Otto etti e mezzo per 32 centimetri, Alessia e la voglia di vivere
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Barbara Gnisci
Una faccina tonda come una mela. Due occhi che sembravano disegnati con un pennarello. E un corpo scarno, tutto ossa, sotto a una pelle trasparente. Attaccata ai fili. Tutta nuda. Appoggiata su un pannolino. Intubata. È questo per la 53enne Sonia Brunelli, insegnante ravennate, il primo ricordo di sua figlia Alessia. Tutto comincia nel maggio del 1997 quando Sonia, a 31 anni, è incinta di cinque mesi. La gravidanza procede bene, fino a quando, un giorno, mentre è in farmacia a fare un controllo della pressione perché ha le gambe gonfie, scopre che è sopra i 200. Subito la corsa in ospedale.
«Nel giro di tre giorni presi sei chili - ricorda Sonia -. Ero piena di liquidi. Smisi anche di urinare. Ero talmente gonfia che ero diventata irriconoscibile». A Sonia viene diagnosticata una gestosi gravidica al limite della riabilitazione e prospettato un trapianto di reni dopo il parto: «Un giorno vennero dei dottori a dirmi che era il momento di procedere con il cesareo. Non stavo bene e la mia bambina non mi faceva bene. Ero entrata il 17 maggio e mia figlia sarebbe nata il 21 maggio, solo dopo sei mesi di gestazione. Io, che avevo sempre mantenuto la calma, mi sentii come se tutto l’ospedale mi fosse caduto addosso. Quella bambina, che noi avevamo tanto voluto, era in pericolo». Alessia viene alla luce emettendo un flebile «ue». Pesa 8 etti e 30 grammi, ed è lunga 32 centimetri: «Non me la fecero vedere. Mi dissero che aveva bisogno di essere portata via». Subito dopo, Sonia viene trasferita in nefrologia ma, a differenza delle aspettative, non deve operarsi: «Avevo il catetere e non so quanto sacche mi cambiarono. Nessuno si spiegò mai il perché di un tale recupero». Alessia, invece, è in incubatrice. Ci rimane 55 giorni. Ne seguono 15 nel lettino: «Molti mi dicevano di non affezionarmi alla bambina. All’inizio mio marito e io non avevamo nemmeno scelto il nome. Andavamo tutti i giorni a guardarla e dopo un mese ce la fecero prendere in braccio. Piano piano, cominciammo a pensare che ce l’avrebbe fatta. Lei, in realtà è sempre stata bene. E anche quando siamo usciti dall’ospedale, non ha avuto problemi. Certo, per vari anni ha fatto molte visite, ed è cresciuta un po’ minuta, ma, d’altronde, ha preso da noi». Il 30 luglio 1997 Alessia esce dall’ospedale: «Quando l’abbiamo portata a casa, finalmente, mi sono sentita mamma. La nostra esperienza è stata durissima, ma forse è proprio per questo che Alessia, Cesare e io siamo così uniti. Alessia è cresciuta sana e solare e noi siamo dei genitori per niente ansiosi».
Oggi Alessia ha 22 anni, frequenta Scienze della formazione e ha una grande passione per la danza: «Mia figlia ha fatto sua la storia della propria nascita e, spesso, ne ha parlato nei temi a scuola, facendo sempre commuovere qualcuno. Come diceva il pediatra che l’ha seguita: “Tu, Alessia, sei il nostro miracolino. Sei proprio venuta bene. Ma il resto ce l’hai messo tu, una gran voglia di vivere”».