Modigliana, Giorgio Melandri sulla Menzione geografica aggiuntiva del Modigliana Bianco «Un vino che sa raccontare territorio e artigianalità»

Romagna | 15 Maggio 2022 Le vie del gusto
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Riccardo Isola - Nasce ufficialmente il Modigliana Bianco, sottozona che nella vendemmia 2022 metterà in commercio per la prima volta questa menzione. Ne parliamo con uno dei principali protagonisti, sia come produttore che come divulgatore storico del vino made in Romagna, Giorgio Melandri.
Perché la rivendicazione?
«Modigliana ha una identità molto forte legata alla unicità dei suoli figli di marne e arenarie ed è un ottimo strumento di comunicazione di questa originalità. Rivendicarla significa partecipare al racconto di questo territorio».
Quali sono le principali caratteristiche organolettiche e vitivinicole di questa nuova menzione?
«I temi forti di Modigliana sono: suoli sciolti e poveri (senza argille), altitudine e presenza massiccia del bosco. Li ritroviamo espressi nel bianco attraverso sapidità, freschezza e delicate note di erbe. A questo aggiungo che la definizione stilistica passa comunque anche per austerità e longevità. Questo è il ritratto del Modigliana Bianco». 
Due parole sui vitigni?
«Per storicità e attitudine ci sono alcuni vitigni che sono grandi interpreti di questa identità e sono Trebbiano romagnolo, Chardonnay e Sauvignon Blanc. Il risultato è quello di un vino territoriale, i vitigni sono solo strumenti e nell’espressione devono scomparire per lasciare il ruolo da protagonista a questo territorio unico caratterizzato da rocce sedimentarie e non da argille come nel resto della Romagna».
Quali invece i rimandi simbolici e narrativi?
«C’è un vino simbolo che ha aperto la stagione bianca di Modigliana, il Ronco del Re prodotto da Castelluccio già a partire dagli anni ’80. Fu un vino mitico, servito a Gorbaciov nella cena di gala in occasione della sua visita al Quirinale nel 1989. Un altro simbolo è Le Campore dell’azienda Il Pratello di Emilio Placci, un vino dalla longevità impressionante costruito sulla coppia Chardonnay e Sauvignon blanc. Il 2002 è ancora un vino incredibile. La narrazione è fatta di questa storia e di una ambiente unico, è l’anima della montagna portata nel bicchiere».
Raccontare un territorio attraverso le sue sfumature vitivinicole che valore ha oggi, anche e soprattutto per piccole nicchie di produzione come quella di Modigliana?
«Il concetto di nicchia rimanda sempre a produzioni elitarie, ma noi siamo semplicemente artigiani che lavorano sul proprio territorio. Produciamo vini che per la qualità che esprimono sono convenienti e soprattutto sono alla portata di tutti».
Si è iniziato con il Sangiovese, ora su punta sul Bianco, per un terroir enoico che ha molto, almeno in Romagna di eroico. Un terroir che sull’eleganza, la sottigliezza e la longevità sta caratterizzando il dna in bottiglia. Questo vale e varrà anche per il Bianco?
«Si certo, siamo territorio di eleganza e finezza, con un potenziale di longevità importante. Anche sul bianco». 
In che modo anche questa menzione è figlia del Bosco e dell’Appennino?
«L’Appennino è la nostra casa e quei limiti che il ‘900 ha evidenziato – rese basse, maturazioni lunghissime, necessità di centinaia di ore di lavoro in vigna - sono diventati preziosi. Il nostro è un racconto d’Appennino, di paesaggio, di bosco. È naturale così, non dobbiamo inventare nulla. Però va anche detto che questa menzione è figlia della caparbietà del nostro gruppo, l’associazione Modigliana – Stella dell’Appennino che ha fatto e difeso questa proposta. E forse anche questo senso di comunità è in qualche modo territorio».
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