Nuovo corso per l'Oncologia di Ravenna, Faenza e Lugo: "Continuità delle cure in primis"

Romagna | 12 Dicembre 2020 Cronaca
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Silvia Manzani
Responsabilità, garanzia della continuità delle cure, sicurezza. Sono le parole chiave che stanno guidando Stefano Tamberi, dal primo ottobre scorso direttore facente funzione dell’Oncologia di Ravenna, Faenza (dove era ed è ancora responsabile) e Lugo: «In molti mi chiedono come sia prendere in mano un incarico del genere nel bel mezzo del Covid. Io rispondo sempre che la miglior risposta all’emergenza è fare funzionare il nostro servizio come se questo virus non esistesse. Mi spiego: se noi ci concentriamo nell’organizzare il reparto al meglio e non perdiamo mai l’attenzione su questo punto, siamo preparati ad evitare che la barca affondi quando il mare è in tempesta. È ovvio che il Covid condiziona da mesi la nostra modalità di lavoro che necessariamente è diventata flessibile: questo non ci deve impedire di continuare a migliorare il nostro servizio al paziente oncologico. Ecco perché, nonostante le difficoltà, stiamo continuando a lavorare alla futura rete oncologica, il programma aziendale “Cancer comprehensive care network” che vede Ausl Romagna e Irst-Irccs fianco a fianco: il Covid non deve impedirci, infatti, di guardare al futuro e di impegnarci per quello che è un importantissimo orizzonte a breve e medio termine». La prima azione che Tamberi ha messo in campo per affrontare la seconda ondata è stata quella di  organizzare al meglio la degenza di Ravenna: «Per me è stata da subito una priorità, perché l’Oncologia del “Santa Maria delle Croci” dà una risposta ai pazienti di tutta la provincia. I nostri 14 posti letto, che anche ora sono praticamente al completo, sono organizzati in due stanze singole e sei stanze doppie. Per una massima tutela di pazienti e operatori, abbiamo attivato una procedura interna che consiste nel ricoverare i pazienti provenienti da altri reparti, sebbene negativi al tampone, nelle camere singole, almeno fino al secondo tampone di controllo. Per evitare il sovraccarico degli altri reparti e ridurre i contatti, stiamo poi implementando un metodo organizzativo che agisce su due fronti. Da un lato cerchiamo di impedire ai pazienti già in carico di recarsi al pronto soccorso: per questo abbiamo un medico del day hospital disponibile ogni giorno fino alle 18,30 per rispondere in giornata a qualsiasi esigenza dei pazienti e alle consulenze degli altri reparti. Dall’altro abbiamo aumentato la rotazione dei pazienti sui posti letto con sempre maggiore integrazione con il territorio; l’aumento delle dimissioni protette ci permette i trasferimenti da altri reparti in 24-48 ore, alleggerendo quelli che sono maggiormente sotto pressione». Per far parlare i fatti più che le parole - l’approccio che Tamberi predilige - l’attenzione oggi è concentrata sulle piccole azioni quotidiane che avvengono in reparto: «Siamo davanti a una popolazione fragile che rischia, specie se sotto trattamento, di avere delle complicanze gravi a causa del Covid. Tutte le precauzioni che devono essere prese, dunque, le prendiamo. Al tempo stesso, cerchiamo di tenere una relazione continua con le famiglie delle persone ricoverate: i parenti ricevono ogni giorno, in modo proattivo, le informazioni. Non sono i familiari, dunque, a dover cercare noi medici. Siamo noi a tenerli aggiornati con costanza, quotidianamente, consapevoli che il lato umano del nostro lavoro è importante quanto quello clinico». Quanto alla sua équipe, Tamberi sottolinea due aspetti: «C’è grande consapevolezza, da parte di tutto il personale, delle procedure e dell’utilizzo dei dispositivi di protezione. Avere gli strumenti in mano dà senz’altro sicurezza a medici, infermieri, operatori socio-sanitari. D’altro canto, però, questa seconda ondata è diversa dalla prima: come dico spesso ai miei colleghi, a primavera è servito uno scatto, adesso invece stiamo correndo la maratona. Dobbiamo avere la capacità di una resistenza continua, deve diventare “normale” lavorare come stiamo lavorando. Il vero stress psicologico, probabilmente, lo vedremo più avanti. Certo è che il clima positivo che abbiamo instaurato aiuta a gestire le difficoltà del quotidiano». E mentre l’attività di degenza prosegue, continua anche il day hospital, che a Ravenna è in comune con l’Ematologia: «In media, considerata la provincia, abbiamo ogni giorno tra le 90 e le 100 terapie oncologiche, alle quali si aggiungono le 25/30 ematologiche. Sono numeri importanti, che ci impongono di tenere altissimo il livello di attenzione, anche nell’evitare assembramenti». Per consentire ai colleghi di lavorare senza paura, secondo Tamberi l’unica opzione è esserci: «La responsabilità è la mia e davanti a qualsiasi criticità e a qualsiasi problema, devo ascoltare il personale e prendere decisioni.  Le cure, i progetti di ricerca, le visite stanno andando avanti. L’aspetto che in parte mi preoccupa è che alcune persone, per via della situazione generale e della paura di avvicinarsi a una struttura ospedaliera o a un ambulatorio, potrebbero decidere di ignorare un sintomo o uno stato di malessere e rimandare i controlli. Ecco perché, al di là del Covid, è necessario continuare a garantire un’efficace multidisciplinarietà: le persone devono trovare davanti a sé percorsi sicuri di cura».
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