Moreno il Biondo delinea il quadro della stagione estiva per il liscio, che vuole lasciarsi la crisi alle spalle

Romagna | 09 Aprile 2023 Cultura
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Federico Savini
«Il mondo delle orchestre da ballo, che siano di liscio o meno, è un comparto economico a tutti gli effetti e come tale va trattato. Ma più di tutto mi preme fare un ragionamento artistico: per far re-innamorare il pubblico bisogna preservare la qualità, recuperare la scintilla che ha fatto grande il mondo del ballo. I bilanci naturalmente vanno chiusi, ma bisogna alzare lo sguardo sempre fisso sui conteggi e pensare a far stare bene la gente. Ne va del rispetto per le stesse orchestre, oltre che per il pubblico». Moreno Conficconi, per tutti il Biondo, con oltre mezzo secolo di carriera sulle spalle è una vera icona vivente del liscio e della musica da ballo in generale.
E non ci si mantiene in vetta in un settore che indubbiamente veleggia in mari agitati così a lungo se non si ha la lucidità di comprendere i tempi. Tanto che Moreno è anche il presidente dell’Obis (Unione delle Orchestre da Ballo Italiano e Spettacolo) e di recente ha «snocciolato» numeri notevoli su un mondo, quello del ballo tradizionale, che pochi conoscono davvero. Per il 2022 si parla di 3.000 orchestre attive, con 15 mila musicisti coinvolti per la realizzazione di 210 mila eventi, con un giro d’affari di ben 70 milioni di euro. Tutto questo in un settore colpitissimo dalla pandemia, e alla vigilia di un’estate che sarà cruciale per capire quale futuro ci sia per questo comparto del mondo dello spettacolo.
Ma quindi, prima della pandemia, i numeri erano ancora più grossi?
«È sempre difficile quantificare queste cose in modo esatto - dice Moreno -, ma sicuramente erano maggiori. È difficile essere precisi perché la nostra è una “realtà nascosta”, nel senso che le orchestre muovono un indotto tentacolare: locali, feste di paese, impresari, tecnici e così via».
Sgombriamo, anzitutto, il campo dall’equivoco che il liscio sia un fenomeno locale.
«Il liscio è esploso in Romagna ma poi ha come “contagiato” le altre regioni italiane, almeno dagli anni ’60 in poi. Ogni scuola regionale ha trovato una sua via espressiva per questa musica da ballo, che nasce dalla tradizione ma poi si è rinnovata nell’epoca dei mass media».
Le regioni più vocate per la musica da ballo quali sono?
«L’attualità conferma la storica passione per il ballo che c’è ad esempio in Veneto, dove anche molte discoteche si sono riconvertite al ballo di coppia, dopo averne compreso a fondo le caratteristiche. Le cose vanno molto bene anche nella provincia lombarda e piemontese. La costante è che non è musica che funziona nei grandi centri, ma in provincia sì».
È possibile conteggiare i danni del Covid tra orchestre, dancing e feste di paese?
«Anche qui un conteggio preciso è impossibile, la filiera di contatti lavorativi attorno al ballo è enorme. Posso dirti che, in media, gli organici orchestrali si sono asciugati dagli 8-9 elementi ai 6-7, e proliferano tante piccole formazioni, dal duo al quartetto. In generale sono calati i musicisti ed è aumentato l’hobbismo; anche perché non lo si nota magari, ma quello dell’orchestrale è un lavoro duro. I concerti sono molto lunghi e dietro a quei concerti c’è sempre un viaggio e quasi sempre un impianto da montare e tutta una serie di altri lavori collegati. Si sta fuori anche 18 ore per un concerto. È un settore, da sempre, dominato dal sacrificio. Che si fa con il sorriso perché la passione è tanta, al punto che può annebbiarti la vista, ma dopo la “ghigliottinata” del Covid molti hanno pensato che non valesse più la pena faticare tanto»
Previsioni per l’estate?
«Faccio più un auspicio programmatico che una previsione. Dobbiamo far tornare al centro i musicisti. Va recuperata la libertà artistica che le orchestre hanno perso negli anni. Intendiamoci, un’orchestra è un’impresa privata, un’azienda a tutti gli effetti. Il capo orchestra non solo suona e dà la direzione artistica, ma cerca e cura gli ingaggi e soprattutto stipendia dai 6 ai 10 lavoratori. Questo ci ha portato a concentrarci sui bilanci. Però dobbiamo anche ricordare che il nostro lavoro è creativo e l’arte necessita di tempi e di rispetto. Voglio dire che, pur condividendo coi locali da ballo una crisi che ci unisce colpendoci, perché siamo parte dello stesso indotto, non si può considerare un’orchestra come un mero “mezzo” per far ballare quella parte di pubblico che viene esclusivamente per ballare. La musica fa parte della nostra vita, non la si può suonare in modo meccanico per quattro ore di fila, la qualità ne risente per forza. In un locale si dovrebbe venire non solo per ballare, ma anche per chiacchierare e fare altro, mentre l’orchestra suona. Sono temi che ho affrontato anche con i vertici del Silb, che rappresenta locali e discoteche».
Quindi, un po’ per paradosso, i ballerini hanno monopolizzato fin troppo il vostro lavoro?
«Le scuole di ballo sono un settore che muove numeri anche più impressionanti dei nostri, fanno chiaramente parte del nostro mondo perché portano avanti l’amore per il ballo, ma i gestori dei locali non dovrebbero asservirsi eccessivamente ai ballerini, il cui peso si è probabilmente sbilanciato troppo. Se suoni 4 ore dopo aver guidato e montato il palco, in previsione di smontarlo e ripartire, la qualità cala per forza. Morandi e Baglioni fanno concerti di 3 ore ma con ben altra struttura organizzativa, non dimentichiamolo. Naturalmente i problemi delle discoteche sono di vario ordine, sono soggette a regolamentazioni che i circoli non hanno, ma dal successo dei circoli ci sono elementi che potrebbero dare indicazioni su come muoversi. E il rispetto per l’orchestra, per permetterle di esibirsi al meglio, stando al centro dell’attenzione, è uno di questi elementi».
Come Obis rivendicate anche il fatto che sono le orchestre, a conti fatti, a far circolare molto anche le canzoni di Sanremo.
«È così. Del resto il liscio è un oggetto in costante mutazione, una specie di “contenitore” di tante musiche, per il 90% italiane. Il repertorio di un’orchestra attraversa i decenni e c’è anche chi suona Lazza, per intenderci. Poi le orchestre adattano le canzoni al proprio stile. Se, per esempio, mi va di suonare Buonanotte Fiorellino di De Gregori, ne tirerò fuori facilmente un valzer, mentre Bagutti potrebbe azzardare una beguine e magari Omar Lambertini una cumbia, però sempre rispettando la melodia di partenza. Oggi molte canzoni vengono “triturate” nel giro di pochi giorni. Direi che dell’ultimo Sanremo in radio “ne sopravvivono” 7-8 al massimo. Le orchestre invece le canzoni le portano in giro, anche per anni. Le fanno vivere, le fanno diventare standard».
Come procede la richiesta di avere spazi nei tg regionali per i gruppi folk e le orchestre locali?
«È una cosa che portiamo avanti, anche grazie a Giordano Sangiorgi del Mei. I tg regionali potrebbero raccontare il nostro mondo, ma anche quello delle feste di paese e dei locali. Sarebbe utile a tutti».
E i progetti estivi di Moreno il Biondo?
«Tante cose sono ancora in via di definizione, ma di sicuro vado avanti sdoppiandomi tra l’orchestra e l’Extraliscio, un’esperienza importantissima che unisce la mia anima più tradizionale con quella davvero “extra” di Mirco Mariani, con il collante di Elisabetta Sgarbi, che con la sua personalità è fondamentale per dare un sostegno culturale di cui un’operazione ardita come la nostra ha assolutamente bisogno. Quest’anno porterò in giro uno spettacolo dedicato ai miei 51 anni di carriera sul palco. Si chiamerà “Liscio 51”, perché credo proprio di essere uno da Area 51, fare questo mestiere per così tanto tempo è una cosa un po’ da alieni… E poi a Gatteo a fine maggio ci sarà il primo Festival Internazionale del Liscio, un modo per mettere Gatteo e la nostra musica romagnola sullo stesso piano delle altre capitali del ballo, che saranno rappresentate. E sto parlando di Buenon Aires per il tango, L’Avana per la musica latina in genere, Nashville per il country, New Orleans per il dixieland e Rio de Janeiro per il samba. Sarà una grande festa».
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