nostro lavoro. In Compagnia portuale il 90% dei lavoratori è vaccinato, del restante 10% la metà fa i tamponi. Rimane un 5%, ovvero un numero veramente piccolo su 350 persone. Ad essere veramente arrabbiati sono i camionisti che vengono pagati a viaggio, per loro è un grosso danno economico».
Il porto di Ravenna fin dall’inizio della pandemia ha aderito  alle normative Covid e alle disposizioni previste dal Governo. 
«Siamo estremamente orgogliosi di essere andati a lavorare anche durante il lockdown grazie al rispetto delle regole, acquistando dispositivi di protezione, guanti, disinfettanti».
Di cosa ha bisogno il porto in questo momento?
«Al di là dei fondali ha bisogno di fare sistema, di un forte coordinamento tra tutti i soggetti che lavorano nel settore, abbiamo bisogno di legalità e rispetto delle regole, di normative di sicurezza e condivisione di obiettivi comuni. Dobbiamo cercare di ragionare in maniera un po’ meno provinciale, rivolti verso il futuro».
Come è composta la compagine della Compagnia portuale oggi?
«350 soci e 100 interinali, a cui si aggiungono circa 50 meccanici che gestiscono l’officina del porto».
Quali sono le novità per la Compagnia portuale?
«Grazie alla ripresa anche il lavoro è aumentato, i nostri portuali stanno lavorando, facciamo fatica ad offrire tutte le maestranze richieste dai terminalisti. Lo sbalzo di lavoro è stato pazzesco. Nell’anno nuovo stabilizzeremo una trentina dei lavoratori interinali, da metà novembre altri 30 diventeranno soci e presto assumeremo altri 50 ragazzi. Stiamo valutando anche nuovi acquisti per incrementare il nostro parco mezzi, chiaramente con i gravi problemi che ci sono nella forniture delle materie prime questo acquisto non è di facile realizzazione».
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