Podismo, il fascino e la fatica della ritrovata «100 Km del Passatore»: «Che emozione quando Faenza si ferma e scende in strada»

Romagna | 24 Maggio 2024 Sport
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Luca Alberto Montanari
«La 100 Km del Passatore? Per un faentino come me non è una semplice corsa, ma è magia». Gabriele Turroni è nato a Faenza nel 1989 e, nel suo bagaglio, ha già inserito cinque edizioni di una delle gare più suggestive (e faticose) d’Italia. Tra sabato 25 e domenica 26 maggio Turroni correrà la sesta, con la speranza di migliorare il proprio personale, che è un ricordo abbastanza lontano nel tempo: «Sì - conferma - è un ricordo lontano perché non corro la 100 Km del Passatore da ormai cinque anni. Nel 2020 la colpa era del Covid, che ci aveva obbligati a restare a casa per più di due mesi, l’anno dopo ci fu lo spostamento a Imola con una edizione speciale organizzata all’interno dell’autodromo, nel 2022 ero impegnato ai Mondiali di Berlino e un anno fa la corsa è stata cancellata a causa dell’alluvione. L’edizione del 2024 sembra finalmente al sicuro e non vedo l’ora di cominciare a correre…».
Turroni, quante 100 Km ha corso in carriera?
«In totale sono 11, di cui cinque a Faenza, casa mia. Da quando sono piccolo, questa è la mia gara, perché da faentino è molto sentita ed è davvero un qualcosa di speciale. A 25 anni ho cominciato a scoprirla e a correre. L’essere faentino ha acceso la fiamma, poi il resto è venuto dopo. Nella mia testa non c’è stato subito il pensiero di fare una 100 quando ho cominciato a correre. Ma successivamente la corsa è diventata un mio stile di vita e parte della mia routine. E quindi, per un faentino che corre sulle distanze lunghe, è quasi scontato allungare e prendere questa gara come sfida. E quando cominci, poi non smetti più».
Lei ha partecipato anche al Mondiale due anni fa, ma il Passatore ha un altro sapore.
«Sì, ho fatto anche il Mondiale a Berlino nel 2022. Per quanto sia bello e prestigioso, non c’era lo stesso calore. E parliamo di una città grandissima e bellissima, ma la Firenze-Faenza è un’altra cosa».
Per quale motivo?
«Perché nessuna corsa mi dà l’emozione della 100 Km del Passatore. A Fognano nel 2015, in occasione del mio debutto, avevo i tanti amici con i cartelloni a scortarmi. Vedere la mia città che si ferma e si riversa in piazza o per le strade è un qualcosa di unico. Il clima di festa che coinvolge la città e che lega Firenze e Faenza e l’intero percorso non si riesce a descrivere a parole. C’è tanta gente che prende il treno la mattina e che segue la gara, pur non avendo in gara amici o parenti, e questo rende speciale la corsa».
Qual è stata la sua migliore prestazione?
«Il mio miglior tempo su una 100 Km è 7 ore e 4 minuti al Mondiale di Berlino del 2022. Al Passatore ho ancora un tempo alto perché l’ultima che ho fatto, come ho già detto, risale al 2019. E quel giorno non stavo neppure bene perché mi ero infortunato e sono arrivato camminando. Il personale a Faenza è di 9 ore e 8 minuti nel 2018, ma oggi sono un atleta diverso, quindi non fa molto testo».
E’ più difficile correre o preparare una 100 Km come quella del Passatore?
«Ognuno ha una sua strategia nella preparazione e nella gestione. Il primo concetto è semplice: correre tutti i giorni, variando gli allenamenti, con distanze più lunghe o più brevi. Il secondo concetto è fondamentale e riguarda l’alimentazione. Io non seguo una dieta particolare, ma ho tante accortezze. L’importante è avere chiaro cosa e quando mangiare durante il percorso, su questo non si può improvvisare. La gestione del tempo e dell’alimentazione sono i due aspetti più importanti, poi viene tutto il resto».
Ha mai pensato, durante una 100 Km, di mollare e di non correrle più? E soprattutto: si è mai chiesto chi glielo faccia fare?
«In una 100 Km può capitare di avere momenti di scoramento, perché in fondo è come una metafora della vita. Si spegne la luce, arriva lo sconforto, ma poi si riparte. Al 60° chilometro spesso ti senti morire, ma poi al 70° puoi avere la gamba fresca e andare più forte. E’ un po’ come la vita, ci sono alti e bassi, che non vanno respinti ma affrontati durante l’intero percorso. Quando corro so che sto facendo qualcosa che mi piace, quindi so che lo sconforto viene sempre ripagato da qualcosa di positivo. L’importante è che l’obiettivo e la gara non diventino una ossessione».
Qual è il suo obiettivo per questa edizione?
«Non mi voglio sbilanciare e resto abbottonato (sorride, ndr). Diciamo migliorare le 9 ore, un tempo abbastanza alto, e magari stare vicino al mio personale delle 7 ore di due anni fa ai Mondiali».
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