Nicolò Valandro, da Longastrino a Milano per la terza edizione dello strampalato podcast «C’è vita nel Nulla Agricolo»

Romagna | 19 Dicembre 2022 Cultura
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Federico Savini
«La terza stagione del nostro podcast abbandonerà in parte le derive lisergiche della seconda, per tornare al clima folk-horror della prima. Si può dire che sia percorsa dal conflitto tra il futuro che avanza inesorabile e il passato che resiste. Sempre in rigorosa ottica pop-rurale». Nicolò Valandro, in arte Johnny Faina, con le parole gioca fino a un certo punto perché, perché ridendo e scherzando», la Villamara in cui è ambientato il suo podcast «C’è vita nel Grande Nulla Agricolo» è ormai un vero e proprio universo narrativo. Con un’estetica riconoscibilissima e adatta a trasformarsi in gadget di ogni tipo, una notevole coerenza dei contenuti e una strabordante fantasia che aiuta a sospendere l’incredulità nell’ascoltare le assurde vicende che si compiono nella sanguinosa e fin troppo antropizzata campagna di Villamara. Lugo di fantasia che ricorda tanto la Longastrino dalla quale il trentenne Valandro è partito anni fa (non senza un’esperienza formativa presso Radio Sonora) per trasferirsi a Milano, dove lavora in campo pubblicitario, senza avere abbandonato il teatro e con ormai in mano una specie di secondo lavoro, grazie a questo podcast di successo crescente.
«Ogni giorno c’è qualcosa da fare per il Grande Nulla Agricolo – racconta Nicolò -, dal lavoro sulle puntate alla cura della community, molto fedele, che ci segue non manca di venirci a vedere dal vivo e acquistare gadget e magliette in quantità».
È certamente professionale il lavoro dietro al podcast…
«Sì, mi ha consentito di lavorare professionalmente con questo mezzo anche con committenti pubblici e privati. Economicamente costituisce un’integrazione importante allo stipendio, il che ci consente di impiegare per il podcast tutto il tempo che c’è dietro. La prima stagione era nata da me e Gianluca Dario Rota in un momento di disoccupazione. Oggi riusciamo a gestire un podcast più curato pur facendo altri lavori».
Com’è partita la terza stagione?
«Dire col botto, nel senso che lo special di apertura anche in termini di ascolto è stato il nostro miglior debutto. Si deve anche al fatto di nascere come collaborazione con Valentina di Direful Tales, un podcast true crime molto seguito e che anche noi amiamo. Era uno special di Halloween, intitolato La pianura fa 90, in omaggio a Simpsons. Credo che le tre storie di Villamara che abbiamo raccolto spieghi bene di che parliamo e sono tutte ispirate alle giostre che vedevo a Lugo e Longastino. La Casa dello Shhhpavento è una variazione neomelodica sul tema delle case dell’orrore, Leggenda di Mirco Spaccadenti è dedicata al re dell’autopista e poi c’è il malinconico Ultimo tagadà a Villamara… La prima puntata vera e propria, delle dieci che abbiamo in serbo, si chiama Ninna nanna per l’ispettore Cicca ed è un noir di taglio sindacale, ispirato a True Detective tra la pervasività della multinazionale Agritech e le cose popolari costruite sulla subsidenza, nelle quali si aggira una nostra Borda, di baldiniana memoria, che ha un debole per Amadeus, del quale non si perde una sola apparizione in tv…».
Le novità di questa terza stagione?
«Aumenteranno gli ospiti speciali e avremo due puntate, a San Valentino e Ferragosto, scritte in collaborazione con alcuni ascoltatori. Ci sarà molta Romagna folklorica dentro, non solo la Borda ma anche il Mazapegul, la Môrt Imbariêga e altre leggendarie figure».
Come vanno gli ascolti? L’uscita dalla pandemia ha creato difficoltà ai podcast?
«Gli ascolti sono in crescita netta. Dai 20mila di un anno fa abbiamo superato gli 80mila, che per un podcast indipendente e così strano sono tanti. Credo che parte del merito vada agli eventi dal vivo, che certo ci caratterizzano. Quando al podcast in generale, si è ormai affermato come media e non più come ‘riempitempo da pandemia’. Il lockdown è stato, se voglia, un fortunato contesto per una prova generale, ma il podcast oggi cammina benissimo sulle sue gambe e cresce».
Progetti collaterali?
«Con la casa editrice Progetto Apri stiamo lavorando a un’idea legata al concetto del “racconto epistolare”. Nello stesso tempo stiamo creando un gioco di ruolo ambientato a Villamara. Molti nostri ascoltatori ce l’hanno chiesto».
E dal vivo?
«La fine della pandemia ci ha permesso di fare molti più eventi dal vivo; fanno parte della nostra storia e aiutano a trovare e fidelizzare ascoltatori. Per Halloween eravamo a Imola e in Emilia facciamo tante date. L’estate scorsa abbiamo fatto due tour. Il primo legato al Villamara Drive In, che portammo anche all’Arena delle Balle di Cotignola e di recente al Festival del Racconto di Carpi e in vari spazi più o meno off. Poi c’è stato l’Astrovan tour, una cosa praticamente on demand con la quale abbiamo attraversato Lombardia, Liguria, Veneto ed Emilia-Romagna, chiuso a Ravenna e andato benissimo. Per il ponte dell’Immacolata nel ferrarese abbiamo fatto l’Oltretombola tour, organizzato insieme all’Arci all’interno di vecchi circoli, bocciofile, balere e sale da biliardo. Autentiche serate da anziani, con la tombola del Grande Nulla Agricolo e a seguire lo spettacolo dal vivo della nostra puntata “da ballo”, dedicata alla Mazurka del Diavolo, con il cantautore faentino Fabrizio Caveja».




 
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