Modigliana, il Teatro è un’esperienza emergente che conquista la critica a livello nazionale

Romagna | 07 Novembre 2020 Le vie del gusto
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Riccardo Isola - Sono bastati appena cinque anni per far breccia a livello nazionale. Un’ascesa fulminea, in ambito enologico, che vede protagonisti una giovane coppia faentino-modiglianese che ha saputo creare, praticamente dal quasi nulla, una testimonianza di grande interesse in ambito vinicolo con in aggiunta anche una felice, e gustosa, parentesi gastronomica (vedi box). Stiamo parlando di Luca Moduzzi e Stefania Montanari, titolari dell’agriturismo «Il Teatro» di Modigliana, che quest’anno, nella guida Slow Food, ottiene, per la sua produzione vitivinicola, la certificazione di «Vino Slow». Di fatto il massimo riconoscimento raggiungibile. Approdare e soffermarsi a chiacchierare, degustare e apprezzare il lavoro de «Il Teatro» è una di quelle esperienze che appagano l’occhio, lo spirito e soprattutto il palato. Ci si inerpica lungo le sinuose traiettorie d’asfalto che risalgono il Trebbio, lungo la stretta e ventosa valle dell’Ibola. La valle forse più «estrema e particolare» nella geografia morfologica, quindi organolettica per quanto riguarda i riverberi nelle produzioni agroalimentari, soprattutto nei grappoli d’uva, di questa parte d’Appennino Tosco-romagnolo. Da questo terrazzo paesaggistico «a stratificazione simile a fette d’arancia che lo fanno assomigliare a un naturale anfiteatro» spiega lo stesso Monduzzi, ci si trova in affaccio alla grandiosità in rudere della «Roccaccia», e si dominano le tre valli che caratterizzano la produzione vitivinicola di Modigliana: Ibola, Tramazzo e Acerreta. Da qui la fotografia è quella immediata di una rappresentazione reale di come l’uomo abbia, in agricoltura, sintetizzato perfettamente il concetto di produzione eroica. Seppur non certo entusiasti nel raccontarlo, ma sappiamo come la sopravvivenza aziendale venga, in fine dei conti, prima del gusto personale, è vedere piantagioni di kiwi, ma che non centrano nulla con l’identità agronomica e produttiva che stiamo raccontando, prendere forma a oltre 350 metri sul livello del mare. Se non è eroismo questo...

QUEL «TEATRO» NEL CALICE
Tornando a noi, anzi a loro, la produzioni enologica del «Teatro» parte ufficialmente nel 2015 con la prima vinificazione in rosso. A dir la verita Monduzzi già nel 2012, in quel di Brisighella, aveva iniziato il suo nuovo percorso professionale dismettendo per sempre i ferri del mestiere (odontoiatra) per abbracciare quelli nuovi, appunto, del vignaiolo-olivicoltore.  Le vigne di proprietà raggiungono i 2,5 ettari ma che, grazie ad accordi con poderi vicini, nel 2021 porterà la produzione a interessare oltre i 5 ettari. Vigne che fino a oggi hanno permesso di produrre circa 6 mila bottiglie suddivise tra rossi (Atto II e Violano) e bianchi (Vespri). Si tratta e si parla del Sangiovese e Trebbiano. L’Atto II è un Sangiovese che esprime immediatamente la firma stilistica del Teatro in cui tannini rarefatti lasciano il posto a una predominanza al sorso di sentori di frutta rossa (ciliegia) ma anche inedita (agrume soprattutto) e una spiccata balsamicità verde che «rinfresca» e tagliente caratterizza ogni sorso. Crescendo si approda al Violano, Sangiovese ottenuto dalle vigne più vecchie, si parla di almeno 60 anni, presenti a un’altitudine di 450 metri. Grande attesa poi c’è per la new entry tra le referenze, una sorta di cru aziendale, «Roncia» che porterà una nuova freccia nella faretra aziendale in ambito di Sangiovese. E poi c’è il bianco,. Un Trebbiano in purezza, chiamato «Vespri», che convince e spiazza per la sua personalità schietta, iodata, agrumata e assoluatmente beverina. Una piccola produzione, siamo sulle 1.200 bottiglie, che convince soprattutto per la sua inedita, vista la precedente storia di questo vitigno/vino, eleganza, fragranza e divertente vivacità di beva. La produzione aziendale firmata «Il Teatro» si caratterizza da un lascito organolettico donato soprattutto da un terreno composto da marne e arenarie, in vigne strappate al bosco ormai da diversi decenni, da un clima fortemente appenninico, e da una vinificazione che «ripudia aprioristicamente il legno. Usiamo solo acciaio - conferma Monduzzi, che da quest’anno ha portato in azienda come enologo Emilio Placci, altro grande ed estroso interprete del Modigliana style vitivinicolo - anche se nel futuro opteremmo anche e sempre di più per il cemento. Contenitore che più di altri - per noi - sa mantenere, amplificare e valorizzare la personalità enoica di questa terra. Vogliamo che i nostri vini parlino, a chi li acquista, di un rapporto autentico e lineare tra terroir e lavoro. Non abbiamo e non vogliamo terziarizzazione ma cerchiamo soprattutto franchezza al sorso per poter rendere immediatamente riconoscibile il territorio dal quale il vino proviene». Una scommessa che per ora, e non lo diciamo certo solo noi bensì anche e soprattutto la critica più attenta a questa orrizzontalità della proposta vitivinicola, sembra porprio abbia intrapreso la strada giusta.

UNA PUNTA DI «STELLA»
Anche l’azienda agrituristica «Il Teatro» fa parte dell’associazione di vignaioli modiglianesi che alcuni anni fa hanno deciso, tra i primi nella storia della vitivinicoltura romagnola, di unire le proprie forze e i propri sforzi, soprattutto pomozionali, chiamata «Modigliana, Stella dell’Appennino». Una sorta di consorzio composto da una decina di aziende (Agrintesa, Torre San Martino, Villa Papiano, Il Pratello, Il Teatro, Casetta dei Frati, Castelluccio, Balia di Zola, Mutiliana, Lu.Va.) che vede come mission prioritaria quella di far emergere come unicum il prodotto vitivincolo, soprattutto il Sangiovese, di questo terroir. 

SIPARIO APERTO IN PUNTA DI FORCHETTA
Ma venire al Teatro vale anche per una cena o, in questo periodo di pandemia, per un pranzo. L’agriturismo, nato nell’agosto 2019, infatti, pur potendo ricevere (in tempi non di Covid, ndr) fino a un massimo di 10 persone per volta, offre un’esperienza gastronomica che ne giustifica il viaggio. Al di là della location quello che colpisce è soprattutto la grande padronanza dell’offerta culinaria homemade come si direbbe ora. Grande ricerca di materie prime di stagione e a chilometro zero, tra i fornitori degli ortaggi preparati nella cucina dell’azienda ci sono quelli provenienti dall’azienda agricola modiglianese di Riccardo Fabbri, per i formaggi e certe carni dall’inossidabile azienda Lecca, vengono trasformate dal «cuoco-vignaiolo» in un binomio di gustosità e fantasia veramente entusiasmanti. Echi di imprinting domestico in piatto che sanno valorizzare, e promuovere, il gusto del territorio attraverso versatilità di cotture, di accostamenti e di consistenze. Il tutto, ovviamente, accompagnati dai vini prodotti dall’azienda. Siamo in terra di confine per cui la carta d’identità in piatto è territorialità d’Appennino. Tra le pietanze imperdibili si consigliano i «fegatini del Teatro» magari accompagnati dalla delicata e croccantissima «Giardiniera» per passare alle interpretazione di stracotti al Sangiovese, ovviamente del Teatro, fino ad arrivare a quel spettacolare fine pasto del «Gelato con uva cotta, pane alla cannella e olio Evo». Da provare infine anche l’olio extravergine, un blend di Frantoio, Nostrana e Leccino, che spicca per una personalità forte, fresca e stuzzicante. Per informazioni e prenotazioni: 335/1358688 oppure ilteatrodivino@icloud.com.
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