Motociclismo, il dolore e i ricordi di Capirossi: "Quando avevo 10 anni spiavo di nascosto Gresini, la sua stretta di mano valeva più di un contratto"
Luca Alberto Montanari
La telefonata dura poco meno di otto minuti. Poi non è più possibile proseguire, perché la voce di Loris Capirossi comincia inevitabilmente a “strappare”, come se fosse regolata dalla manopola del gas di una motocicletta. E’ il pomeriggio di una giornata infernale, un terribile martedì 23 febbraio 2021 cominciato con la notizia che Capirex non avrebbe mai voluto ricevere, specialmente dopo le bufale della serata precedente: «E’ una giornata devastante, tremenda, terribile - sospira da Montecarlo l’ex pilota di Borgo Rivola - non sarei mai voluto arrivare fino a qui. E invece…». E invece il cuore di Fausto Gresini ha smesso di battere, esattamente un mese dopo il 23 gennaio, il giorno nel quale il manager imolese aveva compiuto 60 anni. Ricoverato all’ospedale Maggiore di Bologna da ormai due mesi, Gresini è stato stroncato dal Covid e da un improvviso peggioramento delle condizioni: «La cosa incredibile - ricomincia Capirossi - è che c’è ancora tanta gente che non crede a questo virus e a questa maledetta malattia che si è portata via Fausto, un ragazzo di 60 anni, controllatissimo, sano come un pesce, in grande forma».
QUANTI RICORDI
La vita e soprattutto la carriera di Loris, di 12 anni più giovane rispetto a Gresini, è stata a lungo collegata a doppia mandata al manager romagnolo, dentro e fuori dalle piste di tutto il mondo e non solo. Capirossi ha la voce bassa, ma ricorda volentieri un amico che non c’è più: «Un amico, certo, ma soprattutto un fratello - fa Capirossi - una persona a cui volevo bene e alla quale ero molto legato. Sono cresciuto con Fausto. Anzi, con il mito di Fausto. Andavo a spiarlo quando avevo 10 anni, lo seguivo, cercavo di imitarlo e di rubargli i segreti. Per me Fausto è stato un idolo, un compagno, un tecnico, un manager e un collega. Ho avuto l’onore di correre con lui e per lui, ma soprattutto di vincere grazie a lui, a cominciare dal mio primo titolo iridato. Fino al 2011, quando mi sono ritirato, la nostra carriera è proseguita praticamente a braccetto, ma anche successivamente ci incrociavamo sempre ai box e in giro per il mondo. Purtroppo perdiamo un uomo d’altri tempi, generoso e soprattutto affidabile. Nel circus la sua stretta di mano valeva più di un contratto. Non posso pensare di non vederlo più tra le moto, ai box, con il suo team e i suoi ragazzi. Sarà una perdita pesantissima, che mi devasta».
PAURA COVID
Un mese prima di aggredire lo sfortunatissimo Gresini, il maledetto Covid-19 aveva colpito lo stesso Capirossi, che ricorda: «L’ho preso a novembre, ma non ho avuto sintomi e sono stato sempre piuttosto bene. Quando l’ha preso Fausto a dicembre, mi ha subito telefonato per dirmelo e per chiedermi qualche consiglio, per sapere come fosse andato il mio decorso. Voleva informarsi, anche se la sua situazione era decisamente più delicata della mia. Poi, purtroppo, dopo Natale è arrivato il ricovero all’ospedale di Bologna e le cose sono peggiorate. In questi mesi e in queste settimane sono sempre rimasto in contatto costante con la sua famiglia, ho pregato di ricevere buone notizie, perché ero sicuro che ce l’avrebbe fatta prima o poi. Un mese fa ci siamo anche sentiti e parlati in video-chiamata… Non posso pensare che sia andata così, non è possibile». Poi il volume si abbassa, Capirossi comincia a singhiozzare e la telefonata si conclude: «Mancherà a tutti - chiude Capirex - perché tutti gli volevano tanto bene».