Ravenna, Alice Keller è candidata al premio Campiello Junior

Romagna | 18 Novembre 2023 Cultura
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Federico Savini
«La bellezza di quelle frasi che quando le incontri è come riconoscere un pensiero che non sapevi di pensare». C’è prima di tutto una ricerca linguistica molto personale nella scrittura di Alice Keller, autrice ravennate che sarebbe ingiusto e limitante incasellare nel novero dei «professionisti della letteratura per l’infanzia e l’adolescenza», e questo non solo per la cura intima e rivelatoria dello stile, ma anche perché la sua attività multiforme, dalla fondazione della libreria Momo a Ravenna alla conduzione di percorsi di formazione su scrittura e lettura con educatori e insegnanti, collaborazioni con scuole, librerie, festival e biblioteche. Nello stesso tempo Alice Keller è anche una professionista nel campo dell’editoria per ragazzi, al punto che il suo libro Fuori è quasi buio (Risma), che proprio Alice presenterà sabato 18 alle 18 al Fulér alla Rocca Brancaleone, per i «Sabati della Rocca» di Ivano Mazzani, è fra i tre titoli candidati quest’anno al Campiello Junior. ««Le premiazioni sono in programma il 22 marzo - spiega Alice Keller -, a seguito del voto delle scuole a cui saranno dati i libri in lettura»
Pensi che Fuori è quasi buio abbia qualcosa di distintivo all’interno della tua produzione letteraria e di graphic novel?
«Forse ogni scrittore, romanzo dopo romanzo, non fa che spostarsi di pochissimo attorno a un suo campo gravitazionale; ognuno di noi ha un sentire che muove lo sguardo, e penso spesso che con ogni storia non facciamo altro che metterlo un po’ più a fuoco. Fuori è quasi buio per me si colloca in un gruppo di libri che negli ultimi anni ho dedicato allo sguardo sulle periferie e a ragazzi e ragazze che si muovono apparentemente solitari, in questi luoghi, alla ricerca di relazioni e legami, che spesso non sono quelli che ci aspetteremmo. Sono ragazzi e ragazze che dialogano con paesaggi dove spesso sta a loro costruire senso e bellezza, cercare la loro lingua. Tutte queste storie, che sono Fuori è quasi buio (Risma), AFK, Tariq e Nella pancia della balena (Camelozampa, tutti e tre), sono state per me una ricerca di una mia lingua per poterle raccontare».
Pubblichi libri dal 2015, per svariate fasce d’età. Quando e come hai capito che potevi essere una professionista di questo campo?
«Le parole scritte e silenziose mi sono amiche da quand’ero piccola, le ho sempre preferite alla voce, così come mi è sempre piaciuto trovare uno spazio nella lettura; penso che passione per la lettura e scrittura siano difficilmente separabili. Per un po’ ho studiato e lavorato a contatto con il teatro, poi ho capito che quello che mi corrispondeva di più era tornare al silenzio e all’invisibilità che solo la scrittura offre. Ho cominciato a studiare letteratura per l’infanzia, e nell’avere l’infanzia e l’adolescenza come orizzonte ho sentito la nascita di una lingua mia, con cui potevo viaggiare. Tutto il resto del mio lavoro si muove intorno a questo fuoco: gli anni da Momo, che abbiamo fondato insieme a Veronica Truttero e Sara Panzavolta, a Ravenna, le formazioni per insegnanti su lettura e scrittura, i gruppi di scrittura a scuola e fuori».
Momo nasce contestualmente all’impegno letterario. Lo consideri un «compendio» al resto del tuo lavoro sull’infanzia?
«Assolutamente sì. Gli ultimi anni mi hanno portato a passare più tempo fuori da Momo (dove ora potete trovare Sara Panzavolta, Veronica Truttero ed Elena Pelliccioni), tra biblioteche, festival e scuole, ma Momo resta non solo una casa ma anche un luogo in cui torno per confrontarmi con le mie colleghe, riflettere e osservare le tante e diverse pubblicazioni».
Si dice spesso che, nel quadro problematico dell’editoria, quella per ragazzi regga la crisi meglio di altri settori. È così?
«Come tutti i mercati, l’editoria ha pregi e difetti (compresa quella per ragazzi), che sono dovuti sicuramente oggi alla grande velocità, alla sovrapproduzione che non aumenta di pari passo con il numero di lettori. Penso che il nostro sguardo debba rivolgersi alle scuole, perché abbiano più fondi per far entrare nelle biblioteche libri portatori di bellezza, complessità e non solo intrattenimento, libri che aprano domande, che non si lascino piegare a bisogni educativi degli adulti. Libri selvaggi, che trovino il loro posto nella passione più che nell’utilità, che sappiano riportare lingua e parole a tutti, lottare contro questa società di contenuti che ha sempre meno capacità di raccontarsi. Quindi libri, ma anche comunità che racconta, cerca le sue parole, allena lo sguardo, si interroga su ciò che vede, non cataloga le emozioni in barattoli. Più che sul mercato, mi concentrerei sull’allargare per tutti le possibilità di contatto con la bellezza, con l’arte: vogliamo che i ragazzi lèggano, ma in pochi adulti abbandoniamo il telefono per un libro, vogliamo che scrivano bene, portiamo loro pochi libri e spesso accondiscendenti, utilizziamo schermi e video spesso con nessuna, o quasi, selezione a monte, ci preoccupiamo delle ombre di una fiaba ma non insegniamo a capire le immagini che precipitano su di noi».
Come in ogni campo creativo, ci sarà molta concorrenza nella letteratura per l’infanzia. Su cosa occorre puntare oggi? Nuovi temi? Nuovi modi di raccontare?
«Non penso mai (o molto poco) alla concorrenza, non mi aiuterebbe a scrivere. Penso la scrittura come un rapporto intimo, una ricerca rigorosa, anche di fiducia: fiducia nel foglio bianco, che una nuova storia busserà al mio occhio e al mio orecchio per chiedermi di trovare una lingua e una forma per raccontarla. Si scrive - o almeno, io penso la scrittura - prima di tutto per se stessi, per trovare forme che possano superare il tempo. Non punto su temi - cosa “contro” cui nelle mie formazioni su quali libri proporre a scuola, fin dal nido, combatto strenuamente - proprio perché credo nella bellezza di quelle frasi che quando le incontri è come riconoscere un pensiero che non sapevi di pensare, e non con quella forma, non con quella musica che improvvisamente ti risultano perfette. Non scrivo a comando, penso che tutto stia attorno a un fuoco personale, che ha a che fare con la passione, l’innamoramento, l’attesa, lo sguardo. Leggo tanto, per bambini e per ragazzi, ma anche per adulti - quale sono - romanzi contemporanei e classici, cercando i miei nuovi passi soprattutto nel riconoscere scritture altrui che possano valere per me da orizzonti, fiaccole nella notte. Sicuramente penso - probabilmente contro corrente - che più che seguire tendenze, dobbiamo tutti riappropriarci della complessità».
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