Quelle bollicine «Made in Romagna» che sanno raccontare la gioiosità di sorso

Romagna | 30 Dicembre 2021 Le vie del gusto
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Riccardo Isola - Proviamo a lasciarci alle spalle, per un attimo, le sfumature eleganti della Franciacorta, quelle più taglienti del TrentoDoc o le gentili pennellate del Valdobbiadene. Non teniamo conto di quelle «purtroppo» sottostimate freschezze delle interpretazioni provenienti dall’Oltrepò pavese, ma anche quelle più aristocratiche dello Champagne e proviamo a guardare a casa nostra. A pochi passi da quella tavola, da quei divani e sale o da quelle piazze (mmmh si potrà?) che tra poco si troveranno a salutare un 2021, quanto mai ancora problematico, e magari augurare un ben più diverso, positivo, salutare nuovo 2022. Ma al di là delle elucubrazioni e delle suggestioni di una situazione ancora pandemico-dipendente, la questione è ben chiara: la Romagna offre una carta dei vini spumantizzati che oggi può tranquillamente sostituire incursioni ben più istituzionalizzate al sorso. Questo lo diciamo, lo suggeriamo e quindi lo facciamo per campanilismo territorial-professionale, in qualche modo dovremo poi giustificare il riconoscimento di “Ambasciatori dei vini dell’Emilia-Romagna”, un po’ perché ci sono bollicine made in Romagna che non hanno nulla da invidiare a quelle super blasonate d’Oltralpe di questa tipologia enoica. Lo dice la storia e lo dicono le cantine. Una tradizione stilistica che sta ritornando, quindi, contemporaneità. Non lo diciamo certo solo noi. Basta leggersi (quindi l’invito è quello di acquistarlo, ndr) un recente pamphlet scritto da Beppe Sangiorgi e Giordano Zinzani intitolato non a caso «Champagne e spumanti di Romagna. Dal primo Novecento a oggi» per rendersene conto. La Romagna ha un substrato frizzante, spumantizzato, brioso, cremoso e croccante sul quale si può puntare. Forse, per i puristi del terroir «sangiovesasco», troppo bistrattato. La capacità di saper coinvolgere il palato in tutte le sfumature possibili, attraverso un’identità, fluida, contemporanea, anche giovanilistica e penetrante, non è cosa da poco. Molte cantine lo stanno facendo. Molte cantine ne stanno traendo successo e riconoscimento.  
Partiamo subito dal «Top». Almeno quello che per noi lo rappresenta vista l’ormai sedimentata, reiterata e omogenea qualità proposta in quell’abbraccio vitreo. Tra le migliori interpretazioni, se non la più interessante,  tra le spumantizzazioni romagnole c’è il Blanc de Noirs della cantina «Pertinello» (Galeata, 0543/983156, info@tenutapertinello.it, www.tenutapertinello.it). Veramente un prodotto sublime per eleganza, tagliente freschezza, briosa essenza sensoriale. Questo vino è figlio di una sapiente elaborazione delle uve di Sangiovese. Giustamente limitato nel dosaggio ma lungamente riposato sui lieviti, è uno spumante Metodo Classico che rasenta la perfezione tra croccantezza, freschezza, acidità, bevibilità e gioiosità. Un altro piccolo grande capolavoro è senza ombra di dubbio un figlio di un terroir completamente diverso. Siamo nella sottozona della Serra, a Castel Bolognese. Qui su quell’anteposto collinare affacciato sulla via Emilia chiamato «Tenuta Masselina» nasce un Metodo Classico che spiazza, colpisce, affonda. Figlio di quel Grechetto Gentile (Pignoletto) la sua bollicina accarezza il palato con fiori di biancospino e croccantezze di pera, il tutto lasciandosi dietro un’eco di acerba tropicalità assolutamente inebriante. Poco distante, siamo nell’imolese, un caposaldo della spumantizzazione dell’Albana è sicuramente il Metodo Classico 1858 della cantina «Branchini». Un tuffo nella croccante e freschissima fruttosità sprigionata dalla vinificazione anticipata dei sua maestà l’Albana. Un’altra grande interpretazione del principe, o re (?), fate vobis, della Romagna in calice è lo Spumante Extra Brut Metodo Classico Blanc de Noir della «Tenuta Santa Lucia». Un prodotto sofisticato ma al contempo soddisfacente. Diretto, schietto, divertente e solleticante in cui il Sangiovese rimbalza nelle sue caratteristiche floreali (viola) e frutto (rosso) su texture in filigrana assolutamente fragranti e gradevolissime.
Tra le sorprese che ci hanno colpito per la sofisticata eleganza sapida e leggiadria c’è anche Vino Spumante di Qualità Metodo Classico Blanc de Noir Dosaggio Zero della cantina «I Sabbioni». Uno spumante che guarda al dna francofono ma con l’imprinting di un terroir romagnolo al 100%. C’è freschezza, sapidità, acidità calibrata. Nessuna ridondanza zuccherina impone l’impronta del Sangiovese vinificato in bianco in cui esplode un’eco salmastro molto intrigante e inedito, che si allunga su cremosità di sorsi che parlano di mare antico, di mineralità e verticalità di sorso. Un gran bel prodotto, sofisticato e per palati allenati.
C’è poi una chicca, per curiosi dell’estremo (e dell’oneroso visto il prezzo, ndr), in cui la profondità della complessità organolettica presentata nella bottiglia, nel senso fisico del termine, si fa sorso. Stiamo parlando di Ondina 33. Uno spumante di Sangiovese che trova la sua culla d’affinamento nelle stive di una nave adagiata a 50 metri di profondità sotto il livello dell’Adriatico. Bollicine al Sangiovese che per un anno vengono cullate nell’oscurità saline del Mare nostrum e che «Tenuta Casali» dal 2016 ha voluto portare alla ribalta per gli amanti di curiosità estremizzate. Si tratta di una versione particolarissima del più noto Villa Zappi, nato dai vigneti collinari di Mercato Saraceno, che non potrà che affascinare per la sua sapida, cremosa e freschissima identità.
Di diversa natura, ma non meno piacevolezza, è un altro prodotto spumantizzato romagnolo. Siamo a Faenza, all’ombra della Torre di Oriolo. Stiamo parlando della cantina «Poderi Morini». Qui da un vitigno super autoctono come in Centesimino nasce una versione (Charmat) suadente, ammiccante, ruffiana e romantica che è un piacere al sorso continuo. Stiamo parlando del Morosè, sorsi che ti catapultano in un sottobosco freschissimo in cui fragoline, ribes e rosa selvatica si amalgamano con le briose effervescenze sbarazzine e divertenti. Sempre a Faenza un ulteriore salto in alto lo si può fare assaggiando la linea dei Metodo Classico Resiliente (Extra Brut da uve Famoso; Pas Doseè da uve Albana, Ruggine, Famoso e la versione Rosato da Sangiovese e Centesimino) firmata «Leone Conti». Tre grandissimi, suadenti e taglienti interpretazioni spumantizzate del made in Romagna enoico che sfruttano le direttrici dell’eleganza, della complessità organolettica con la facile bevibilità di sorsi. Sono grammaticheche parlano di frutto, di acidità, di florealità e panificazione dosata. Infine chiudiamo con un metodo Charmat prodotto da uva Longanesi, antico vitigno autoctono della pianura ravennate, realizzato in rosato dalla «Tenuta Uccellina». Un tuffo tra arbusti carichi di piccoli frutti di sottobosco, con cremosità piacente e fragranza tagliente. Un vino relativamente semplice e immediato ma che sa soddisfare palati anche sofisticati e con pretese.
Non ci rimane che augurarvi buon anno e tanta, tanta, salute!
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