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Marco Melandri ha lasciato una impronta indelebile nel motociclismo e soprattutto nella Superbike, nel senso che la sua presenza per anni ha tenuto in piedi l’interesse mediatico verso il campionato, piaccia o non piaccia. Con lui abbiamo fatto due chiacchiere nella prima stagione da osservatore, dopo una carriera iniziata nel 1990 (con le minimoto) fino allo scorso anno, in Superbike appunto.
Melandri, ma davvero si sente un ex pilota?
«Più che sentirlo, diciamo che lo sono (sorride, ndr)».
Quante offerte ha ricevuto dopo il suo stop?
«Alcune anche interessanti, ma quando prendo una decisione non torno indietro».
Il messaggio o la telefonata che ha maggiormente gradito dopo l’annuncio del ritiro?
«Impossibile scegliere una chiamata o un sms, ne ho ricevuti tantissimi. Nonostante tutto ho ancora molti amici nell’ambiente».
Il suo è sembrato un ritiro maturato molto dall’amarezza del trattamento ricevuto dalla Ducati. Al netto di questa decisione, quanti anni si dava ancora come pilota professionista?
«E’ sempre un insieme di cose, la fine con Ducati era nell’aria, sono rimasto solo molto deluso a livello personale, perchè mi aspettavo sincerità da persone che si ritenevano mie amiche, invece mi hanno preso in giro. Se mi avessero detto la verità dall’inizio, saremmo potuti restare in buoni rapporti».
Il Melandri di oggi è «solo» commentatore Dazn MotoGP e mountain bike elettrica o c’è dell’altro?
«Sono anche un padre. Poi sono ambassador del Trentino e collaboro con loro per eventi sportivi nel rispetto dell’ambiente, mi piace vivere qui e stare in mezzo alla natura. A breve partirò con il mio progetto in pista per un’esperienza con al mio fianco personaggi famosi».
Mondiale 250 a parte, meglio il percorso nel Motomondiale o nella Superbike?
«Sono stati entrambi fantastici e difficili allo stesso tempo».
Come vede la stagione Superbike 2020 dal punto di vista dell’interesse?
«Dipenderà da quanto saranno combattute le gare».
Pronostico sul vincitore?
«Jonathan Rea»
Come vede Federico Caricasulo, che tra l’altro conosce benissimo?
«Fede ha molto talento, non sarà facile dopo tanti anni di 600 imparare velocemente lo stile della Superbike».
Quali consigli ha dato a Caricasulo?
«Cerco di dargli consigli su come dovrà cambiare lo stile di guida e come lavorare con la squadra, due aspetti completamente diversi dal passato, perchè ci sono molte cose in più da tenere in considerazione».
In generale come mai i giovani italiani fanno una fatica notevole in Superbike?
«Non saprei, bisogna analizzare ogni singola storia per capire i motivi». (m.r.)
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