Musica, nuovi album romagnoli, da Vallicelli a Gramentieri

Romagna | 16 Settembre 2023 Cultura
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Federico Savini
Tanti nuovi album in uscita in queste settimane per i musicisti di casa nostra. Nell’area faentino-forlivese il più importante tra coloro i quali sono tornati a pubblicare un disco in questo periodo è certamente «Don» Antonio Gramentieri, che in «Lacosta» (Crinale Lab) raccoglie minime, talvolta anche molto sensuali e sempre ispirate divagazioni strumentali, nate da fugaci take spontanei o per commissioni cinematografiche, nelle quali la chitarra (a questo giro prevalentemente ma non esclusivamente acustica) spicca ma sempre con il supporto di altri strumenti e comprimari tra cui i fidati Roberto Villa (basso), Nicola Peruch (organo, piano, synth), Vanni Crociani (fisarmonica) ed Enzo Vallicelli (batteria).
Quest’ultimo, meglio noto come Vince Vallicelli, decano di tutti i batteristi blues romagnoli e più che mai attivo (anche sul fronte dialettale) negli ultimi anni, si è poi deciso di dedicare un nuovo progetto a Secondo Casadei, il più illustre esponente del liscio romagnolo con il quale Vince mosse i primi passi professionali suonando la batteria, giovanissimo, nell’orchestra più popolare di Romagna. «Casadei Secondo Vince» esce in questi giorni e sarà presentato venerdì 22 settembre alla chiesa di San Giacomo a Forlì. Insieme al leader ritroveremo Roberto Villa e Vanni Crociani, ma anche i Quintorigo Andrea e Gionata Costa
Un altro batterista nonché autentico globetrotter romagnolo (precisamente di Russi) è poi Marco Zanotti, che ha pubblicato su Brutture Moderne «Circles», quarto album della Classica Orchestra Afrobeat, originale creatura orchestrale che da una dozzina d’anni esplora le affinità tra l’afrobeat e la musica barocca. «Circles» suona come un lussureggiante inno alla circolarità della musica in dieci movimenti, che si levano da auspici folk, tribali e terragni verso altezze di trascinante beatitudine minimalista.
Più nascosto e «underground» in senso classico è poi il ravennate acquisito (oggi di stanza a Faenza) Fabrizio Testa, titolare del progetto dark-cantautorale-rivierasco Il Lungo Addio che oggi torna, su etichetta Tropico, a pubblicare con il suo nome di battesimo l’album «Ritorno al sacro», sorta di teatro-canzone estremamente confessionale, poetico e declamatorio, tra i confini della canzone melodica e l’esigenza di distacco propria del «fine dicitore».
Ultimo ma non certo per importanza è infine «Un sentito omaggio a Rodolfo Santandrea», tributo che l’etichetta Snowdonia in collaborazione con il Mei (dove il disco verrà presentato dal vivo il 6 ottobre) ha dedicato a Rodolfo Santandrea, cantautore faentino tra più originali e sottovalutati degli ultimi quarant’anni. Autore a quattro mani con Cocciante de La Fenice (anomalissimo premio della critica sanremese dell’84 che portò all’Ariston un’incredibile affondo di «belcantismo wave»), Santandrea viene omaggiato da 11 artisti italiani di oggi che ancora danno senso alla parola «underground». E sono uno più bravo dell’altro, dai Maisie che producono l’intera operazione fino ai giovani romagnoli Manuel Pistacchio, dal formidabile emiliano Riccardo Lolli a Stefano Barotti, da Le Forbici di Manitù agli Ossi, un lavoro che dimostra anche la caratura puramente compositiva di Santandrea, artista faentino che come pochi non è mai sceso a compromessi, pagando con un immeritato oblio un talento limpido e non ingabbiabile. Al quale oggi si rende finalmente giustizia.



 
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