Motociclismo, il faentino Matteo Flamigni: «Da telemetrista di Valentino a capo tecnico di Bez: vi racconto la mia vita tra i box del Motomondiale»

Romagna | 08 Agosto 2022 Sport
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Tomaso Palli
Matteo Flamigni, si riparte. È passata la «sbornia» dopo il podio di Assen?
«Tendo a godermi il bel risultato nell’immediato e a concentrarmi per la gara successiva. Questa volta la gioia è andata avanti per due o tre giorni vista la pausa di un mese, normalmente dura anche meno. Ma il podio ha alzato l’asticella».
Ci spieghi. 
«C’è più attenzione verso Marco Bezzecchi perché tutti lo hanno visto crescere in maniera esponenziale da gennaio. Io sono convinto che non abbia ancora fatto vedere ciò di cui è capace, ha ancora tanto potenziale. E anche noi, come squadra, siamo all’esordio e perciò con ampi margini di miglioramento». 
Si aspettava un’ascesa così rapida di Bez?
«Aver lavorato 18 anni con Vale mi ha dato tantissimo, aspetti tecnici e risvolti umani dietro a una prestazione mediocre o a una caduta. Con Marco ho instaurato subito un bellissimo rapporto e ho trovato in lui qualità non indifferenti. Mi aspettavo di fare bene ma forse, ora che ci penso, non così bene. Pensavo ad un podio verso fine stagione ma è arrivato prima, un premio per il lavoro fatto». 
Quale aspetto Bezzecchi deve più migliorare nell’immediato?
«La gestione di moto, mappature e gomme durante la gara. Ma questo lo si migliora col tempo e con i chilometri percorsi. Nell’immediato, non chiedo nulla di più di quanto stiamo facendo perché forzare i tempi può essere controproducente. All’inizio ci sono state cadute, forse anche troppe, ma erano peccati di gioventù fisiologici per un rookie. Adesso è molto migliorato. Ma ci tengo a dire una cosa».
Prego.
«Abbiamo fatto un secondo posto ad Assen, un quinto al Mugello, due ottavi posti… stiamo facendo bene, ma per noi ogni gara è un foglio bianco tutto da scrivere. Non abbiamo riferimenti dalla precedente stagione e questo, alla lunga, potrebbe fare la differenza».
Senza paragoni spesso deleteri, c’è un aspetto che accomuna Valentino Rossi a Marco Bezzecchi?
«Trovo che Bez sia molto attento ai dettagli come lo era Vale. Nella meticolosità e pignoleria me lo ricorda molto». 
Da telemetrista a capo tecnico. Quali sono i ruoli?
«Quando parliamo di gestione elettronica, ci riferiamo a traction control, potenze e ad una serie di dati e mappature che interagiscono con la moto e le sue varie componenti. Da ingegnere di pista, mi sono ritrovato a gestire, accanto a questi aspetti, anche setting, gomme, freni, quantitativo di benzina… tutte quelle scelte per far funzionare al meglio la moto. Il mio è il lavoro di direttore d’orchestra che permette ad ogni elemento di suonare in maniera corretta». 
Un lavoro che non finisce mai…
«Anche in vacanza mi è capitato di prendere un foglietto e scrivere: una semplice considerazione, il numero di giri da fare in FP3 per poi avere tempo per il time attack o magari quale tipo di cover per i freni. Ci sono sempre momenti di brainstorming (sorride, ndr) per la gara successiva». 
Qual è stato il cambiamento più grande che ha vissuto?
«L’introduzione, nel 2008, della piattaforma inerziale, una tecnologia di derivazione aeronautica che ha permesso di implementare strategie di controllo potenza e trazione legate all’angolo di piega. È stato un cambiamento radicale». 
E quello che meno ha digerito?
«Il software unico nel 2015 che, all’inizio, era piuttosto grezzo. Ma, negli anni, è stato sviluppato e ha raggiunto un ottimo livello di prestazione». 
Accanto alle moto, anche la bici…
«Mio babbo ha sempre avuto un negozio di bici e scooter ed io sono cresciuto così. Ma la passione per la bicicletta è esplosa il 30 maggio del 2000, giornata mondiale contro il fumo. Volevo smettere e la bici mi ha aiutato. Ora è molto più di una passione e arrivo a fare una media di 10.000 chilometri l’anno. E poi, nelle nostre zone, ci sono salite storiche e bellissime che mi aiutano a riflettere». 
Non si porterà carta e penna anche in bici?
«No, ma tengo a mente (ride, ndr). In bici rifletto e trovo soluzioni. Quando pedalo riesco a resettare e vedere le cose da un altro punto di vista».
In passato ha collaborato con Specialized?
«Devo ringraziare Gianpaolo Mondini (ex ciclista professionista di Faenza, ndr). Mi ha coinvolto in un progetto per rendere più comoda e performante la posizione del ciclista a crono. E un mio grande vanto è che, in quell’anno (2013, ndr), abbiamo vinto il Giro d’Italia con Nibali».
Si vede, in futuro, nel ciclismo?
«Difficile rispondere. Perché no, chi lo sa. La vita si è mostrata molto generosa in termini di novità e perciò non mi precludo nulla». 
Tornando al campionato: cosa si aspetta da questa seconda parte?
«Il mio obiettivo, e lo dico dall’inizio, è quello di vincere il titolo di miglior rookie, sarebbe un grandissimo risultato. Ora mi aspetto di ripartire con un pacchetto molto competitivo; Marco è carico grazie anche al podio in Wdw (evento Ducati tenutosi a fine luglio, ndr) ed è curioso di capire fin dove possiamo arrivare».
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