Nuovi esperimenti sulla canzone romagnola con Extraliscio, Mr.Zombie, Vallicelli, Ravaglioli e i Secondo

Romagna | 26 Ottobre 2017 Cultura
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Federico Savini
Cinque dischi in pochi mesi e un nuovo progetto che potrebbe germogliare, e anche bene. Per essere un fenomeno che molti definiscono «effimero», il cosiddetto «neo-liscio» si direbbe agguerrito e motivato. Per chi ancora non sapesse di che si tratta, beh, si tratta della prima vera rivoluzione culturale e generazionale avvenuta nell’ambito della cosiddetta «musica folklorica» romagnola, nota ai più come liscio. Un universo tanto complesso e insondato quanto è carico di forza iconografica e potenziale «vintage», al punto che dopo anni di ostracismo da parte del mondo musicale per così dire «rispettabile», è successo che musicisti provenienti da ambiti e generazioni lontani dal liscio hanno cominciato a rimettere mano a polke, valzer e mazurke, tanto che oggi siamo a fare i bilanci delle due edizioni della Notte del Liscio e a Forlì si insegna questa musica alla «Accademia del folklore romagnolo».
Ribadendo che esistono preziosi antecedenti storici come il disco folk-jazz «Un ballo liscio» di Riccardo Tesi (di vent’anni fa), l’operazione sgangherata ma pionieristica di Transromagna e la filologia della Piccola Orchestra Zaclén (che riportò in scena le composizioni del padre della musica da ballo romagnola Carlo Brighi, dissotterrato dalle pieghe della storia dal musicologo cesenate Franco dell’Amore), con l’edizione 2013 del Ravenna Festival, dedicata alla musica popolare ma di fatto al liscio e a Secondo Casadei, l’interesse di tanti insospettabili si è volto, nuovamente, ai clarinetti in do e ai balli di coppia a tempo ternario. 
Al punto che, come si accennava in apertura, solo quest’anno sono usciti diversi album che riaffermano la vitalità del «neo-liscio». I primi a pubblicare, in ordine di tempo, sono stati gli imolesi Secondo, quintetto capitanato dal clarinettista Claudio Zappi, con Alessandro Petrillo degli indimenticati Transgender alla chitarra e un cameo vocale di Luisa Cottifogli (una «forestiera» che si è innamorata delle tradizioni romagnole) e del fisarmonicista Simone Zanchini, pure lui già attivo con un suo progetto che contamina liscio e jazz. E i Secondo (usciti con un disco omonimo su etichetta Incipit) scelgono proprio la strada dell’etno-jazz più sofisticato, confezionando un lavoro tecnicamente impeccabile sul piano esecutivo, con le melodie di Casadei usate con spunto per partire verso esplorazioni talmente di confine che qualcosa, della scoppiettante genuinità del liscio, in effetti si perde. I matrimoni tra l’«alto» e il «basso», ad ogni modo, vanno sempre incoraggiati.
Decisamente folle è poi l’operazione «Imballabilissimi / Ballabilissimi», doppio cd strumentale degli Extraliscio, la formazione di punta del settore sostenuta da Casadei Sonora con il cantautore e sperimentatore elettronico Mirco Mariani in combutta con Moreno il Biondo a far da timonieri di un autentico e perenne tributo futuribile alla musica romagnola. In pratica un disco vede all’opera un formidabile quintetto classico, con l’apporto del sassofonista bagnacavallese Fiorenzo Tassinari, impegnati in brillanti esecuzioni di brani di Secondo Casadei e inediti spettacolari come la Polkazulka, coi suoi frenetici cambi di tempo, mentre il secondo disco contiene gli stessi pezzi, manipolati però da Mirco Mariani e altri. Il risultato spazio dall’elettronica strampalata e discotecara al jazz da rigatteria più fumoso, con la chiusura di Xxl – Composizione, autentico patchwork di frammenti di liscio decomposti e destrutturati: un vero capolavoro di alienazione folk! In concerto gratuito venerdì 20 all’auditorium Corelli di Fusignano. 
Hanno poi pubblicato, solo in rete su bandcamp, il loro terzo album prima di andare in stallo i Mr.Zombie, costola strumentale del Collettivo Ginsberg formata da quattro musicisti di Forlì e Brisighella, che ne «Gli eroi del liscio» ribadiscono una formula molto originale, quasi jazz-lounge ma con occasionali sfuriate rock, anche perché gli strumenti solisti qui sono l’organo e la chitarra. In scaletta molti brani originali, una versione assurdista de La droga di Raoul Casadei, alcune digressioni piazzollesche e una cover incendiaria e barbarica del Mambo n.5 di Perez Prado.
E’ ancora Casadei Sonora ad aver dato alle stampe «Il respiro della mia gente», disco per solo organetto (già presentato a Russi e al Mei) del polistrumentista ravennate Christian Ravaglioli. Scegliendo di far «parlare», con la massima semplicità, solo il suo organetto, Ravaglioli ha costruito un infinito medley romagnolo che incorpora polke e bergamaschi, one-step dialettali come Un bes in bicicleta e melodie internazionali come La Paloma, cante spallicciane e saltarelli sedimentati nel tempo. In pratica un inno al cuore e al sangue di un popolo, oltre che una lezione sulla contaminazione.
In estate ha poi debuttato dal vivo, a Lido di Classe per la Notte del Liscio, l’Orchestrina delle Tremende, che ha preso spunto dai libri sulle cantanti romagnole di Silvia Manzani per portare insieme sullo stesso palco le cantanti di liscio Anna Maria Dolores Allegretti e Chiara Valentini insieme alla rocker Francesca Morello e a Francesca Amati dei Comaneci. Un vero incontro fra culture che hanno dimostrato di sapersi parlare. Insieme a loro, una band formata da Christian Ravaglioli (fisarmonica), Tim Trevor-Briscoe (fiati), Francesco Giampaoli (basso) e Simone Cavina (batteria), con Bruno Dorella degli Ovo - una delle band più ferali dell’underground italiano – a dirigere, arrangiare e suonare la chitarra con alcuni guizzi davvero originali. Buona la prima, insomma, magari se ne riparlerà.
Infine non c’entra con il liscio ma con il blues, «La Fevra» (L’amor mio non muore / Strade Blu), secondo album da cantautore per il batterista jazz-blues forlivese Vince Vallicelli. Come si capisce dal titolo, i brani sono cantati in dialetto e scritti dal cantautore Claudio Molinali, già paroliere di «Com un can sot a la lona», il primo album blues dialettale di Vallicelli, uscito una decina d’anni fa. Questa volta produce Antonio «Sacri Cuori» Gramentieri e ci sono valenti musicisti come il violoncellista dei Quintorigo Gionata Costa e il contrabbassista Roberto Villa. Il risultato è lontano anni luce da quel macchiettismo che quasi sempre inficia le canzoni dialettali romagnole, un tipo di poetica che raramente si prende sul serio e che invece Vallicelli e Molinari piegano all’urgenza amara degli umori provinciali e della vita degli uomini di mezza età. Testi asciutti e crudi, per canzoni che nascono dal fango, maturano nel fegato, graffiano le gola e cadono al suolo risuonando tra ossa e chiavi inglesi.
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