Nadêl in streaming, viaggio tra le canzoni romagnole dedicate alle Festività

Romagna | 24 Dicembre 2019 Cultura
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Federico Savini
Chi cercasse la tradizione-quella-vera sa già come muoversi: i canti contadini e le orazioni popolari dedicati alla notte della Vigilia, alla Madona e al Bambin Gesù sono raccolti in forma scritta in due preziosi volumi ristampati gli anni scorsi a cura dell’Istituto Schürr. Parliamo naturalmente del Saggio di canti popolari romagnoli, raccolti e annotati di Benedetto Pergoli e delle Antiche orazioni popolari romagnole di Giovanni «Bacocco» Bagnaresi). Epperò, nell’evo della musica «liquida» pretendere che il lettore medio s’accontenti di leggere i testi - senza manco gli spartiti – di queste canzoni dall’indubbia valenza storico-sociale ma un po’ avere di facili soddisfazioni auricolari sarebbe chiedere troppo, quindi ci siam presi la briga di cercare in rete, ma non solo, esempi di canzoni dialettali romagnole dedicate al Natale, festa che nell’anno contadino non occupava il posto centrale che riveste oggi ma che comunque non ha mai lasciato del tutto indifferenti i romagnoli, neanche quelli dell’altro ieri.
E allora, per tenere insieme tradizione e modernità basta aprire Spotify – il servizio di musica in streaming che sta monopolizzando il mercato musicale digitale – e cercare «Pastori, pasquelle e comete», disco inciso nel 2006 dalla Pneumatica Emiliano Romagnola del compianto Stefano Zuffi che ovviamente si basa su stornelli, canzoni e orazioni assolutamente contadine e risalenti a chissà quando, oltre che prive di autore certo come ogni traditional che si rispetti. Sottotitolato «Note di Una Notte Di Pace. Canti, sermoni e balli natalizi della tradizione emiliano romagnola», il disco è occupato per la gran parte da canti di origine emiliana, ma la Pneumatica qui raccoglie comunque non poche canzoni romagnole. A partire dal minuto e 12 secondi del sermone La Madunnena, quando si livò, seguita poi (traccia 6) da un altro sermone della nostra terra, celeberrimo, che è Stanott a mezzanott, che viene però in genere considerata una filastrocca italiana, proprio in termini assoluti (Stanotte a Mezzanotte / è nato un bel bambino, / bianco, rosso e ricciolino…). Non è specificata la provenienza ma la traccia 10 Manfrina / Polca del piffero balli da piffero è con ogni probabilità farina di un sacco romagnolo, date le arcinote radici della nostrana musica da ballo proprio in balli staccati come la manfrina (che insieme al suddetto ‘piffero’ ha assunto negli anni una connotazione non proprio lusinghiera), mentre la polca è a tutti gli effetti uno dei linguaggi di base del liscio, insieme a valzer e mazurka.
Segue il noto sermone Rumì rumì Sånta Mareia, dal quale ad esempio la cantante Luisa Cottifogli ha tratto uno spettacolo e un disco molto intenso e ispirato. ’E Rumì d’ Santa Mareja pare sia un personaggio realmente esistito nell’ottocento in Bassa Romagna. Francesco Balilla Pratella ne parla come di mendicante intento a cantilenare la sua orazione alla Madonna nei mercati e di casa in casa, per avere in cambio un tozzo di pane.
Meno noto è invece il sermone Anna Susanna, anch’esso di attribuzione romagnola, alla traccia 13, seguito alla 17 dall’ultimo brano nato nella nostra terra: E piov e piov, ancora considerato un «sermone».
Una serie di mp3 molto attinenti al medesimo oggetto del contendere, e anche in questo caso in prevalenza emiliani, è poi reperibile nel sito web del «Gruppo Emiliano», compagine dedita al folk filologico della nostra regione che alla pagina web www.gruppoemiliano.it/mp3/poesia/ mette in fila sermoni, poesie natalizie e filastrocche su Natale, presepe e befana in una lingua che sarà pure emiliana ma spesso e volentieri ricorda il romagnolo, e ne lascia meritoria testimonianza in rete, per quando di queste perle di cultura popolare non ci sarà più memoria vivente.
E poi c’è Casadei. Parliamo di Secondo, dacché Raul naturalmente non ha mancato di comporre canzoni natalizie in questi anni (l’ha fatto anche l’orchestra Castellina Pasi) ma i brani recenti non possono certo vantare il fascino vintage di Nadel in Rumagna, canzone che trovate facilmente anche su YouTube, la cui incisione più storica risale al 1964, con le voci di Pino Flamigni e dell’iconica faentina Arte Tamburini. La canzone, ancorché non possa dirsi un classico del liscio (che alla riviera ha dedicato un numero di brani tipo 200 volte superiore rispetto a quelli sul tema natalizio…), è ancora oggi cantata dagli eredi dell’orchestra Casadei e da Roberta Cappelletti, e recita Alleluja, alleluja, l’è nadel, sot e zil, la mi bela rumagna, tota bianca, la campagna, tot in festa l’è ogni cuntreda e così via. Da notare che cotanta ostentazione di buoni sentimenti, in una particolare edizione 45 giri del brano, vedeva beffardamente (non ci credo sia involontario) sul lato b la miliare polka La disperata, strumentale ma evocativa in tutt’altro senso, scritta dal grande Ferrer Rossi e poi «acquistata» da Casadei a presagire la «guerra dei diritti» che avrebbe percorso i tumultuosi anni ’70 della musica da ballo romagnola. Ma questa, ça va sans dire, è un’altra storia.
Più di recente, il faentino Pietro «Quinzan» Bandini ha suonato dal vivo una sua versione, adattata per il dialetto romagnolo, di Tu scendi dalle stelle, di cui trovate in pagina il testo, e giusto l’anno prima toccava temi natalizi anche La mazurka dell’inverno, «litania sulle minestre romagnole in brodo caldo a cominciare dai cappelletti» come la definisce Bandini, della quale circola anche un videoclip su YouTube diretto da Christian Crès Vicari, ex cantante dei Radìs.
Per l’ultima segnalazione dobbiamo invece ringraziare gli immarcescibili ragazzacci dell’Istituto Schürr, perché sul loro mensile La Ludla nel dicembre dell’ormai lontano 2005 pubblicarono il testo della canta Nadêl del poeta Nevio Spadoni, poi musicata da Guido Bianchi, anche questo in pagina.
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