Parto in casa, "una scelta che rifaremmo"
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Silvia Manzani
«La mia prima figlia è nata al “Morgagni-Pierantoni” di Forlì. Un parto tranquillo ma connotato da alcuni intoppi legati proprio al fatto che fossi in ospedale. Sul parto in casa mi ero già un po’ informata, in vista di una seconda gravidanza ho allora iniziato ad approfondire». Tullia Della Moglie, lughese d’adozione, cinque anni fa ha avuto la sua seconda figlia a casa, nella sua camera da letto: «Un’esperienza che senza alcun dubbio ripeterei: sono stata seguita con grande professionalità da due ostetriche, ho avuto modo di vivere quel momento di grande intimità e complicità con mio marito e ho potuto fare restare con me anche la mia doula». In un’atmosfera raccolta e tranquilla, secondo Tullia i benefici sono arrivati anche sulla gestione del dolore: «Mi sono potuta muovere con grande libertà e a un certo punto, addirittura, una delle ostetriche mi ha come fatto ballare un tango, dopo il quale è iniziata la fase espulsiva. Ero molto a mio agio, sono stata massaggiata e coccolata, ho avuto grande consapevolezza del mio corpo». Quando la bimba è nata, Tullia ha voluto attendere qualche minuto prima del taglio del cordone ombelicale: «Non ho dovuto fare più nulla, anche perché a differenza del primo parto, non ho subito lacerazioni. Ero già nel mio letto, pronta ad allattare». Come da normativa, la Regione ha rimborsato a Tullia metà dei costi sostenuti: «Per quanto riguarda i controlli sul neonato, invece, la prassi è che ci si accordi prima con il pediatra-neonatologo per farlo venire a casa, come poi è stato». Tullia, però, non è una sostenitrice a tutti i costi del «no alla medicalizzazione»: «Ogni donna deve poter fare le proprie scelte, all’idea del parto in casa credo si arrivi dopo un percorso di approfondimento. Io stessa, alla prima gravidanza, non sarei stata pronta. Certo, la gente giudica: c’è chi ti dice che sei matta, che in casa non è sicuro. Io ho letto molta letteratura: il rischio, secondo me, sarebbe stato lo stesso che avrei corso in un piccolo punto nascita come quello di Lugo». I parti registrati nel 2018 in Emilia-Romagna sono stati 32.368, con una diminuzione di circa il 2% rispetto al 2017 e del 10,6% rispetto al 2014. I parti risultano avvenuti nel 99,6% dei casi in un ospedale, in 63 casi (0,2%) in abitazione privata (parto a domicilio programmato), in 29 casi in una casa di maternità e in 42 casi in un luogo extra-ospedaliero non programmato.
COME IN HOTEL
Anche per Sheila Moscatelli, ravennate d’adozione, la scelta di partorire fuori dall’ospedale, nel suo caso in una casa maternità di Bologna, è arrivata dopo il primo figlio: «Per me il primo parto è stato traumatico: ho fatto il travaglio in una stanza di degenza da tre letti, con i parenti delle mie compagne che andavano e venivano, sono stata colpevolizzata perché non mi dilatavo, l’anestesista che mi aveva fatto l’epidurale a un tratto mi ha salutata, mi sono lacerata molto e per quindici giorni non sono riuscita a muovermi». Ben prima di cercare un’altra gravidanza, insomma, Sheila era convinta di voler optare per un’altra strada: «La prima volta che l’ho detto a mio marito, si è arrabbiato. Anche lui, come molti, pensava che il parto a domicilio o in casa maternità fosse una decisione da scriteriati, poco sicura per la donna e per il neonato. Siamo entrambi medici, è più facile pensare che l’ospedalizzazione sia la cosa migliore. Io non sono contraria, penso però che ogni donna debba partorire dove si sente meglio». Dopo essere stata seguita per tutta la gravidanza da un’ostetrica libero professionista, Sheila una sera di un anno e mezzo fa ha iniziato con le contrazioni, poi ha rotto le acque: «Dopo due ore avevo mio figlio in braccio, a Bologna. Un parto bellissimo, durante il quale sono stata assecondata del tutto: sono entrata in vasca, poi sono uscite per la fase espulsiva. Tra una contrazione e l’altra mi sono riposata sui cuscini. Ero talmente a mio agio che il parto è stato facilissimo. Mai lo avrei pensato». Dopo la nascita del piccolo e le operazioni di pulizia, Sheila era già su un letto matrimoniale, nella stanza dove avrebbe passato la notte col marito e il loro bambino: «La mattina dopo abbiamo mangiato i cornetti, a mezzogiorno è arrivato il pediatra e alle tre eravamo a casa». Sheila, insomma, lo consiglierebbe a tutte: «I rischi, se la gravidanza è fisiologica, non ci sono. Il parto in ambiente extra-ospedaliero è regolato da precise linee guide. La sicurezza è garantita, eccome. Non a caso io ero a dieci minuti dal Maggiore, con l’ambulanza allertata in caso di problemi». A farle eco Tiziana di Vito, che a maggio avrà la seconda bambina, se tutto andrà bene, in casa maternità: «Non ho nemmeno un dubbio, ho ricordi bellissimi del primo parto: sono stata accolta e sostenuta con pazienza, calma, professionalità. Mi sono abbandonata alle ostetriche, in un luogo bellissimo, simile a una casa, di cui mi ero innamorata a prima vista durante la gravidanza. Un’esperienza talmente bella che ancora oggi, a distanza di 19 mesi, mi emoziono a raccontarla».